Santiago Calatrava

“Architettura e scultura sono due fiumi, lungo i quali scorre la stessa acqua. Figuriamoci la scultura come pura plastica, l’architettura come plastica subordinata alla funzione” (Santiago Calatrava)

Santiago Calatrava. Da Domus 963, ottobre 2003

Ingegneria e scultura: è tra questi due poli che può essere inquadrata l’architettura di Santiago Calatrava. Per il progettista spagnolo ogni edificio è al tempo stesso prodigio strutturale e forma seducente.

Santiago Calatrava nasce nel 1951 nei pressi Valencia, si forma innanzitutto come architetto al politecnico locale, e poi come ingegnere civile all’ETH di Zurigo, dove ottiene un dottorato nel 1981. Nello stesso anno, e sempre nella capitale svizzera, apre il suo studio professionale, che ha oggi sede anche a Doha e New York. In parallelo alla sua formazione e alla sua attività da progettista, continua a nutrire la sua passione per le arti visive, praticando regolarmente la pittura e la scultura. Così, la precisione scientifica del tecnico si accompagna, nelle sue opere migliori, alla creatività sintetica dell’artista.

Nelle storie dell’architettura, a cui appartiene a buon diritto ormai da decenni, Santiago Calatrava occupa un posizionamento peculiare, a cavallo tra diverse correnti e genealogie di progettisti. Per Marco Biraghi, ad esempio, è uno degli interpreti contemporanei dell’approccio formalista-strutturalista che ha conosciuto il suo apogeo negli anni ’50 e ’60, e i cui esponenti più noti sono il finlandese-statunitense Eero Saarinen, il messicano Félix Candela e anche l’ingegnere italiano Pier Luigi Nervi. Luigi Prestinenza Puglisi lo descrive brevemente come una “variante neo-organica” della corrente hi-tech. Kenneth Frampton, già negli anni ’80, cita i suoi primi ponti in continuità con gli interventi di Rino Tami sulle autostrade ticinesi. Molte fonti, poi, sottolineano la sua affinità con Antoni Gaudí, geniale ed atipico architetto neogotico barcellonese.

A partire dalla metà degli anni ’90, e inizialmente con Candela, Santiago Calatrava realizza uno dei suoi progetti più ambizioni, quello per la Città delle Arti e delle Scienze di Valencia. L’Hemisfèric (1996-1998), il Museu de les Ciències Príncipe Felipe (1996-2000), il Palau de les Arts Reina Sofía (1996-2006) e l’Humbracle (1997-2000) sono solo alcuni degli edifici-oggetto che formano il complesso. Iconici e memorabili, contribuiscono a trasformare il loro autore in un’archistar di fama mondiale, e re-inseriscono la città che le ospita nei circuiti del turismo globale.

I progetti di Santiago Calatrava, in effetti, possono essere descritti innanzitutto come oggetti, dotati ciascuno di una propria forma conclusa. Tale forma deriva in primo luogo dalla loro struttura, ovviamente verificata sul piano ingegneristico, ma non la riproduce automaticamente, pedissequamente. Al contrario, l’architetto-scultore Santiago Calatrava modella travi e pilastri, nervature e costoloni, contrafforti e aggetti, coperture e velari, anche a partire da un immaginario non tecnico, fortemente ispirato alla natura. Così, i suoi progetti si configurano come sculture zoomorfe, ciascuna innervata da uno scheletro diversamente conformato. Il riferimento al mondo animale non invalida l’esattezza della struttura ma, piuttosto, la rende più evidente, più comprensibile, e anche più spettacolare.

A quasi quarant’anni dall’inizio della carriera di Santiago Calatrava, risulta evidente che questo approccio si è rivelato particolarmente adatto ad alcune tipologie di costruzione. Si tratta soprattutto di infrastrutture legate alla mobilità: ponti come il Ponte Bach de Roda di Barcellona (1984-1987), il Ponte Alamillo di Siviglia (1987-1992) e il quarto ponte sul Canal Grande di Venezia (1997-2007); e stazioni ferroviarie, tra cui la Stadelhofen di Zurigo (1983-1990), la sua prima opera ad attirare l’interesse diffuso della critica, la Stazione del TGV Lyon-Satolas di Lione (1989-1994), la Stazione Oriente di Lisbona (1993-1998) e la Stazione dell’Alta Velocità Mediopadana di Reggio Emilia (2002-2014).

Al di là di questi temi privilegiati, l’opera di Santiago Calatrava comprende ormai tutti gli incarichi che ci si aspetta di trovare nel curriculum di un grande studio di progettazione contemporaneo: musei, come il Milwaukee Art Museum (1994-2002), auditorium, come quello di Santa Cruz di Tenerife (1997-2003), grattacieli, come il celebre Turning Torso di Malmö (1999-2005), e terminal, come il World Trade Center Transportation Hub di New York (2003-2016).    

All’enorme successo di pubblico che i suoi edifici continuano a riscuotere, complessivamente indifferenti al passare degli anni e al moltiplicarsi della concorrenza, contribuisce certamente anche il loro candore, un elemento fondamentale dello “stile Calatrava”. Le ossa e le scocche delle sue architetture sono (quasi) sempre bianche, bianchissime, e per questo ancora più facilmente aperte all’interpretazione, disponibili alla metafora con cui ciascun osservatore, anche il meno esperto, vorrà descriverle.

Nelle parole di Sergio Polano:

Santiago Calatrava intende esprimere la preminenza di valori dinamici, antitetici rispetto alla tradizionale statica delle masse, prefigurando una architettura tanto tecnologica, ma non banalmente tecnica, quanto figurale, ma non meramente formale
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