Costruire una città significa affrontare un cambio di paradigma lontano da certi stereotipi comuni. Il modo consueto di fare le cose, e di concepire e mettere in pratica i processi, spesso nel clima di oggi non serve più. La responsabilità di riformare il modo di costruire la città riguarda tutti gli attori della scena urbana: amministratori, ideologi, politici, imprenditori, progettisti e cittadini.
Per fortuna, sotto molti aspetti, la diffusione dei metodi alternativi in Europa – dove le città non crescono più e dopo la crisi dovranno recuperare terreno – sta aumentando. Analogamente le città mondiali in crescita richiedono un'urbanistica sostenibile, ma anche una riformulazione dei relativi, complessi processi progettuali.
È il punto di partenza della Biennale Internazionale d'Architettura 2012 di Rotterdam (IABR) e della sua mostra principale: Making City, "Costruire la città", aperta a Rotterdam nella sede del Netherlands Architecture Institute
(Nederlands Architectuur Instituut) e allo Schieblock e dintorni. Come dichiara il fondatore George Brugmans, Il messaggio di Making City è: 'L'austerità richiede nuovi modelli di collaborazione e modalità di intervento diverse. Il modo di costruire la città sta forse nel reinventare l'economia?' È questo punto interrogativo, l'analisi approfondita del processo, a disegnare il quadro di tutta la biennale.
Brugmans e i suoi colleghi curatori Joachim Declerck e Henk Ovink spiegano nel catalogo della mostra che 'occorre uno Stato attivo, partecipe, per colmare il dislivello tra la strategia formale e la collaborazione informale'.
Biennale di Rotterdam: Making City
La Biennale di Architettura di Rotterdam presenta una più che attesa e insolita visione di progettazione urbana, mostrando diverse strategie possibili per il cambiamento: la città razionalista sembra ormai pronta a reinventarsi.
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- Lucy Bullivant
- 25 giugno 2012
- Rotterdam
La genericità della gestione dei processi produce un insieme di norme vaghe, poco adeguate alla realtà della situazione e alle nuove alleanze. Il quadro varia da cultura a cultura e da situazione a situazione; perciò la IABR ha voluto sottolineare le specifiche indicazioni nazionali di cambiamento di tattica e di differenza di alleanze, più che pescare in un mare tanto vasto da disorientare il visitatore.
Lo studio d'architettura olandese Zones Urbaines Sensibles (ZUS) ha ricevuto l'incarico di trasformare l'area centrale di Rotterdam tramite iniziative locali e finanziamenti popolari. A partire dalla cima a verde degli edifici, la città razionalista appariva matura per una reinvenzione. La città si trasforma poi con 18 interventi diversi, come l'adattamento di un parcheggio e di un ufficio postale a sede di laboratori e festival. Il progetto comprende anche strategie di finanziamento alternative elaborate dall'Università Erasmus e dall'Università di Delft. In occasione del progetto la IABR ha organizzato varie visite guidate nel centro cittadino, a piedi e in bicicletta, ma ha anche segnalato come, grazie a nuove reti di trasporto condiviso nell'area meridionale di Rotterdam, sia stato possibile contrastare la frammentazione generata dallo spostamento di ulteriori quartieri all'esterno della città.
I curatori hanno illustrato la storia di sette località olandesi fondata sul coinvolgimento di realtà private e civiche alleate con lo Stato. Inoltre, 23 siti di confronto collocano i contesti locali della IABR in una prospettiva globale. Tra i più interessanti ci sono progetti come il programma adattivo dell'EPADESA
per La Défense, a ovest di Parigi; una rete di dieci città lungo il fiume Ohio, afflitte da una disoccupazione record, che hanno adottato una pianificazione strategica elaborata insieme con la facoltà di Design dell'Università del Kentucky; e il Laboratorio Postconflicto del Guatemala, progettato per assicurare alloggi a tutti tramite un sistema democratico di aiuti.
