Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 961, settembre 2012
"Questo ucciderà quello", diceva
Claude Frollo in Notre-Dame de
Paris, celebre romanzo di Victor
Hugo, tenendo una mano su
un libro stampato e l'altra tesa
a indicare l'imponente mole
della cattedrale. Simili fatidiche
dichiarazioni, applicate agli effetti
che l'editoria architettonica online
potrebbe avere su quella su carta,
appartengono al passato, quando le
predizioni spaziavano dall'utopico
all'apocalittico. Oggi, invece, il mondo
dell'online procede fianco a fianco
a quello 'fisico', ed è ben lontano dal
soppiantarlo: i caratteri di distinzione
tra questi due mondi sono sempre più
labili. La cacofonia di punti di vista,
di idee e accostamenti esiste ancora,
ma da questa emergono voci e gruppi
sempre più ibridi, che producono
nuove configurazioni editoriali in
forma di media, per veicolare idee
architettoniche e politiche.
All'origine di questa nuova e complessa
configurazione della realtà editoriale c'è la
familiarità con le novità tecnologiche, che ha
aperto la strada a una nuova tipologia di lettore.
Il pubblico contemporaneo è abituato a ricevere
informazioni attraverso media diversi ed è in
grado di navigare e selezionarne il contenuto,
fiducioso di contribuire a una determinata
tematica con proprie riflessioni e idee. Ma
l'impatto delle nuove tecnologie va ben oltre la
grande portata e l'accessibilità dei blog: si estende
a libri a tiratura limitata, reti di distribuzione
globali, e-publishing e altro ancora. Il brivido
del nuovo non basta a sostenere un interesse
che sia costante: abbiamo imparato a pensare
che le piattaforme online siano una delle molte
tentacolari operazioni condotte da professionisti
creativi con trasferimenti dai mondi fisici a
quelli virtuali.
Come dimostra Designboom, prima rivista di architettura online per data di fondazione e numero di lettori, che organizza anche conferenze di architettura e mostre per presentare giovani talenti del mondo del design in giro per il mondo.
Perfino Dezeen, la rivista online,
considerata un tempo sinonimo di rapidità nella
pubblicazione di progetti è diventata altro:
un brand di lifestyle che si estende nel mondo
fisico con punti vendita pop-up e sponsorizzazioni
di esposizioni.
Editoria alla seconda
La rivoluzione digitale ha dato vita a una nuova generazione di editori piccoli, agili e iperattivi che, negli ultimi dieci anni, hanno profondamente trasformato il modo in cui l'architettura e il design vengono raccontati, sia nei libri sia online.
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- Shumi Bose
- 26 settembre 2012
La facilità con cui è possibile scambiare informazioni su internet consente di imbarcarsi in opere intellettuali collettive su una scala che non ha precedenti; allo stesso tempo, modalità editoriali che sembrano essere collaborative consentono di amplificare e dare visibilità a voci individuali che prima erano nascoste. Ethel Baraona Pohl e il partner César Reyes Nájera definiscono il loro lavoro per dpr-barcelona come il felice sottoprodotto della frustrazione. Interessati da sempre alle stratificazioni che la tecnologia apporta allo spazio digressivo e fisico, avevano come unico sfogo al proprio pensiero critico, al di fuori dello studio, la collaborazione occasionale con le riviste: i loro lavori di ricerca non avevano infatti trovato accoglienza nei lenti canali istituzionali.
Il risultato delle loro pubblicazioni digitali sperimentali, e all'epoca innovative, ha portato nuovi entusiasmi nel campo dell'autopubblicazione, dato che le loro ricerche sono state discusse e manipolate dalla comunità online. Ma il ramo più in espansione di dpr-barcelona è una casa editrice di libri d'architettura a tiratura limitata: un fatto non da poco se si considera la crisi globale dell'editoria (solamente cinque mesi fa, il celebre editore svizzero di design Birkhäuser ha dichiarato il proprio stato di insolvenza).
molte imprese emergenti spesso si interessano a tematiche comunitarie, locali o di nicchia e molte di loro sono gestite da coppie
Un libero scambio di idee di questa natura non è tuttavia immune da problemi. L'attuale ambiente virtuale ricorda il Selvaggio West, un luogo in cui la valutazione del lavoro e della produzione rimane confusa, perché mancano ancora nuovi paradigmi di attribuzione, conoscenza e rappresentanza. In architettura, molte imprese emergenti, e forse persino modi di produzione più tradizionali, sono pensate su scala ridotta: spesso si interessano a tematiche comunitarie, locali o di nicchia e molte di loro, in assonanza con queste prospettive domestiche, sono gestite da coppie.
Nell'ultimo numero di Mas Context—rivista accademica prodotta nell'area di Chicago da una "moltitudine 'invitata'", disponibile sia in forma cartacea sia in forma di download libero e a bassa risoluzione—Javier Arbona punta a concettualizzare la condivisione della conoscenza e la ritrasmissione del contenuto. E non lo fa in un contesto di segretezza, attraverso organismi di controllo e con vincoli di diritti intellettuali ma, in modo più interessante, con nozioni postfordiste del lavoro. "Grazie a una serie di apparati di rapido re-posting, emailing, re-tweeting e di social bookmarking su altri siti, o alla cosiddetta condivisione su Facebook o altri media, il lavoro quotidiano di circolazione dei contenuti è celato dietro quelli che appaiono come atti benigni, astratti e socio-comunitari".
