Il nuovo museo V&A East di Londra: quando l’architettura impara da Balenciaga

Progettato dallo studio irlandese O’Donnell + Tuomey, il V&A East Museum aprirà nell’aprile del 2026 con l’obiettivo di celebrare l’identità dell’East London.

V&A East Museum

Foto Niall Hodson

V&A East Museum

Foto Lewis Vorn

V&A East Museum

Foto Niall Hodson

V&A East Museum

Foto Niall Hodson

Il termine “Olympicopolis” nasce come erede di un soprannome ottocentesco: “Albertopolis”, con cui veniva indicato il quartiere culturale di West London, dove alcune delle istituzioni più importanti della città sorgono una accanto all’altra. Questi grandi poli culturali si concentrano lungo Exhibition Road e includono il Victoria & Albert Museum originario, aperto al pubblico nel 1857 come Museum of Manufactures, poi ampliato e rinominato. Con Olympicopolis, questo bacino culturale si è esteso, attraversando la città da ovest a est. Nel 2015 è stato bandito un concorso internazionale per lo sviluppo del distretto culturale ed educativo di Stratford Waterfront. Il progetto vincitore prevedeva l’affidamento a O’Donnell + Tuomey della progettazione della seconda sede londinese del V&A. Il loro intervento si sarebbe inserito in un’area di Stratford fino ad allora priva di una vera identità culturale, scelta appositamente per ospitare le Olimpiadi di Londra 2012 con l’obiettivo di innescare un processo programmato di rigenerazione urbana. Si trattava di una vasta porzione di territorio disponibile, ben collegata al centro e strategicamente posizionata. Nel tempo, il nome “Olympicopolis” è stato sostituito da “East Bank Cultural Quarter” e, come South Kensington prima di lui, il quartiere è diventato un polo intenzionalmente dedicato alla cultura.

V&A East Museum. Foto Lewis Vorn
Il V&A East si inserisce dunque in un’area di attività culturale costruita a tavolino, simile a molti grandi piani di rigenerazione urbana che l’hanno preceduta e seguita, a Londra e altrove.

Il V&A East si inserisce dunque in un’area di attività culturale costruita a tavolino, simile a molti grandi piani di rigenerazione urbana che l’hanno preceduta e seguita, a Londra e altrove. L’edificio diventa uno dei nodi di un sistema progettato per generare deliberatamente un nuovo spirito del tempo. Lo sviluppo di Stratford è già un capitolo significativo, e ancora giovane, nella trasformazione della morfologia londinese: un processo che spinge la comunità culturale della capitale verso l’esterno, intercettandone la varietà e il carattere multilingue. All’interno di questa costellazione più ampia, l’intento del V&A East è stato quello di creare “un nuovo tipo di spazio museale, radicato nell’East London”. O’Donnell + Tuomey hanno affrontato il progetto come una riflessione sul ruolo riflessivo degli edifici istituzionali.

Gus Casely-Hayford, Direttore del V&A East. © Lewis Vorn

John Tuomey, cofondatore dello studio irlandese, ha spiegato come il progetto abbia indagato “la questione dell’identità” e il modo di “incarnare l’idea di museo in una forma espressiva; come racchiudere i contenuti interni in un involucro protettivo”. Le soluzioni sono state trovate anche nell’influenza di Cristóbal Balenciaga, il couturier spagnolo celebrato da una grande mostra al V&A nel 2017, che mise in luce il suo uso del concetto giapponese di Ma, ovvero “lo spazio tra”. Secondo lo studio, la sartoria di Balenciaga esprime una concezione scultorea dello spazio tra il corpo e l’abito: un approccio che incornicia la figura invece di costringerla. Trasponendo l’abbigliamento nell’architettura, Tuomey racconta di aver lavorato sulla forma del V&A “con disegni a matita e modelli in cartone”, “come sarti che modellano la linea di un capo finché non trovano la vestibilità giusta — immaginando la facciata come un’architettura protettiva, capace di suggerire uno spazio intermedio tra il corpo e il tessuto che lo avvolge”.

All’interno di queste pieghe simulate, il progetto esplora anche diverse gradazioni di apertura. I cinque piani dell’edificio sono organizzati attorno a un nucleo centrale, con scale aperte che collegano le varie aree. Le gallerie si susseguono senza interruzioni, invitando i visitatori a esplorare l’intero edificio, dagli spazi pubblici fino alla terrazza sul tetto. Due ingressi — uno dal livello superiore del podio, che collega il museo allo sviluppo complessivo dell’East Bank, e uno a livello del suolo, in relazione con la piazza pubblica lungo il waterfront — ampliano ulteriormente questa circolazione libera e continua.

Come sarti che modellano la linea di un capo finché non trovano la vestibilità giusta — immaginando la facciata come un’architettura protettiva, capace di suggerire uno spazio intermedio tra il corpo e il tessuto che lo avvolge.

Come il quartiere culturale in cui si inserisce, anche la facciata, nella sua traduzione dalla moda all’architettura, conferisce maggiore autorità a un’idea creativa e a una gravitas istituzionale più che al luogo in sé, che appare in parte intercambiabile. Anche il primo edificio del V&A, costruito appositamente negli anni Novanta dell’Ottocento dopo un lungo periodo in sedi provvisorie, lasciò il segno attraverso la propria espressione esterna. Inaugurata nel 1909, la facciata progettata da Aston Webb si estende per circa 220 metri lungo Cromwell Gardens: una combinazione di mattoni rossi e pietra di Portland che ha definito l’inconfondibile volto edoardiano del museo.

Jen McLachlan, Project Director, V&A East. © Lewis Vorn

Oltre un secolo dopo, la facciata sfaccettata di O’Donnell + Tuomey sarà realizzata in calcestruzzo prefabbricato, pigmentato con sabbia naturale e caratterizzato da particelle di pietra a vista. Sarà composta da 491 elementi unici e interconnessi, con moduli larghi due metri, destinati a lasciare un segno riconoscibile. Il suo contributo a Olympicopolis ribadisce un’idea ormai consolidata: la produzione culturale richiede una dimensione visiva e cerimoniale. Le sue pieghe diventano così un invito, un richiamo per chi cerca cultura a spingersi verso est.

V&A East Museum Foto Niall Hodson

V&A East Museum Foto Lewis Vorn

V&A East Museum Foto Niall Hodson

V&A East Museum Foto Niall Hodson