Lo studio aaa (atelier d'architecture autogérée_studio
di architettura autogestita), fondato a Parigi nel 2001,
si propone come organizzazione interdisciplinare
senza scopo di lucro formata da artisti, architetti,
urbanisti, designer del paesaggio, sociologi, studenti
e abitanti della capitale francese. Al centro operano
due architetti/teorici dell'architettura: Constantin
Petcou e Doina Petrescu. Le occasioni in cui Petcou
e Petrescu manifestano chiaramente se stessi o
l'architettura' del loro lavoro sono molto rare, eppure
le loro competenze sono decisive per l'attività di
aaa: scelgono di rimanere invisibili perché il loro
lavoro si emancipi dal rappresentare "semplicemente
l'ennesimo cittadino impegnato", dividendo
la responsabilità per l'ambiente locale e lo spazio
pubblico coi loro vicini. Nel fare questo,
sperano che la comunità ottenga ciò di cui ha
bisogno e che quel qualcosa sia sostenibile.
La critica principale mossa da aaa all'attività
architettonica corrente è il suo approccio "mordi e
fuggi", che affronta solo superficialmente,
quando lo fa, temi sociali e di sostenibilità. Allo stesso
modo, sono critici per quel genere di attività
partecipativa che diventa stereotipata quando subito
istituzionalizzata, traducendosi alla fine in un alibi
per decisioni predeterminate da strutture di potere
esterne. Il loro lavoro, per molti versi, somiglia
all'ethos sociale e alla materialità ad hoc di Rural
Studio (USA), o alle delicate ed effimere soluzioni di
design di muf (UK). La differenza consiste
nell'impegno ad "assumersi la responsabilità diretta
del luogo in cui si vive": in altre parole, i componenti di
aaa lavorano nell'area in cui risiedono. La loro
politica rispecchia quella degli attivisti urbani degli
anni Ottanta. Tuttavia, esaminando più attentamente
il lavoro fin qui svolto, comprendiamo che si tratta
di architettura nel senso migliore del termine in
quanto agisce criticamente nei confronti della pratica
architettonica più convenzionale, ma nel far questo
rivela anche la qualità messa in circolo da architetti
così abili e nello stesso tempo 'invisibili' .
Se si guarda in dettaglio dentro alle immagini del loro
lavoro – non ciò che illustrano ma quello che
significano emerge un giardino (un elemento del
progetto ECObox) realizzato da una comunità urbana
multietnica a basso reddito e priva di rappresentanza
politica. I componenti del gruppo hanno piantato un
giardino temporaneo su un terreno di altissimo valore
immobiliare situato al "livello del suolo" della città, la
quota normalmente occupata da commercio e
istituzioni. Attraverso fori praticati nei muri perimetrali,
ciascuno determina da solo quali aspetti dell'"opera
di giardinaggio" rendere visibili all'esterno: il controllo
sulla visibilità aumenta il senso di proprietà dello
spazio. Pallet in legno riciclato formano il modulo
base del giardino e offrono una comune superficie per
lavorare/camminare, delimitando al tempo stesso le
porzioni che ciascuno ha scelto, riempito di terra e
coltivato. Nell'incorniciare' i diversi appezzamenti, si
crea simultaneamente uno spazio comune: una
manifestazione fisica del funzionamento democratico
di ECObox secondo aaa, ma anche una sottile
risposta progettuale al fatto che l'interesse individuale
è l'unica motivazione per l'impegno collettivo. Col
crescere dell'entusiasmo e delle idee, cresce anche il
bisogno di spazio e infrastrutture che
a sua volta si traduce nella creazione di arredi comuni.
Il processo è fluido, i prodotti (giardino, cucina,
biblioteca, banca degli attrezzi, stazione radio) sono
mobili; concretizzati in forma di oggetto si insediano
solo quando e dove ne è richiesto il bisogno.
Questo è un processo di progettazione architettonica
altamente sostenibile; materiali riciclati sono usati
per creare "strumenti spaziali" agili, flessibili, adeguati
al momento e alla funzione: una "haute couture"
fai-da-te per le classi meno abbienti. Guardando le
immagini di ECObox viene da domandarsi
come può un simile progetto prendere corpo senza la
presenza di un architetto? In effetti è il lavoro
di aaa a portare coerenza e stile all'intero processo.
Anche a piccole dosi, la loro sfumatura di progetto
infonde qualità alle attività e ai prodotti.
Mentre l'esperienza di ECObox andava evolvendo,
Petrescu e Petcou hanno sottilmente mutato e
plasmato i loro ruoli diventando di volta in volta figure
di richiamo, complici part-time, designer, tecnici,
figure di collegamento, critici, mediatori... Hanno
sviluppato un rapporto strutturato professionalmente
e familiare al tempo stesso, un rapporto arricchito
dalle proprie tensioni, delusioni, separazioni e
riunioni. Da insegnanti collaudati sanno che il ritmo
e l'intensità dell'impegno dei residenti con ECObox
è tanto architettonico quanto l'esperienza dei suoi
spazi. In questo modo, aaa lavora allo stesso tempo
con densità e intensità. Il grado con cui si
rendono visibili come architetti è limitato e guidato
da una presa di posizione teoretica consapevole.
Comprendono implicitamente che la loro teoria può
essere informata dalla loro pratica solo se
si pongono in una tranquilla posizione d'osservatori.
ECObox. Dispositivi mobili e tattiche urbane
La partecipazione come congegno di trasformazione di un'area dismessa nel quartiere La Chapelle di Parigi. Progetto Constantin Petcou and Doina Petrescu–aaa (atelier d'architecture autogérée). Testo Ruth Morrow. Foto aaa.
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- 14 novembre 2007