Venti studi peruviani di architettura si sono riuniti attorno a un tavolo per progettare una nuova città che verrà costruita a Olmos, nel nord del Perù. L'occasione è offerta dalla costruzione, appena terminata, di un tunnel di 20 Km che porta acqua dal bacino della foresta amazzonica all'arido deserto della costa peruviana. Questo tunnel ha ampliato la frontiera agricola di 40.000 ettari, attirando attorno a sé 250.000 nuovi posti di lavoro. La proposta progettuale parte da una riflessione su come abitare nel deserto del Perù prendendo a modello il sistema urbanistico delle città precolombiane.
Ognuno dei 20 studi ha disegnato un quartiere rappresentato concettualmente con un plastico in terracotta, esprimendo la propria visione di come abitare nel deserto. La qualità dello spazio urbano è al centro della preoccupazione architettonica. Il risultato è un tessuto urbano comune che combina la diversità con la coesione, il piccolo con il grande, l'urbanità con la ruralità, l'antico con il moderno.
Hanno partecipato al progetto:
Ob+Ra (Ruth Alvarado - Oscar Borasino Arquitectos); Artadi Arquitectos; Baracco Asociados; Bragagnini Arquitectos; Barclay & Crousse; García Milla-León Arquitectos; Gonzalez Moix Arquitectos; K+M Arquitectura y Urbanismo; Longhi Architects; Llosa Cortegana Arquitectos; Metrópolis/José Orrego; David Mutal Arquitectos; Nómena; Carlos Palomino-Arquitectos del Norte; Carlos Pestana Arquitectos; Poggione+Biondi Arquitectos; Seinfeld Arquitectos; Oficina Uccelli; Arquitectos/OUA; Vicca Verde; 51-1/Supersudaca Perú.
Perù: Yucun o abitare il deserto
Presente per la prima volta alla Biennale di Architettura di Venezia, il Perù presenta il progetto per una nuova città nel deserto: Olmos.
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- Tommaso Cigarini,Miriam Saavedra
- 09 novembre 2012
- Venezia
Tommaso Cigarini e Miriam Saavedra: Com'è stato lavorare in un gruppo di venti studi, ciascuno con le proprie idee?
José Orrego: La principale difficoltà è stata quella di unire pensieri, tendenze, idee di diversi architetti tenendo presente che tutti noi abbiamo avuto una preparazione accademica che ci porta a essere menti individuali. C'è stata una grande volontà di fare uno sforzo comune per avere una sola proposta che si è raggiunta attraverso vari workshop che ci hanno permesso di discutere e di avvicinarci a una risposta fisica che è quello che si vede in questo padiglione. Il passo successivo lo mostreremo se le idee che abbiamo avuto saranno forti abbastanza perché questo progetto diventi l'espressione fisica di una città reale.
Sandra Barclay & Jean Pierre Crousse: La nostra è una proposta molto rappresentativa di quello che è oggi il Sudamerica. Quello che ha fatto il Perù è stato usare il passato per guardare al futuro. È un futuro pieno di progetti, di speranza, di progresso, di miglioramento della società che abbiamo plasmato attraverso questa nuova città che si costruirà attorno al tunnel di Olmos. Siamo 20 studi di architettura con 20 idee diverse di città. È stato incredibile vedere come possano coesistere 20 idee diverse generando qualcosa di molto armonioso. In fondo le città nascono così.
Enrique Bonilla (curatore della mostra, n.d.r.): Abbiamo invitato a partecipare vari architetti che dirigono studi importanti di architettura in Perù. All'inizio il tema non era molto chiaro. Il processo per arrivarci è stato democratico: abbiamo cominciato a discutere fra noi, ed è una cosa difficile discutere fra 20 architetti ognuno con le proprie idee. La curatela della mostra ha richiesto un grande coordinamento, con la raccolta delle diverse idee sorte durante i nostri incontri. Per dieci sabati consecutivi ci siamo incontrati, con la forma del laboratorio: in questo modo siamo tutti tornati studenti! Ci siamo messi a discutere attorno ai tavoli da disegno e ai proiettori. È stata un'esperienza molto stimolante. Il Perù in questo momento sta vivendo un periodo economico fantastico, si costruisce molto, gli architetti hanno moltissimo lavoro. Tuttavia curiosamente questi periodi di benessere sono periodi difficili per la riflessione. Quindi questo progetto per molti di noi è stato come uno stop per cominciare a riflettere con più calma su quello che stavamo facendo.
Venti studi peruviani di architettura si sono riuniti attorno a un tavolo per progettare una nuova città che verrà costruita a Olmos, nel nord del Perù.
K+M Architetti: L'idea del progetto l'abbiamo costruita una settimana dopo l'altra, dopo i workshop di lavoro comune. Quando abbiamo cominciato non sapevamo bene cosa fare. È stato interessante perché ci siamo dati delle date di consegna del lavoro e dei compiti da fare a casa. In questo modo il progetto è nato poco a poco. Le domande che ci siamo posti erano del tipo: cosa c'è bisogno per abitare nel deserto? Come si risolve il problema dell'acqua, del sole, del deserto o della mancanza di densità? La risposta a questi problemi ha preso forma prima a una scala architettonica, domestica, poi alla scala urbana, poi tutti i nostri progetti urbani si sono uniti a una scala territoriale.
Renè Poggione: Lavorare nella contemporaneità riconoscendo le tracce del tempo su cui costruire una certa continuità con il tipo storico della zona. Non abbiamo voluto partire da uno stato di creazione di grado zero. I tempi attuali non sono per il grado zero ma per un'attenta rilettura delle preesistenze. Questo non ha niente a che vedere con il contestualismo, né con il formalismo. Se questo progetto salirà sul cavallo della Storia è perché è una mostra totalmente contemporanea, che raccoglie quella particolare sensibilità che consiste nell'ascoltare il tempo presente.
Quali sono le vostre aspettative di fronte a un progetto così grande?
51-1 Arquitectos: Noi architetti siamo stati assenti in Perù per molti anni nel prendere decisioni o semplicemente nell'avere una voce e poter parlare sui temi che ci concernono. Se noi architetti non partecipiamo a questa grande occasione di costruire una nuova città, nascerà un'altra città informale e spontanea costruita dagli abitanti stessi, com'è successo a Chiclayo, un'altra occasione persa di fare qualcosa di ordinato e disegnato. Speriamo che il progetto vada avanti e che venga preso in considerazione dalle autorità.
Nómena: Perché le nostre idee abbiano una maggiore forza occorre che ci uniamo, cosa molto difficile in Perù, dove c'è distanza fra gli architetti. Questo impedisce alla gente di concentrarsi sull'architettura. Gli architetti non sono molto importanti, quello che conta è l'architettura. Con questa mostra si sta aprendo la porta del Perù di fronte al mondo. È il Perù che ha viaggiato ed è arrivato in Italia. È un messaggio molto importante per il nostro paese e dobbiamo esserne consapevoli.