Vuoi capire l’AI? Non perderti la mostra sull’Intelligenza Artificiale a Parigi

Se ne parla tanto, tutti usano ChatGpt, ma i meccanismi che ci sono dietro sono ignoti a molti: li spiega molto bene “Il mondo secondo l’AI”, che unisce video, installazione e altri media.

L’intelligenza artificiale è il tema del momento. Per molti, essa segna una rivoluzione che, come la stampa, l’elettricità o l’informatica, sarà in grado di produrre una svolta epocale, con ripercussioni non solo tecniche, ma anche sociali e politiche, ridefinendo da cima a fondo gli orizzonti culturali e professionali. Per altri, proprio per questi stessi motivi, appare una fonte di timore: il timore del superamento dell’umano da parte delle macchine, del trionfo inesorabile del capitalismo speculativo, della manipolazione crescente di dati, profili e identità. Da anni, l’arte assume il ruolo di anticipazione, messa in guardia o avamposto utopico e distopico, esplorando queste trasformazioni e permettendoci di visualizzarne gli impatti più profondi.

Più si conosce l’IA, meno la si subisce.

Antonio Somaini

Gregory Chatonsky, La quatrième mémoire, 2025

Inaugurata da poco al Jeu de Paume di Parigi, l’esposizione “Le monde selon l’IA” (visibile fino al 21 settembre 2025) affronta frontalmente il tema. Per la vastità delle riflessioni che apre, il numero di opere (molte delle quali create per l’occasione) e l’originalità dell’approccio, si tratta di un evento imperdibile. Il titolo riflette la prospettiva adottata dal curatore, Antonio Somaini, professore all’Université Sorbonne Nouvelle di Parigi e noto teorico dei media e della cultura visiva (affiancato dai curatori associati Ada Ackerman, Alexandre Gefen e Pia Viewing): l’obiettivo è quello di vedere come, durante gli ultimi dieci anni, una serie di artisti internazionali hanno riflettuto su cosa significa fare esperienza del mondo “secondo” o “attraverso” l’intelligenza artificiale: cosa significa percepire, immaginare, conoscere, ricordare un mondo sempre più attraversato da algoritmi e modelli d'IA.

Come spiega Somaini nella sua introduzione alla mostra e al catalogo, se le trasformazioni prodotte dall’intelligenza artificiale attraverso tutti gli strati della società e della cultura sono spesso discrete e invisibili, prodotte da black boxes inaccessibili, l’impatto delle tecnologie di IA sulle immagini e la cultura visuale rappresenta la superficie visibile di queste trasformazioni: il luogo in cui esse possono essere percepite, analizzate e discusse. L’universo delle immagini esce profondamente trasformato dall’incontro con l’intelligenza artificiale: sempre di più, le immagini sono create per essere viste esclusivamente dagli algoritmi, senza passare attraverso la mediazione umana. Modificando il nostro rapporto con i media, le immagini e i testi, l’IA solleva questioni etiche, economiche e sociali. In ambito artistico, ridefinendo i processi di creazione, produzione e fruizione, mette in discussione i concetti di creatività, originalità e diritto d’autore.

Kate Crawford & Vladan Joler, Calculating Empires, 2023

La mostra si sviluppa attraverso diverse sezioni che alternano opere contemporanee e “cabinet de curiosité”, vere e proprie capsule temporali che esplorano i precedenti storici, l'archeologia e la genealogia dell'intelligenza artificiale. Il percorso si apre con una riflessione sulla dimensione materiale ed ecologica dell’IA, spesso trascurata. Le opere di Julian Charrière, come Buried Sunshines Burn e Metamorphism, mettono in evidenza l’impatto ambientale delle industrie digitali e la fisicità nascosta delle tecnologie cosiddette “dematerializzate”. Il diagramma monumentale Calculating Empires di Kate Crawford e Vladan Joler ripercorre cinque secoli di invenzioni che hanno condotto alle attuali IA.

Trevor Paglen, De Beauvoir, 2019

La seconda sezione esplora l’IA analitica, con particolare attenzione alla visione artificiale e al riconoscimento facciale. L’artista americano Trevor Paglen, con l’installazione Faces of ImageNet, mostra come questi sistemi riducano la complessità umana a categorie semplicistiche e piene di ogni sorta di pregiudizi, mentre una nuova opera di Hito Steyerl esplora il mondo sommerso dei cosiddetti “clickworkers”: quei milioni di lavoratori che, sottopagati e situati in gran parte nel Sud globale, contribuiscono in modo fondamentale al funzionamento dei modelli di intelligenza artificiale. Questa riflessione critica sulle forme di sfruttamento umano che sostengono il funzionamento delle IA prosegue con le opere di Agnieszka Kurant e del collettivo Meta Office, che evidenziano ulteriormente la realtà profondamente umana delle tecnologie d’IA nella loro fase attuale.

Nouf Aljowaysir, Man in arab costume, 2020

La mostra affronta quindi la questione dell’intelligenza artificiale generativa, legata alla capacità delle IA di produrre nuovi dati – immagini, testi e suoni – partendo da vaste quantità di immagini e di testi trovati su internet e utilizzati per addestrare gli algoritmi. In questa sezione, emerge come diversi artisti contemporanei si appropriano di queste tecnologie per aprire nuove possibilità creative. Alcuni, come Egor Kraft, Theopisti Stylianou-Lambert e Alexia Achilleos, utilizzano l’IA per colmare le lacune nella storia ufficiale; altri, come Nora Al-Badri e Nouf Aljowaysir, analizzano criticamente gli stereotipi e le distorsioni nei dati usati dagli algoritmi. Altri ancora, come Grégory Chatonsky, Justine Emard e Gwenola Wagon, propongono narrazioni alternative, creando un immaginario artificiale in cui si mescolano fantasmi transumanisti e esuberanze psichedeliche.

Ines Sieulle, The Oasis I Deserve, 2024

Se l’esposizione pone al centro l’immagine in tutte le sue forme e formati, anche altri media sono presenti: il cinema, con i lavori di Inès Sieulle, Andrea Khôra e Jacques Perconte che riflettono sulle trasformazioni della percezione visiva e della costruzione narrativa nell’epoca degli algoritmi; la letteratura generativa, che raccoglie testi poetici, narrativi e alfabeti creati tramite software e modelli linguistici; e infine la musica, con lo spettacolare The Organ di Christian Marclay, che collega suoni e immagini estratti da Snapchat generando combinazioni in tempo reale basate sulla frequenza sonora, dimostrando il potenziale dell’IA nella creazione di nuove forme audiovisive.

Solo i campi dell’architettura e del design non sono affrontati direttamente, anche se la teoria degli “spazi latenti” (costruzioni astratte in cui oggetti digitali complessi, come immagini o testi, vengono semplificati in poche dimensioni per essere elaborati matematicamente) che Somaini pone alla base della sua riflessione implica non solo una nuova definizione degli oggetti e dei media, ridotti a dati, ma anche dello spazio.

Sempre di più, le immagini sono create per essere viste esclusivamente dagli algoritmi, senza passare attraverso la mediazione umana.
Locandina della mostra “Le monde selon l’IA”, Jeu de Paume, Parigi, Francia, 11 aprile-21 settembre 2025

La rivoluzione dell’IA non risparmia nessun settore. Diventa quindi fondamentale informarsi, capirne il funzionamento e considerarne l’impatto. Come spiega il curatore della mostra di Parigi, “più si conosce l’IA, meno la si subisce”.

Immagine di apertura: Gwenola Wagon, Chronique du soleil noir, 2023

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