Vincent Meessen & Guests

Alla Biennale di Venezia l’artista Vincent Meessen ha deciso di rappresentare il Belgio non da solo, ma in dialogo con altri dieci artisti di diversi Paesi, molti dei quali africani.

Vincent Meessen, Padiglione Belgio, Biennale di Venezia 2015
Puntando su un cambio di veduta del concetto di “rappresentazione nazionale” alla Biennale di Venezia, l’artista Vincent Meessen ha deciso di rappresentare il Belgio non da solo, ma in dialogo con altri dieci artisti di diversi Paesi, molti dei quali africani, con cui condivide la pratica della ricerca e l’attenzione verso una tematica tanto cara anche al curatore di questa edizione della biennale, Okwui Enzwezor: la storia coloniale.
Adam Pendleton_Installation view at Belgian Pavilion at La Biennale di Venezia 56th International Art Exhibition _Courtesy the artist and Pace Gallery, New York & London. Photo Alessandra Bello
In apertura: Padiglione Belgio, La Biennale di Venezia – 56. Esposizione Internazionale d’Arte. Vista dell'allestimento. Da sinistra a destra, James Beckett, Sammy Baloji. Sopra: Adam Pendleton, Padiglione Belgio, La Biennale di Venezia – 56. Esposizione Internazionale d’Arte. Vista dell'allestimento. Courtesy the artist e Pace Gallery, New York & London

Personne et les autres rimette in discussione la questione dell’autorialità, ispirandosi alle istanze del movimento situazionista, che proprio a Venezia nel 1969 fece la sua ultima conferenza.

In particolare la linea che attraversa Personne et les autres intreccia Situazionismo, movimento Dada e Cobra, come avanguardie della modernità coloniale coi movimenti di Pan-Africanismo, indipendenza africana e Global 68 nel tentativo di rimettere in discussione l’idea eurocentrica della modernità e focalizzandosi invece sugli effetti che la contaminazione fra Europa e Africa ha generato. 

Elisabetta Benassi, M’FUMU, 2015. Installation view, Belgian Pavilion at La Biennale di Venezia
Elisabetta Benassi, M’FUMU, 2015. Padiglione Belgio, La Biennale di Venezia – 56. Esposizione Internazionale d’Arte. Vista dell'allestimento. Courtesy the artist e Magazzino, Rome

One, Two Three è la video installazione a tre canali di Vincent Meessen, installata al centro del padiglione, il cui suono riverbera nelle sale, mescolandosi con la visione delle altre opere e diventando una echo-chamber per la fruizione di tutta la mostra. Il lavoro esplora la sconosciuta partecipazione di alcuni intellettuali e filosofi congolesi al movimento internazionale situazionista e in particolare la figura di un giovane studente, Joseph M’Belolo Ya M'Piku autore del testo di una canzone di protesta scritta in lingua Kikongo nel 1968, in pieno spirito situazionista.

Meessen ha trovato questo testo e gli ha ridato forma assieme allo stesso M’Belolo con alcune musiciste donne di Kinshasa. Più precisamente la registrazione è avvenuta nel night club “One, Two, Three” fondato nel 1974 dal leggendario e controverso musicista Franco Luambo, considerato il re della rumba, amico e nemico del potere dittatoriale congolese.

Sammy Baloji Sociétés secrètes, 2015 at the Belgian Pavilion
Sammy Baloji Sociétés secrètes, 2015, Padiglione Belgio, La Biennale di Venezia – 56. Esposizione Internazionale d’Arte
Con questa operazione, che rimescola le carte della tradizione popolare africana, Meessen compie la sua deriva musicale, non attraverso una forma di re-enactment della storia, ma, come scrive Katerina Gregos nel generoso catalogo introduttivo, con la restituzione di un’“impasse” della storia e delle promesse non mantenute della teoria rivoluzionaria.
La reminescenza del passato e la potenzialità dell’archivio restano una pratica di congiunzione che lega questo agli altri lavori in mostra. Sembra non essere un caso il fatto che il Congo rappresenti il punto di osservazione principale, il paese ricorrente nell’indagine di altri artisti, come Elisabetta Benassi, presente con un omaggio all’idealista congolese M’Fumu, o Sammy Baloji concentrato sulle attività di sorveglianza dei servizi segreti belgi in Congo.
Maryam Jafri, Installation view, Belgian Pavilion at La Biennale di Venezia – 56th International Art Exhibition). Courtesy the artist
Maryam Jafri, Padiglione Belgio, La Biennale di Venezia – 56. Esposizione Internazionale d’Arte. Vista dell'allestimento. Courtesy the artist

Ma come scriveva W.E.B. Du Bois, storico attivista statunitense “With nearly every great european empire today walks its dark colonial shadow” (Quasi ogni grande impero europeo oggi cammina con la sua scura ombra coloniale) – da Worlds of colour, 1925) – ed è certamente questo aspetto che emerge maggiormaente dal percorso visivo e concettuale messo insieme da Personne et les autres. Un’attivazione etnografica e artistica della storia che non affronta la questione del colonialismo da una prospettiva regressiva, ma indaga i processi di de-colonizzazione ancora oggi radicalmente centrali e complicati.

“La décolonisation est toujours en viguer”, lo dice anche M’Belolo Ya M’Piku nel film di Vincent Meessen.

© riproduzione riservata

fino al 22 Novembre 2015
Vincent Meessen (conMathieu K. Abonnenc; Sammy Baloji; James Beckett; Elisabetta Benassi; Patrick Bernier 6 Olive Martin; Tamar Guimaraes & Kasper Akoj; Maryam Jafri; e Adam Pendleton)
Personne et les autres
Padiglione Belgio
Giardini, Venezia

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