In parallelo a Making City sono aperte altre due mostre. Al piano superiore del NAI, 23 progetti di scuole d'architettura di tutto il mondo analizzano la possibilità di "città intelligenti" che vadano oltre l'integrazione delle tecnologie. La Delta City della GSD di Harvard delinea nuove tipologie di paesaggio che cambiano lo schema delle proprietà terriere. La proposta del MessyTech dell'Università della Virginia per il CleanTech Corridor (la "zona delle tecnologie pulite") di Los Angeles è intelligente, con una prospettiva non sistematica che si adatta molto meglio al tessuto urbano esistente.
La città intelligente richiede una riflessione sui processi e sull'applicazione dell'intelligenza collettiva in forme differenziate e localmente adeguate
Le fusioni, come la cancellazione dei confini tra architettura e infrastruttura, sono sempre utili. L'altra mostra, Making Almere, è allestita nella città di Almere, a est di Amsterdam. Illustra come la città stia favorendo la progettazione dal basso e invita i visitatori a contribuire con le loro riflessioni e le loro idee attraverso un programma di realtà aumentata. Un altro successo della serie "come fare".
C'è anche un controcanto: Wouter Vanstiphout e Michelle Provoost, cofondatori della associazione Crimson Architectural Historians
, hanno ideato una mostra in contrapposizione con la IABR. Sostengono che la IABR "parla di alleanze e di coalizioni" di un certo tipo, mentre Design as Politics
("Progetto come politica"), allestita nel Mini Mall del sito sperimentale di Rotterdam, illustra "perché il progetto diventi politica, che gli architetti lo vogliano o meno".
Una sfilata di sagome ritagliate mostra città sconvolte dalla rivolta, come nella Gran Bretagna degli anni Ottanta. I sogni di benessere sociale sono andati in frantumi e le culture popolari sono state i sismografi della città. Le rivolte degli occupanti abusivi olandesi evocano l'immagine della città come luogo di conflitto: teatro di un gioco competitivo in cui le banche sospingono verso il basso il valore degli immobili. Inoltre l'intervento didattico di Vanstiphout e Provoost propone un parallelo tra Detroit e Rotterdam sotto l'aspetto della disponibilità di spazi abitativi e della loro svalutazione. E ancora, San Paolo del Brasile viene contrapposta ad Amsterdam per le infrastrutture urbane, mentre Istanbul e il Randstad vengono accostate per la loro capacità espansiva. Tutti confronti che svelano possibilità e strumenti inattesi. Che accadrebbe se si affrontassero problemi olandesi alla maniera brasiliana, oppure problemi turchi alla maniera olandese?
In generale la IABR offre un panorama dell'urbanistica più ampio del consueto, cosa di cui oggi c'è enorme necessità come strumento speculativo. Quando la crisi finalmente si placherà sarà molto importante possedere strategie di cambiamento innovative. Condividere le strategie non significa ottenere due risultati uguali: la città intelligente richiede una riflessione sui processi e sull'applicazione dell'intelligenza collettiva in forme differenziate e localmente adeguate. C'è molto da imparare dai filmati, specialmente da quelli di animazione, che offrono un'eccellente selezione sia per i profani sia per l'esercito dei professionisti in visita alla mostra.
Fautori di nuclei cittadini compatti più che di ampliamenti esterni, inferiori per sostenibilità, i curatori della IABR si pronunciano in favore di schemi paesaggistici compatti, post-suburbani. Espongono in mostra il nucleo di Paris-Saclay dello studio Michel Desvigne Paysagiste, progetto del ministero francese degli Affari urbani nonché ultima piattaforma agricola importante della città: una storia del 'come fare' destinata a catalizzare maggiore attenzione nella prossima edizione della IABR. Intelligenza non programmata e impulso dal basso (con un po' d'aiuto da parte degli olandesi e della loro indole sperimentalista): ecco lo stato dell'arte.