La crescita in simultanea dell'attività editoriale Do It Yourself (diy) e dell'attivismo spicciolo hanno determinato la fusione di diritti civili e politici con la scena spaziale, civile e architettonica. Di conseguenza, gli editori d'architettura si sono assegnati compiti diversi. Nella produzione online di architetti e autori di testi di architettura, come This Is Not A Gateway e Venue—la fusione live e peripatetica di Geoff Manaugh e della partner Nicola Twilley, provenienti rispettivamente da BLDGBLOG e da Edible Geography—è possibile riscontrare l'opposizione diretta alle esistenti forme di produzione finanziaria e l'assunzione di un'attiva posizione comunitaria che si confrontano con problemi urbani e paesaggistici tramite pubblicazioni, eventi, piattaforme artistiche e altro ancora. In questa luce è possibile forse considerare critico, o persino politico, l'impatto dei siti di 'notizie' più prolifici per il solo fatto di esistere.
Nel disseminare notizie d'architettura a un pubblico più ampio di quanto sia mai stato prima, essi rimuovono l'accesso alla conoscenza dalle mani di élite di minoranze geografiche, aprendolo alla discussione generale. Dalla sua base di Santiago del Cile David Basulto, noto architetto e docente, fondatore di ArchDaily—che si auto-proclama "il più popolare tra i siti di architettura"—sostiene che la necessità di una demografia 'domestica' sia intrinseca alla causa.
In base alla regola secondo la quale qualunque azione proiettata nel futuro risveglia reazioni retrograde, la rapida crescita e la proliferazione di blog, network e website è stata affiancata da una più intensa fascinazione verso la fisicità dell'editoria cartacea. Nonostante il dibattito sia sostanzialmente trasmigrato online, la recente esposizione itinerante Archizines, curata da Elias Redstone, mette in mostra fanzine e riviste di architettura contemporanea.
Ha fatto seguito a Clip Stamp Fold di Beatriz Colomina, che ha presentato un prezioso archivio di riviste, ciclostilati e fanzine, e ha preceduto un'installazione dedicata alle grandi riviste del Ventesimo secolo alla Biennale di Architettura di Venezia appena aperta. I volumi esposti nelle tre esposizioni presentano contenuti vibranti: hanno la capacità di dare rilievo ad ambiti pubblici e a comunità immaginate. Con il fatto di essere stampati e resi permanenti, libri e giornali mettono dei punti fermi all'evoluzione, alla discussione e alla produzione di idee apparentemente infinite, rafforzando la convinzione che "il contenuto stampato ha importanza".
Anche la natura del libro di architettura sta cambiando: le strutture organizzative e i layout sono diventati più flessibili, danno più importanza e spazio ai contenuti visivi non strettamente architettonici, e tendono sempre più a utilizzare alcuni degli strumenti dei paradigmi dell'online. La monografia Agenda di Julien De Smedt, del 2010, presenta immagini del blog di Kanye West, facsimili di email e diagrammi che tracciano il flusso del lavoro d'ufficio, echeggiando esplicitamente gli strumenti analitici del web familiari a qualunque editore online. La pubblicazione di libri tratti da blog—come il libro BLDGBLOG, per esempio—è stata un riflesso del crescente riconoscimento del discorso online all'interno dei media cartacei tradizionali.
Andreas Ruby, co-fondatore dell'agenzia berlinese textbild e di Ruby Press, è cinico circa la possibilità di una semplice trasposizione da schermo a pagina, e confessa: "È come con le prime automobili: sembravano tutte carrozze a cavallo fino a quando non hanno trovato la propria strada". Quando Andreas parla di libri, invece, traspare la passione e la convinzione che essi siano una forma d'arte duratura con proprie possibilità intrinseche, codificate fisicamente in sottili sfumatura materiche. I libri Ruby Press rappresentano una sorta di reazione alla logica del grande tiratura della macchina mediatica che, negli ultimi anni, ha influenzato sempre più gli ambiti dell'editoria di design e architettura; sono caratterizzati da una grande attenzione ai dettagli, una precisa valutazione delle dimensioni della pagina, della grammatura e dealla porosità della carta, oltre che dal design grafico —anche su piccola tiratura. L'editoria su piccola scala non solo consente una produzione più rapida e una specificità meglio messa a punto, ma anche un approccio più artigianale e l'abilità di operare con margini più bassi.
Oggi non siamo quindi semplicemente testimoni
del tentativo del formato online di sostituire
o rendere obsoleto il formato cartaceo, quanto
del fatto che la capacità polivocale, mobile
e interattiva—amplificata nella produzione
online—fa parte di un cambiamento più ampio,
che influisce sia sull'editoria cartacea sia sulla
stessa produzione architettonica. I confronti
postmoderni, astorici perfino, di cultura pop,
compiuti in campo giornalistico da Reyner
Banham, dai Venturi, dagli Archigram e da molti
altri sia prima che dopo, non sono semplicemente
proseguiti online, ma sono stati estrapolati
all'interno di un caleidoscopio di prospettive in
costante espansione. Invece di finire immersi nel
rumore, in quanto lettori siamo sempre più abili nel
scegliere che cosa vedere e come, con che velocità,
in che contesto e con quali applicazioni.
Shumi Bose (@tontita00), curatrice e scrittrice di storia e teoria dell'architettura