La moda fronteggia la pandemia attraverso il racconto

A Milano e Parigi la presenza fisica durante le sfilate è limitatissima, le maison reinventano moduli e convenzioni, forgiando narrazioni e amplificando le ambientazioni dove si presentano le nuove collezioni.

Digital è la parola d’ordine ma anche l’aspetto risolutivo di queste ultime fashion week presentate, per la maggior parte, ancora una volta via streaming. I limiti e le difficoltà imposte dalla pandemia sembrano apparentemente non scalfire il mondo della moda, che scruta il presente e mette in campo per il futuro parole chiave quali uguaglianza, sostenibilità e inclusività.

A Milano la settimana della moda si è aperta il 24 Febbraio con un tributo all’ex Presidente Onorario di CNMI Beppe Modenese scomparso lo scorso novembre, per concludersi l’1 Marzo con la rivoluzione romantica di Valentino che omaggia il patrimonio culturale della città. Nel mentre sono stati trattati temi di estrema attualità, il progetto the “Fab Five - We Are Made In Italy”, sostenuto dal movimento Black Lives Matter, celebra la multiculturalità attraverso la visione di 5 Designer “bipoc” (black, indigenous and people of color). “Designer for the Planet” è stata la stanza telematica ospitata da Camera Nazionale Della Moda che ha presentato 6 talenti emergenti italiani. E ancora attraverso le piattaforme digitali, CNMI ha dedicato ampio spazio agli showroom virtuali, per non interrompere il rapporto tra i marchi e i buyer.

A Parigi invece ci sono stati grandi ritorni e qualche assente. Jil Sander, Lanvin e Anne Demeulemeester hanno sfilato durante la kermesse francese. Margiela, Alexander McQueen e Saint Laurent escono dal calendario. Infine Kenzo, che decide di presentare la collezione il 26 marzo attraverso un Fashion Film.

Attesissimo è stato il debutto di Gabriela Hearst alla direzione creativa di Chloé, che rivela i frutti del suo lavoro durante il centesimo anniversario della nascita di Gaby Aghion, fondatrice della Maison. La Designer s’ispira alla sostenibilità intesa come benessere collettivo creando un guardaroba semplice ed essenziale.

Prada e il concetto di libertà

È una collezione che esplora l’ignoto quella presentata da Miuccia Prada con la co-direzione di Raf Simons; le stampe piene dei tessuti jacquard incontrano il nero profondo e assoluto, volumi ampi e rilassati sovrastano le silhouette aderenti e ancora le “faux fur” vengono contaminate da un gioco irridescente di paillettes.

Da sfondo l’allestimento ideato da Rem Koolhas; in uno scrigno magistrale colori decisi e contrastanti combinati a superfici materiche si miscelano ad una sensazione di attesa e suspance amplificata dai suoni elettronici prodotti dal Dj Richie Hawtin.

I ruoli si capovolgono e contemporaneamente contaminano i generi, s’indaga sulle effettive necessità lasciando spazio alla libertà di movimento; l’ornamento diventa fondamentale nella sua complessità, si tratta di un gioco provocatorio dominato da un’armonia discordante che trasmuta il concetto di bellezza. Nel riflesso di una società discorde che vacilla nell’incertezza del domani Prada suggerisce la possibilità di svincolarsi dai modelli perpetuati finora e di scegliere, nonostante tutto, la libertà individuale. 

Terminato lo show, spazio alla conversazione: protagonisti l’attrice Hunter Schafer, il designer Marc Jacobs, il regista, scrittore e producer Lee Daniel, che insieme a Koolhaas e Hawtin vengono coinvolti da Miuccia Prada e Raf Simons in un dialogo che affronta la pandemia in atto; così Prada indaga la percezione del presente.

Il gesto “punk” di Valentino

La voce della cantante londinese Cosima rimbalza nel buio del Piccolo Teatro di Milano, sulle note di Nothing Compare to you, mentre va in scena Valentino Act Collection.

Riaprire per l’occasione il luogo simbolo della cultura meneghina rappresenta uno spiraglio di luce in un’apatia soffocante; è un gesto di rottura che Piccioli stesso definisce “punk”, quello di inneggiare al sapere in quanto messaggero di libertà intellettuale.

