Per fortuna, sotto molti aspetti, la diffusione dei metodi alternativi in Europa – dove le città non crescono più e dopo la crisi dovranno recuperare terreno – sta aumentando. Analogamente le città mondiali in crescita richiedono un'urbanistica sostenibile, ma anche una riformulazione dei relativi, complessi processi progettuali.
È il punto di partenza della Biennale Internazionale d'Architettura 2012 di Rotterdam (IABR) e della sua mostra principale: Making City, "Costruire la città", aperta a Rotterdam nella sede del Netherlands Architecture Institute (Nederlands Architectuur Instituut) e allo Schieblock e dintorni. Come dichiara il fondatore George Brugmans, Il messaggio di Making City è: 'L'austerità richiede nuovi modelli di collaborazione e modalità di intervento diverse. Il modo di costruire la città sta forse nel reinventare l'economia?' È questo punto interrogativo, l'analisi approfondita del processo, a disegnare il quadro di tutta la biennale.
Brugmans e i suoi colleghi curatori Joachim Declerck e Henk Ovink spiegano nel catalogo della mostra che 'occorre uno Stato attivo, partecipe, per colmare il dislivello tra la strategia formale e la collaborazione informale'.
I curatori hanno illustrato la storia di sette località olandesi fondata sul coinvolgimento di realtà private e civiche alleate con lo Stato. Inoltre, 23 siti di confronto collocano i contesti locali della IABR in una prospettiva globale. Tra i più interessanti ci sono progetti come il programma adattivo dell'EPADESA per La Défense, a ovest di Parigi; una rete di dieci città lungo il fiume Ohio, afflitte da una disoccupazione record, che hanno adottato una pianificazione strategica elaborata insieme con la facoltà di Design dell'Università del Kentucky; e il Laboratorio Postconflicto del Guatemala, progettato per assicurare alloggi a tutti tramite un sistema democratico di aiuti.
In parallelo a Making City sono aperte altre due mostre. Al piano superiore del NAI, 23 progetti di scuole d'architettura di tutto il mondo analizzano la possibilità di "città intelligenti" che vadano oltre l'integrazione delle tecnologie. La Delta City della GSD di Harvard delinea nuove tipologie di paesaggio che cambiano lo schema delle proprietà terriere. La proposta del MessyTech dell'Università della Virginia per il CleanTech Corridor (la "zona delle tecnologie pulite") di Los Angeles è intelligente, con una prospettiva non sistematica che si adatta molto meglio al tessuto urbano esistente.
La città intelligente richiede una riflessione sui processi e sull'applicazione dell'intelligenza collettiva in forme differenziate e localmente adeguate
Una sfilata di sagome ritagliate mostra città sconvolte dalla rivolta, come nella Gran Bretagna degli anni Ottanta. I sogni di benessere sociale sono andati in frantumi e le culture popolari sono state i sismografi della città. Le rivolte degli occupanti abusivi olandesi evocano l'immagine della città come luogo di conflitto: teatro di un gioco competitivo in cui le banche sospingono verso il basso il valore degli immobili. Inoltre l'intervento didattico di Vanstiphout e Provoost propone un parallelo tra Detroit e Rotterdam sotto l'aspetto della disponibilità di spazi abitativi e della loro svalutazione. E ancora, San Paolo del Brasile viene contrapposta ad Amsterdam per le infrastrutture urbane, mentre Istanbul e il Randstad vengono accostate per la loro capacità espansiva. Tutti confronti che svelano possibilità e strumenti inattesi. Che accadrebbe se si affrontassero problemi olandesi alla maniera brasiliana, oppure problemi turchi alla maniera olandese?
