“The Subject Matters”: una lezione a guardare

La mostra “The Subject Matters” alla Galleria Viasaterna di Milano esplora un nuovo modo di guardare, lontano dalla spettacolarità e vicino all’essenza del soggetto.

È difficile avvicinarsi alla fotografia oggi, quando tutta la realtà è passata sotto alla categoria egemone del vedere, che appare l’unica possibilità d’interpretazione del mondo. Oggi la fotografia - e i suoi sviluppi - hanno assunto il ruolo che per secoli è stato della pittura, diventando l’unico linguaggio espressivo della storia e dei suoi protagonisti, trasformati in celebrities offerte a una visibilità senza scampo.

Tuttavia esistono ancora microspazi di resistenza, o se vogliamo aperture di senso, in cui la fotografia si distacca da questo destino apparentemente ineluttabile e prende un’altra strada. Tornando a concentrarsi su quei generi che nella classificazione tradizionale della pittura erano i meno nobili: il paesaggio, la vita quotidiana, la natura morta. Quando questo spostamento accade, la fotografia viene definita “d’autore” e dimostra tutte le sue potenzialità espressive e poetiche. Apparendo come il risultato di scelte che non stanno davanti all’obiettivo ma dietro. Scelte quindi che, come nella pittura di Giorgio Morandi, sono tanto più significative quanto meno il soggetto ritratto è significativo. 

Gerry Johansson, Anaya de Alba, Spain, 2021 © Gerry Johansson, courtesy Viasaterna

“The Subject Matters”, la mostra aperta fino al 4 Aprile alla Galleria Viasaterna di Milano è la dimostrazione di questa esperienza. Curata da Luca Fiore, è un viaggio attraverso temi lontani dalla spettacolarità dove la fotografia diventa il mezzo per sottolineare ciò che spesso passa inosservato, a partire dal titolo. “La lingua inglese, spiega Fiore, “per indicare ciò che si trova davanti all’obiettivo fotografico usa l’espressione ‘the subject matter’. Se però usiamo questa locuzione al plurale, ‘the subject matters’, essa può venire tradotta anche come ‘il soggetto conta”. Se poi consideriamo l’ambiguità della parola ‘subject/soggetto’, c’è anche un terzo modo di intendere questa espressione, nel quale la parola ‘soggetto’ indica la persona che compie un’azione. La scelta dell’autore di concentrarsi su ciò che prima non veniva considerato importante ha, come conseguenza, la nobilitazione di quanto si sarebbe portati a ignorare o disprezzare”.

Vanessa Winship, Frozen Marshland with Tendril, Holmes County, Ohio, U.S.A, 2020 © Vanessa Winship, courtesy Viasaterna e Huxley-Parlour

La mostra mette così alla prova questa intuizione accostando nuclei di lavori di cinque artisti di nazionalità e storie molto diverse. Terri Weifenbach (Stati Uniti, 1957), Vanessa Winship (Regno Unito, 1960), Takashi Homma (Giappone, 1962), Gerry Johansson (Svezia, 1945) e Guido Guidi (Italia, 1941).

Del primo si presentano gli scatti inediti a colori realizzati tra il 2019 e il 2021 nei giardini pubblici di Parigi, foto in cui il visibile pare dissolversi in giochi di luce e colore in cui la natura diventa un sogno indistinto dove solo l’apparizione di un uccello riporta alla fragile realtà. Winship, invece, la prima fotografa donna a vincere il premio Henri Cartier Bresson (2011), ci conduce nel Midwest americano con le immagini tratte dal suo libro Snow. Alberi spogli, capanne isolate, laghi ghiacciati. Immagini fredde e silenziose dove non c’è nessuna “storia”, nessun “eroismo”, nessun “personaggio” ma solo una narrazione diafana, gelata eppure intensissima. 

Guido Guidi, Ronta, 2019 © Guido Guidi, courtesy Viasaterna

Proseguendo arrivano le onde di Homma, il fotografo giapponese ormai famoso per tornare ogni anno sulla stessa spiaggia delle Hawaii a guardare il mare. Anche qui nessun romanticismo né momenti fatali ma solo scatti di momenti insignificanti o forse “non particolarmente decisivi”. Scendendo al piano inferiore s’incontra il lavoro di Johansson in una Spagna impossibile da riconoscere senza didascalie. Scatti in bianco e nero di aspetti marginali, che non dicono nulla salvo nell’insieme, rivelatore di geometrie inaspettate ed equilibri arcani. Il percorso, in qualche modo, non poteva che chiudersi con un tributo inedito a Guido Guidi, uno dei maestri di questo approccio fotografico. Una serie scattata a Chiesuola, in provincia di Latina, dove il vero, unico protagonista è un raggio di luce che si sposta sul pavimento in ore diverse del giorno, trasformandosi in metafora del nostro rapporto con il mondo e lo scorrere del tempo. 

Gerry Johansson, Villaflores, Spain, 2020 © Gerry Johansson, courtesy Viasaterna

Alla fine l’impressione è che The SubjectMatters non sia tanto una mostra quanto una lezione, o meglio un invito, a guardare. Anzi a fermarsi a guardare quegli aspetti che ci sfuggono perché non pensiamo che contino. Fra questi la galleria stessa, una vera sintesi di architettura e design firmata da Flavio Albanese e voluta, nel 2015, da Irene Crocco che ne rappresenta l’anima e il motore. 

By the way, Viasaterna è l’omaggio alla strada immaginaria che Dino Buzzati racconta nelle tavole di Poema a Fumetti (1969). Un libro che celebra un mondo dove sogno e realtà si confondono intrecciando persone, destini, vite grazie all’immaginazione. Proprio come questa Via Saterna, che più che una galleria d’arte è come una delle porte della Venezia di Hugo Pratt, che i veneziani aprono quando sono stanchi di tutto perché sanno che se l’attraversi ti porta altrove.

Immagine di apertura: Takashi Homma, New Waves, 2017 © Takashi Homma, courtesy Viasaterna

Mostra:
The Subject Matters
Dove:
Galleria Viasaterna, Milano
Date:
dal 20 gennaio al 4 aprile 2025

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