È a partire dal nome che lo studio colombiano Paisajes Emergentes offre una chiave di lettura del proprio lavoro. Al collettivo di Medellín interessa l'architettura quando entra in contatto con le energie sommerse della natura per aprire un dialogo che si evolve nel tempo: il paesaggio emergente rimanda a un orizzonte sospeso, qualcosa di inesplorato in attesa di risvegliarsi.

"L'architettura reagisce ai luoghi" è l'affermazione da cui ha origine l'esplorazione: questo perché l'architettura si pone in una condizione di ascolto che la dispone a registrare, non solo le energie latenti del paesaggio, ma anche a costruire un sistema fisico (un dispositivo, si direbbe) che permetta di intercettare le qualità dormienti per 'attivarle' e renderle percepibili. In questa aspirazione, solo l'architettura mostra di avere il potere per dialogare con queste presenze enigmatiche poiché possiede gli strumenti e la scala per interferire con esse.

Ma cos'è il paesaggio per Paisajes Emergentes? Il paesaggio non è una dimensione letteraria da cui trarre gli elementi per una rappresentazione destinata a durare il tempo breve della vita dell'uomo, quanto uno spazio di libertà dove andare alla scoperta delle proprie immagini prime. Nel farsi di questo percorso sono i disegni a raccogliere le immagini 'emergenti' che da lì affiorano per depositarle nella realtà della carta.

Che sia abitata o disabitata, l'architettura per i tre giovani architetti colombiani implica una posizione d'ascolto, la ricerca di un rapporto profondo e diretto con le presenze inascoltate dei luoghi: una ricerca ispirata all'instabilità, al passare del tempo, all'interazione con i tempi lunghi della natura misurata col passo delel ere geologiche o dei movimenti tellurici. Per gli architetti-paesaggisti di Paisajes Emergentes, i fenomeni naturali sono "la materia prima" da cui far emergere il progetto. Se l'architettura, dunque, non è separabile e non può prescindere dai fenomeni naturali e dalle presenze enigmatiche del paesaggio è perché non intende attuare una forma di resistenza; non pretende di erigere un baluardo a difesa del recinto individuato dall'architettura, si predispone piuttosto a una forma di adattamento per includerli nel progetto e farne gli 'attivatori' di un nuovo ecosistema di cui si dispone al centro. Per questo, l'architettura si offre per funzionare da infrastruttura e sostenere l'affiorare di nuovi ecosistemi che non sarebbero in grado di insediarsi autonomamente: un luogo di accoglienza per gli accidenti 'naturali'.

È come se l'architettura avesse recuperato il ricordo della sua sostanza organica per mettere in scena l'aspirazione a una piena fusione con gli elementi della natura, adattandosi ai suoi tempi dilatati, al lento divenire del tempo.

Se ogni progetto nasce da un'osservazione paziente dei caratteri propri dei luoghi, il dialogo con le presenze che popolano il paesaggio si modula su un tipo di linguaggio 'parascientifico', l'unico capace di indicare le leggi per maneggiare la "materia prima" su cui fondare il progetto e che aiuti loro a calcolare la direzione dei venti, le brezze che spirano dalle montagne, la traiettoria delle correnti, l'andamento ritmico delle maree, il fluire dei moti convettivi dell'aria, i fattori atmosferici... Questo linguaggio si costruisce, dunque, pescando nei campi semantici della geologia, della biologia, della meteoreologia,... di quelle discipline che gli architetti di Paisajes Emergentes cercano di far proprie per aprire il discorso dell'architettura e proiettarlo verso territori inesplorati.

L'architettura magica di Paisajes Emergentes, malgrado la coscienza del destino ineluttabile che si propone di mettere in guardia dalla catastrofe ambientale, riconosce la vita intrinseca del paesaggio, popolato da presenze che presidiano il lato invisibile dell'universo, cercando di raccontare le dimensioni parallele praticabili dall'ambiente abitato dall'uomo.

Nei paesaggi allagati, come nei deserti d'acqua descritti da Ballard, l'emersione delle costruzioni umane si profilano misteriose e sospese. Il cielo, al pari del mare o delle praterie a perdita d'occhio, si disperde all'orizzonte alludendo a un futuro ignoto, denso di possibilità.