Suicoke: “Così abbiamo trasformato il sandalo in calzatura cool”

L’azienda di calzature fondata nel 2006 a Tokyo nel giro di pochi anni ha conquistato un pubblico globale. Coniugando la tradizione del design giapponese con il mercato della moda outdoor e casualwear. 

La gamma di sandali sperimentali di Suicoke riprende le silhouette delle calzature tradizionali giapponesi, dal sandalo “Zori", infradito fatta di paglia di riso o altre fibre naturali tipicamente indossate con il kimono, allo “Jika-tabi”, stivaletto con la suola rivestita in gomma e l’alluce separato dalle altre dita del piede. 

Ad oggi vanta più di trecento negozi nel mondo e il suo successo non è dovuto soltanto all’estetica ma anche alle prestazioni funzionali dei prodotti e alla qualità dei materiali scelti. 

Grazie alle collaborazioni strette negli anni con importanti brand del comparto moda e design come A Bathing Ape, Golf Wang, Needles, Palm Angels e Hay, Suicoke è riuscita a costruirsi una reputazione a livello mondiale. Il segreto del suo successo resta probabilmente nei suoi principi fondativi: funzionalità, eleganza e “giapponesità”. 

Considerato per decenni come un accessorio radicalmente legato all’estetica del brutto, oggi il sandalo diventa un vero e proprio oggetto di culto. «La ‘cattiva’ reputazione che per anni l’ha caratterizzato era dovuta al fatto che in Italia, in particolare, il sandalo era sempre stato visto come la calzatura indossata dal tipico turista anziano, tedesco o americano, che lo indossava assieme al calzino bianco e allo short cargo», racconta Enrico Pasi, EMEA General Director Suicoke.  

Enrico Pasi, direttore generale di Suicoke.

Come si trasforma una calzatura ugly in un accessorio cool? 
Il sandalo è una calzatura che storicamente ritroviamo sin dai tempi antichi dei greci e dei romani, ha una storia importante. Sdoganarlo non è stato facile e ha richiesto del tempo, soprattutto dopo un periodo di stand by in cui abbiamo visto susseguirsi vari trend: la scarpa classica, le sneakers, la sneakers solo ed esclusivamente bianca - mio padre ogni volta che io mettevo un paio di Stan Smith di Adidas mi chiedeva se stavo andando a giocare a tennis. 

Allora quando inizia il processo di “trendizzazione”? 
Quando le persone giuste iniziano ad indossare un certo indumento o calzatura. Ci sono persone che influenzano il mercato indossando un capo in maniera cool, inoltre anche le collaborazioni con altri brand stimolano il consenso collettivo che porta poi alla nascita di un trend. 

Puoi fare qualche altro esempio?
Pensiamo al cappellino “tracker”, quello con la rete dietro, che all’inizio sembrava un accessorio per camionisti, o al jeans stesso che nasce dal work pants. Noi che lavoriamo nel settore siamo abituati a fondere spesso abbigliamento da lavoro (funzionale e pratico) con la moda, nel mercato dei consumatori bisogna avviare un processo di graduale digestione del trend, da fare a step: si parte raccontandone il fascino e si arriva piano piano a tutti, è una piramide. Oggi vedo i ragazzi del liceo uscire da scuola con il sandalo e fino a qualche anno fa non me lo sarei mai aspettato. 

Sandali Suicoke dalla collezione SS21. Courtesy Suicoke

Suicoke nasce come brand “anonimo”, che non punta a nomi di grandi designer. Come mai questa scelta?
Rispondo con una domanda perché qui c’è uno spartiacque: si preferisce puntare alla qualità del prodotto o al nome del designer? Per noi, che siamo un brand giapponese, seguiamo la filosofia orientale e quindi è molto più importante il prodotto. In Giappone ogni cosa deve avere una valenza specifica, sono molto più legati al concetto di funzionalità che è anche il motivo per cui il sandalo per loro è una calzatura a cui non possono rinunciare. Mentre in Occidente la presenza di un designer gioca un ruolo fondamentale, in Asia invece si tende a evitare questo tipo di correlazione perché si corre il rischio di venire identificati subito nel nome del designer stesso, come se ciò che indossi diventasse il manifesto di te stesso. Invece quando indossi Suicoke, un brand senza designer, fai vedere che indossi un prodotto perché è bello, giusto e funzionale per te. Noi siamo un brand, non un designer.  

Qual è stato il prodotto della svolta?  
A mio parere la ciabatta classica “Moto”, il sandalo con la fascia superiore imbottita in tessuto con doppio passante superiore logato con velcro per regolare la calzata, la soletta ergonomica e suola dentellata in gomma. In principio, quando l’abbiamo importata in Europa, non era tra i prodotti più venduti. Il boom è arrivato appunto quando le persone cool, compresi molti rapper, hanno iniziato ad indossarla prepotentemente. Con il lockdown poi, essendo un prodotto molto pratico e comodo da utilizzare sia a casa sia in esterna è diventato un vero e proprio item di molti guardaroba. Il sandalo classico Suicoke in Occidente ha quindi attecchito in un secondo momento soprattutto grazie al progetto con Cecilie Bahnsen che ci ha donato una grande credibilità soprattutto nell’audience femminile. 

