Al contrario di una fiera tradizionale, però, Sunday è stata concepita intorno a un'idea di informalità e spontaneità ben lontana dalle pareti cubicolari dei Lingotti di ogni dove: spazi aperti, nessuna precisa demarcazione fra le esposizioni di ogni galleria partecipante, un'atmosfera tutto sommato festosa. Ha radunato giovani gallerie di Berlino – perlopiù – e da altri Paesi europei, o quasi (Islanda e Turchia); molte di esse avevano già preso parte a un simile evento che si era svolto l'anno scorso sempre durante il gallery weekend, "7x2". Forse per via dell'impostazione continua dello spazio, forse per via del taglio francamente un po' invadente dell'architettura – un grosso edificio nero e cuneiforme, appena inaugurato, progettato dallo studio BundschuhBaumhauer – le opere parevano particolarmente rarefatte, piccole, studiatamente poetiche e senza parole; era difficile, a volte, tenere a mente che ciò che si aveva di fronte era un raduno di gallerie sparpagliate per un continente e mezzo e non una mostra collettiva ben congegnata. Certo, la consonanza estetica di molti degli artisti esposti potrebbe significare una vicinanza di metodi e d'intenti della ricerca artistica attuale, soprattutto di quella più giovane. Potrebbe, tuttavia, anche significare qualcos'altro.
Fra gli artisti presenti alla fiera, comunque, spiccava decisamente l'opera di Anca Munteanu-Rimnic, artista rumena residente a Berlino e rappresentata, in fiera, dalla galleria PSM. Sfruttando il materiale fotografico legato al lavoro di suo padre – vasaio attivo negli anni Settanta, che ritraeva ogni suo prototipo in uno scatto approssimativo e struggente, retto con una mano contro un cielo mutevole, un po' in controluce, un po' scuro, un po' di sbieco, così – Munteanu ha offerto una serie di quadri fotografici e una scultura di forte impatto visivo e in grado di commentare, molto intimamente, il problema della sopravvivenza di certe forme estetiche, della loro ereditarietà, della citazione.
Il problema del rapporto con le immagini del passato – in una fiera per il resto, come si è visto, piuttosto incentrata sul loro uso – è stato messo a fuoco in modo più critico anche da Danilo Correale, presentato a "Sunday" da Supportico Lopez. Il progetto di Correale, attraverso una pubblicazione, una serie di fotografie d'archivio e una selezione di video, era una riflessione sul tema del vandalismo – della distruzione di immagini – e su come questa pratica fosse, da una parte, finalizzata alla produzione di altrettante immagini, e dall'altra come fosse essa stessa informata dalla raffigurazione che del 'vandalo' si dà nei materiali educativi e didattici. L'installazione di Correale mostrava una sorta di cortocircuito dell'immagine: la raffigurazione dell'iconoclastia si fa, essa stessa, icona, cristallizzando nell'immaginario una pratica potenzialmente eversiva, e, pertanto, normalizzandola.
Un'altra prospettiva laterale sulla questione è offerta dal lavoro di Stephen Sutcliffe – portato in fiera da Rob Tufnell – che solitamente opera con video costruiti a partire da footage ritrovato. La sua presenza era annunciata sia sulla comunicazione di "Sunday" che nella parte di spazio dedicata al suo gallerista. Purtroppo, però, per ragioni organizzative la sua opera non ha potuto essere presente. Forse è un modo anche questo per parlare della proliferazione delle immagini.
Vincenzo Latronico
