Sharjah 10: Plot for a Biennial

Suzanne Cotter, curatrice del Guggenheim Abu Dhabi, e Rasha Salti, direttore creativo di ArteEast raccontano la loro biennale.

Massimiliano Gioni: In che cosa la Sharjah Biennial si distingue da tutte le altre biennali?
Rasha Salti: Oggettivamente, siamo alla decima edizione della Sharjah Biennial ed è un traguardo che merita una pausa… E una lode. È una biennale dotata di una sua trama, di storie, di personaggi—traditori, traduttori, collaboratori, calunniatori, esperienzialisti, mercanti—e di un'intera gamma di motivazioni—necessità, dedizione, affiliazione—, di uno straordinario numero di partecipanti, una mistura eclettica di artisti internazionali, regionali e locali, di vecchi siti rivisitati, di nuove strutture parassitarie, di arte pubblica che comprende un missile, una performance con centinaia di palloncini lanciati nel cielo, musica dal vivo, spettacoli di danza contemporanea, proiezioni in sale cinematografiche, una miriade di souvenir tra cui un album per la collezione di cartoline, un manuale di tradimento, un'appendice enciclopedica, dei manifesti… Lascio che siano i miei colleghi a dare risposte serie.
Suzanne Cotter: La posizione di Sharjah, situata nel mondo medio-orientale ma all'incrocio tra Asia Centrale e Asia, contribuisce certamente a renderne particolare la natura. Il percorso nell'ultimo decennio è stato anche il riflesso di una posizione internazionale che ha origine nel mondo arabo. Con la storia delle biennali, e anche con la biennalizzazione, Sharjah ha cercato di definire se stessa in modi coerenti al suo contesto pur assumendo una posizione di ricerca critica. Così facendo ha creato un'area di cultura stimata a livello locale, regionale e anche internazionale.

Almagul Menlibayeva e Bahar Behbahani, Video still da <i>Ride the Caspian</i>, 2011. Video HD a 2 canali, a colori, audio surround, 13 minuti, sound artist: OMFO e Negar Behbahani.
Almagul Menlibayeva e Bahar Behbahani, Video still da Ride the Caspian, 2011. Video HD a 2 canali, a colori, audio surround, 13 minuti, sound artist: OMFO e Negar Behbahani.
In che cosa questa biennale sarà differente dalle precedenti?
RS: Non conosco le edizioni precedenti quanto i miei colleghi qui presenti: Haig [Aivazian] è cresciuto a Sharjah e per lui la biennale è decisamente una consuetudine, Suzanne [Cotter] la segue e la osserva con passione da qualche anno.
A me pare di poter sottolineare tre punti di differenza: il primo ha a che fare con la diffusione del programma delle arti non visive e plastiche. La nona edizione della biennale presentò un programma versatile e ambizioso che comprendeva teatro, performance contemporanea con letture e suoni, musica, proiezioni cinematografiche e video. In questa decima edizione, per esempio, il programma di musica è una base esplicitamente sperimentale fondata su collaborazioni "bizzarre". Il programma di cinema è stato notevolmente ampliato fino a comprendere la commissione di cortometraggi, la coproduzione di lungometraggi documentari e un ambizioso programma progettato da celebri curatori e organizzatori cinematografici.
La seconda differenza ha a che fare con l'obiettivo dell'impegno nei confronti di opere esistenti e di nuove produzioni del settore dell'arte visiva e plastica; alcune delle opere esistenti risalgono agli anni Sessanta e vengono considerate capolavori dell'arte araba (Fateh Mudarres), altre, che risalgono agli anni Ottanta, sono punti di riferimento dell'arte postmoderna (Mark Lombardi) e saranno fatte dialogare con nuove opere della regione e del resto del mondo.
La terza differenza è la quantità di progetti presentati come lavori in corso, che valorizza il ruolo della biennale come piattaforma di sperimentazione, impegno critico e riflessione senza paragoni: la biennale come laboratorio.
SC: Quanto alla generazione d'artisti precedente, vengono anche presentate opere dagli anni Novanta a oggi di un personaggio dell'avanguardia iraniana, Bahman Mohassess, scomparso a Roma alla fine dello scorso anno, che è stato di profonda ispirazione per gli artisti Ramin e Rokni Haerizadeh. E così l'idea del legame filiale, o della figura paterna, emerge nelle opere oltre che come componente di certe tematiche che ha sviluppato. La presenza della pittura è molto forte in questa biennale, cosa che è stata meno esplicita in edizioni precedenti.
Aggiungerei anche che il concetto di narrazione in questa biennale è stato spinto più avanti rispetto alle edizioni precedenti che conosco, perché abbiamo cercato di creare delle vere e proprie costellazioni di opere di artisti provenienti da posizioni estetiche e critiche diverse, ma tra le quali è possibile identificare certi punti comuni. Abbiamo cercato di darne conto con un'impostazione più attenta ai parcour e ai circuiti, dal Museo d'arte di Sharjah con la circostante Zona dell'arte, alla straordinaria Zona del Patrimonio culturale, di recente ribattezzata con il nome di "Cuore di Sharjah".

