L'intervento si insedia nella distesa di case unifamiliari che costituisce la fitta trama di una metropoli – il più grande conglomerato urbano del Giappone – connotata come un immenso sobborgo: il disegno del lotto si incunea infatti tra le case del quartiere allineate in una fitta trama, una accanto all'altra, ritagliandosi un unico punto affacciato su strada.

Giacché il sito guarda verso nord e le case a due piani lungo i confini adiacenti si affacciano da sud arrampicandosi su un terreno che si erge più alto, a prima vista sembrava impossibile riuscire a catturare la luce malgrado la richiesta dei committenti – una coppia di coniugi affezionata a questo quartiere – fosse proprio una casa inondata di luce.

A ben guardare la conformazione del tetto rivela la fonte di ispirazione: il disegno ricorderebbe quelle concrezioni calcaree che si formano quando alcuni crostacei chiamati cirripedi si arroccano, colonizzandola, sulla prima superficie stabile incontrata dopo lungo vagare tra i flutti. Questi insediamenti assumono la forma approssimativa di coni con un opercolo in cima, quasi fossero minuscoli vulcani: un asimmetrico cannocchiale calcareo che serve a catturare la luce e proteggere il nucleo più intimo rintanato all'interno. Nello stesso modo, le protuberanze del tetto della casa a Kohoku è come se fuoriuscissero dalla stereometria dell'architettura per catturare la luce e farla piovere all'interno, generando il disegno di strane finestre a forma di cannocchiale volto a evitare l'intrusione di sguardi indiscreti o a proteggere dall'acqua in caso di pioggia. "Poiché la casa è a un unico piano, il disegno del tetto è libero", raccontano gli architetti. "Mettendo a frutto questa libertà, abbiamo considerato interno ed esterno come lati opposti di un unico oggetto. La decisione, inoltre, di usare il cemento armato quale struttura, è servita a capitalizzare il disegno delle pieghe della superficie del tetto, creando un unico spazio libero senza pilastri né muri".

La modulazione del soffitto determina, dunque, la ripartizione dello spazio interno concepito come un unico spazio continuo che si espande e contrae lungo le linee di piega a diverse altezze. Così, in ogni punto della casa, per quanto visivamente separato, i singoli componenti della famiglia possono percepire la presenza degli altri.

Se le linee di piega segnano la distribuzione interna, i piani murari – pareti o soffitti – quali scivoli di luce, inondano lo spazio dei colori e delle sfumature prodotti dal mutare delle ore del giorno e delle stagioni, registrando così il trascorrere del tempo e le trasformazioni della natura: anche le aperture sul tetto riquadrano ritagli di cielo creando uno spazio sottratto al contesto (le case adiacenti, lo sguardo dei vicini) e proiettato altrove, in una dimensione rarefatta e sospesa.