Frieze Projects 2013

I Frieze Projects, un gruppo di progetti d’arte appositamente commissionati a cura di Cecilia Alemani, hanno permesso ai frequentatori della seconda Frieze Art Fair di New York di uscirne con una concezione più ampia degli spazi sociali condivisi in cui abitiamo.

La seconda edizione della Frieze Art Fair di New York si è svolta nei giorni scorsi a Randall Island, un’isola tranquilla nello specchio dell’East River di Manhattan cui fino a due anni fa pochi newyorkesi prestavano attenzione. Dentro e intorno al curvilineo tendone principale, progettato dallo studio d’architettura SO-IL di Brooklyn – e in mezzo alla miriade di gallerie che ospitava – spiccavano, negli spazi pubblici tra una galleria e l’altra e in tutta l’isola, alcune presenze artistiche multidisciplinari nuove. Erano i Frieze Projects, un gruppo di progetti d’arte appositamente commissionati a cura di Cecilia Alemani. Il suo lavoro di direttrice e curatrice della High Line è una garanzia della sua sensibilità per gli spazi esterni e ha permesso ai frequentatori della fiera di uscirne con una concezione più ampia degli spazi sociali condivisi in cui abitiamo.
Frieze Projects 2013
In apertura: Marianne Vitale, Cockpit, 2013. Photo John Berens. Qui sopra: dettaglio della tenda disegnata dallo studio di Brooklyn SO-IL a Randall Island. Photo Naho Kubota
A differenza di altre opere esposte alla fiera i Frieze Projects sono una risposta specifica alla geografia e al luogo. Sono più personalizzati e interattivi delle opere che tradizionalmente si trovano in una fiera d’arte. “I Frieze Projects dell’anno scorso si ispiravano alla storia, alla geografia e alle caratteristiche sociali dell’isola di Randall”, spiega Alemani, al suo secondo anno in qualità di curatrice dell’iniziativa. “Quest’anno i progetti sono collegati tra loro dalla creazione di spazi di incontro comuni inseriti nel reticolo della fiera.”
Frieze Projects 2013
Mateo Tannatt, The Smile Goes Round, 2013. Vista dell'installazione alla Frieze Art Fair New York 2013. Photo John Berens
Al di là del puro significato visivo i Frieze Project di quest’anno, per potersi realizzare, richiedevano la collaborazione del pubblico e del sito. L’inquadramento curatoriale ha cercato di “offrire all’interno della fiera un’esperienza alternativa dell’arte”, dichiara Alemani, “creando spazi dove i visitatori possono riunirsi”. Installazioni che hanno trovato forma concreta sotto forma di scultura contemporanea, di alimentazione, di suono, di aromi e di performance a opera di cinque artisti che non concepiscono come sfondo delle loro opere le pareti bianche, ma lo spazio e la partecipazione.
Frieze Projects 2013
FOOD 1971/2013, Matthew Day Jackson, vista dell'installazione alla Frieze Art Fair New York 2013. Photo John Berens
Alcuni progetti hanno trovato spazio tra i cinque ‘cunei’ del tendone di SO-IL, spazi che, dice Alemani, “sono come piazze temporanee”. Questi spazi aperti agli interventi e alla socialità si sono prestati a opere di scala relativamente grande come Cockpit di Marianne Vitale, che ha portato l’architettura vernacolare rurale all’interno dello spazio delle gallerie. Altrove The Smile Goes Round di Mateo Tannatt ha usato la scultura, la performance e il testo come linguaggi per creare uno spazio teatrale pubblico destinato ai visitatori della fiera. Quattro sedute collettive sono state collocate dentro e fuori la struttura del tendone, creando sul terreno con vernici industriali monocromatiche dei segni temporanei che davano al pubblico dei punti di riferimento per accompagnarli nel percorso attraverso gli spazi. “Li si incontra in vari luoghi in tutta la fiera, nel corso di un viaggio attraverso l’arte sempre uguale a se stesso”, afferma la curatrice.
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FOOD 1971/2013, Matthew Day Jackson, vista dell'installazione alla Frieze Art Fair New York 2013. Photo John Berens
Parallelamente FOOD 1971/2013 di Gordon-Matta Clark e Carol Goodden ha tributato un omaggio storico al ruolo che il cibo e gli spazi collettivi hanno avuto nella fioritura della comunità artistica di SoHo all’inizio degli anni Settanta. Il cibo può essere materia d’esposizione ed è più che un semplice panorama della scelta degli alimenti: racchiude un’esperienza di vita, dei riferimenti, e crea spazi comuni.
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FOOD 1971/2013, Matthew Day Jackson, vista dell'installazione alla Frieze Art Fair New York 2013. Photo John Berens
Al di là delle differenze formali Alemani sottolinea che tutti i progetti “condividono l’interesse per spazi costruiti dove le persone possono ritrovarsi insieme. Certi progetti hanno un carattere partecipativo, coma Vault di Liz Glynn, o FOOD 1971/2013. Altri aiutano a orientarsi nella fiera e in ciò che le sta attorno”.
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Paul McCarthy, Balloon Dog, 2013, per Hauser & Wirth. Vista dell'installazione alla Frieze Art Fair New York 2013. Photo Naho Kubota
Sparsi nello spazio e capaci di “offrire incontri inattesi in spazi insoliti”, per usare le parole di Alemani, i Frieze Projects hanno dimostrato la natura collaborativa della prassi artistica e l’importanza della partecipazione. Sono state esperienze interattive che hanno incoraggiato i visitatori a reagire e interagire con l’opera dell’artista e l’uno nei confronti dell’altro.
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Mateo Tannatt, The Smile Goes Round, 2013. Vista dell'installazione alla Frieze Art Fair New York 2013. Photo Jonathan Hökklo
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Mateo Tannatt, The Smile Goes Round, 2013. Vista dell'installazione alla 2013 Frieze Art Fair New York. Photo Jonathan Hökklo
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Dettaglio della tenda disegnata dallo studio di Brooklyn SO-IL a Randall Island. Photo Jonathan Hökklo

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