Khalil Rabah, <i>50 paintings</i>, olio su tela. Commissione della Sharjah Art Foundation; questo lavoro è stato realizzato con la collaborazione di Rana Sadik e Samer Younis.
Titolo della mostra: “Readymade Representations 1954-2009”, 2011.
Khalil Rabah, 50 paintings, olio su tela. Commissione della Sharjah Art Foundation; questo lavoro è stato realizzato con la collaborazione di Rana Sadik e Samer Younis. Titolo della mostra: “Readymade Representations 1954-2009”, 2011.
Potete citare un paio di progetti e descriverli sommariamente?
RS: Ovviamente è una domanda molto cattiva. Ne citerò due che rispondono meglio alle sue domande precedenti. La prima è un'installazione multimediale, e sotto molti aspetti un "lavoro in corso" o la frazione coerente di un lavoro molto più vasto che non si è ancora compiuto, e cioè The Lebanese Rocket Society, degli artisti libanesi Joana Hadjithomas e Khalil Joreige. In sostanza il progetto propone un ripensamento critico delle narrazioni della modernità prevalenti tramite la ricostruzione della storia della Lebanese Rocket Society ["Società missilistica libanese"], una piccola associazione di scienziati e di tecnici che, tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, si misero insieme e decisero di dare alla repubblica un suo programma spaziale elaborato localmente. Dell'installazione faranno parte una scultura monumentale a "celebrazione" dell'ultimo missile che costruirono, documenti filmati, stampe fotografiche e il tentativo di ricostruire un "albo d'oro".
Il secondo progetto, elaborato e realizzato da Cabinet, collettivo e rivista di New York, è un album per la collezione di cartoline-ricordo. Solo che invece che a calciatori o a concorrenti dell'Eurovisione le cartoline sono dedicate a celebri o noti mercanti, traditori, traduttori ed esperienzialisti. I visitatori della biennale riceveranno il fascicolo e una serie di cartoline a pacchetti di sei, e ci si aspetta che se le scambino tra loro (o che le acquistino nei negozi) per completare l'album durante la permanenza a Sharjah.
SC: Jumana Emil Abboud sta realizzando una cripta sotterranea in cui oggetti e rappresentazioni votive saranno esposti insieme con una specie di set cinematografico di devozione recitata.
Il concetto di narrazione in questa biennale è stato spinto più avanti, perché abbiamo cercato di creare delle vere e proprie costellazioni di opere di artisti provenienti da posizioni estetiche e critiche diverse, ma tra le quali è possibile identificare certi punti comuni.
Walid Raad, <i>Index XXII-XXVI: Artists</i>
2011. Muro, pittura, legno, fotografie a colori, vinile. Courtesy of Galerie Sfeir-Semler, Beirut/Hamburg. Produzione della Sharjah Art Foundation.
Walid Raad, Index XXII-XXVI: Artists 2011. Muro, pittura, legno, fotografie a colori, vinile. Courtesy of Galerie Sfeir-Semler, Beirut/Hamburg. Produzione della Sharjah Art Foundation.
Suzanne Cotter e Rasha Salti, in collaborazione con Haig Aivazian, sono le curatrici della decima edizione della Sharjah Biennial, intitolata "Plot for a Biennial" inaugurata il 16 marzo a Sharjah. La Biennale sarà aperta fino al 16 maggio.

Suzanne Cotter è la curatrice del Guggenheim di Abu Dhabi per la Solomon R. Guggenheim Foundation. È stata curatrice delle gallerie londinesi Whitechapel e Hayward, ed è stata curatrice senior e vicedirettore del Modern Art Oxford (2002-2009). Ha curato mostre collettive e personali su alcuni dei più importanti artisti contemporanei e ha scritto e curato diversi cataloghi e monografie di artisti, tra cui il volume di prossima pubblicazione sul coreografo Michael Clark. Collabora con diverse riviste, come Frieze, Parkett e Artforum. Membro della giuria per il Turner Prize nel 2008, è stata premiata con il Chevalier de l'Ordre dans les Arts et des Lettres dal Ministero francese della cultura e della comunicazione nel 2005.

Rasha Salti creative director dell'associazione non-profit newyorkese ArteEast, è una curatrice indipendente e autrice di testi; vive e lavora a Beirut. Ha collaborato alla realizzazione del volume Beirut Bereft, The Architecture of the Forsaken and Map of the Derelict e ha curato la pubblicazione di I Would Have Smiled; A Tribute to Myrtle Winter Chaumeny. È stata direttore artistico della biennale cinematografica di New York CinemaEast (2005-7).
Mustapha Benfodil, <i>Maportaliche / It Has No Importance</i>, 2011. Mixed-media installation, 23 manichini, printed T-shirts, audio, graffiti. Commissione della Sharjah Art Foundation.
Mustapha Benfodil, Maportaliche / It Has No Importance, 2011. Mixed-media installation, 23 manichini, printed T-shirts, audio, graffiti. Commissione della Sharjah Art Foundation.

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