...quando indossi Suicoke, un brand senza designer, fai vedere che indossi un prodotto perché è bello, giusto e funzionale per te. Noi siamo un brand, non un designer.

In quanti siete in azienda?
L’azienda ha sede a Tokyo (Ebisu) ed è un gruppo veramente piccolo, siamo circa dieci persone di cui solo due fuori dall’Asia: io a Milano e un’altra persona a New York.

Dove e come viene prodotta Suicoke? 
Le calzature vengono prodotte in Cina perché è il cuore della produzione industriale che tratta materiali tecnici come il nylon e il neoprene. Inoltre ci è comodo quando lavoriamo con i prodotti di Vibram, che fornisce le suole per parecchi modelli dei nostri sandali, poiché uno dei loro HQ è in Cina, anche se la sede cuore rimane ad Albizzate, in provincia di Varese. 

A proposito di Vibram: perché entrambi fate le Five Fingers? 
Le five fingers sono un prodotto di Vibram, disegnate da loro e registrate da loro. Noi siamo sempre stati affascinati dai loro principi di funzionalità e comfort così abbiamo deciso di reinterpretare questo modello che parte proprio dall’idea di indossare una scarpa che permette di avere le dita a contatto con il suolo. La Suicoke è stata progettata con la suola trail (Vibram FF ha diversi tipi di suole) e partendo dalla suola abbiamo disegnato l’upper con il nostro twist e i nostri colori. Lo stivaletto five fingers di Suicoke con Vibram ha la particolarità di avere una chiusura a ganci, nella parte posteriore, che riprende quella delle tabi giapponesi, scarpa che nasce per portare le portantine a mano su strada. 

Sandali Suicoke dalla collezione SS21. Courtesy Suicoke

Secondo te il fatto che sia un oggetto legato alla cultura estetica giapponese può aver influenzato il mercato europeo e i suoi consumatori?
Quando esce un brand nel mercato è necessario che sia importante che sia legato ai valori e alle tradizioni di un determinato paese d’origine per avere successo e per far si che il suo consumatore si riconosca in questa identità. Per Suicoke essere un brand Giapponese è stato fondamentale per uscire dal mercato asiatico ed entrare in quello internazionale. 

E com’è stata tradotta per gli occidentali la cultura giapponese del sandalo? 
Abbiamo dovuto fare delle piccole accortezze per far si che il prodotto si stabilizzasse nel mercato occidentale. Per esempio, abbiamo dovuto rivedere tutte le forme delle scarpe perché ogni popolazione ha una calzata diversa: quella americana non ha la stessa europea ne tantomeno asiatica, gli americani non riuscivano a chiudere la Suicoke all’inizio. In più abbiamo dovuto anche rivedere le colorazioni: mentre in Asia, infatti, si tende ad utilizzare colori neutri come il beige, il grigio o il blu, in Europa funzionano meglio colori più forti o pattern e a volte facciamo cose esclusive per i determinati mercati. Abbiamo quindi adattato i canoni senza stravolgerli. 

Un aspetto che vi caratterizza sono le tante collaborazioni. Puoi citarne tre a cui tenete particolarmente? 
Sicuramente la più recente, quella con HAY, l’azienda di “good” design alla portata di tutti. Abbiamo unito i loro colori al nostro sandalo e il risultato è un prodotto molto elegante, una collaborazione facile, immediata, che ci ha permesso di coinvolgere anche un nuovo pubblico tra i nostri consumatori. Un’altra importante, che uscirà a giugno, è quella con Marsèll, marchio veneto specializzato nella produzione made in Italy di accessori in pelle, Marsèll ha reinterpretato il nostro sandalo utilizzando i loro materiali e il loro know how, il risultato è una calzatura in pelle (con trattamento Metal free), totalmente Made in Italy (il nostro primo prodotto fatto in Italia) con una suola seghettata dalla punta squadrata, realizzata con Eva riciclata. Delle collaborazioni passate citerei sicuramente quella con Palm Angels della Spring Summer 2018, molto indossata dalle celeb. Con Palm Angels il brand è esploso. 

Collaborazioni per il futuro? Ci sono già delle idee?
Noi non siamo mai banali sulle collaborazioni e non abbiamo il focus sul marketing o sulla vendita. A noi piace esplorare e lavorare sempre con qualcuno che da il suo twist al prodotto reinterpretandolo e ci fa conoscere ad un nuovo pubblico. Ci piace intersecare Suicoke con le altre discipline e siamo aperti a ogni forma di collaborazione da questo punto di vista. Se un’offerta è valida, noi siamo sempre disponibili ad aprire nuove strade.  

Domanda finale (e sapevi che sarebbe arrivata): con o senza calzino? 
Anche qui ci sono due fazioni: chi rifiuta completamente il calzino chi invece lo indossa sempre. Io la vedo in maniera neutra e scelgo di indossarlo con o senza in base alle circostanze: se sono al mare, per esempio, a piede nudo; se sono in una città o in un contesto urbano come può essere Milano o Parigi preferisco indossarlo. 

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