La visione del designer si materializza sulla passerella in una rappresentazione contemporanea e disincantata; i generi si contaminano e il guardaroba diventa fluido, motivi optical geometrici e tagli sovversivi e inaspettati omaggiano Lucio Fontana, il tutto articolato in una palette di contrasti. Il bianco e il nero sono i colori protagonisti della collezione, in una dicotomia costante, parafrasi di luce e tenebre, noto e ignoto, dove sprazzi di oro vacillano in un romanticismo intriso di sensualità nella speranza di una luce perpetua.

La visione spensierata di Loewe

Jonathan Anderson manda letteralmente in stampa la collezione che, accompagnata dal racconto originale “The Affair” della scrittrice Danielle Steel, compare sui maggiori quotidiani mondiali. Acquistando in America il The New York Times, a Londra il The Times, in Spagna El Mundo, in Francia Le Figaro e Le Monde, in Giappone The Asahi Shimbun è stato possibile trovare in allegato la raccolta degli abiti presentati da Loewe per la collezione Fall Winter 21.

Una valida alternativa alla classica sfilata quella proposta da Anderson, che dimostra come anche la più grande fantasia o un pensiero stravangante possa diventare attuale e tangibile attraverso la stampa. Realizzare e conclamare la collezione mediante le pagine del quotidiano, in un certo senso, permette agli abiti di riacquistare valore sociale e coincide con il periodo di democratizzazione che la moda sta esternando in epoche recenti.

In un crossover tra spazio fisico e digitale Loewe presenta abiti felici; in mezzo alle pile dei giornali fanno capolino outfit voluminosi pervasi da colori inebrianti a tratti psichedelici, le stampe geometriche si combinano ad elementi tridimensionali e gli accessori diventano la cornice di una collezione leggera. In pochi attimi Anderson è riuscito a creare un tempo immaginario dove albergano spensieratezza ed allegria.

Versace presenta il Monogram

Versace sfila fuori calendario; “Nonostante viviamo in un’era digitale di immediatezza, prendersi del tempo è fondamentale per creare una connessione autentica. Questo è ciò che il presente e il futuro sembrano per me”, parole di Donatella Versace, che presenta la collezione autunno inverno, per la prima volta in formato digital, durante il quinto giorno della Fashion Week Parigina.

La Maison riparte dal concetto di identità e lo esterna attraverso uno dei suoi più celebri simboli, dopo la Medusa annoverata durante la scorsa Spring Summer, è la volta della Greca che si materializza fino a diventare il dedalo contenitore delle preziose creazioni Versace; la protagonista assoluta di tutta la collezione diventa logo e conquista accessori, abiti e capospalla, compare addirittura sotto la suola delle scarpe e sui revers dei giacconi. In uno spazio geometrico e spigoloso sfilano abiti con una forte identità espressa anche attraverso la palette dei colori che va dai toni mimentici e terrosi alle nuance accese e brillanti come il rosso scarlatto, l’azzurro ceruleo e il luminoso giallo. A concludere l’opera un cast stellare di modelle; le Top Irina Shayk, Bella e Gigi Hadid (che sfila per la prima volta dopo la maternità), Mona Tougaard, Precious Lee e ancora Mica Arganaz e Vittoria Ceretti indossano ed interpretano la collezione. Donatella ribadisce l’importanza della personalità che veste l’abito e a sua volta diventa mezzo espressivo, il guardaroba inteso come modo di essere anche nel caso di Versace si palesa in maniera trasversale e contamina i generi.

La purezza di Jil Sander

In un hotel del Marais in costruzione si ambienta il cortometraggio di Jil Sander; il duo creativo composto da Lucie e Luke Meier ha rappresentato un’intensa introspezione rispetto al periodo storico contemporaneo.

È una sorta di bussola che agevola l’orientamento affinchè le persone siano al passo con la pandemia e si evolvano esclusivamente secondo un benessere individuale. Jil Sander propone un guardaroba comodo e sofisticato; giacche con richiami al mondo maschile s’incontrano con la voluttuosità dei tessuti, i plissè e le pinces conferiscono tridimensionalità scultorea alla collezione mentre pellami e drappeggi volteggiano tra le forme più pure.

Una collezione stratificata a suon di linee essenziali con dei velati riferimenti clinici scanditi dal subconscio, lo stesso Luke racconta che solo dopo aver realizzato i guanti per la collezione li ha associati all’idea sterile di schivare il contatto diretto. Grande importanza per gli accessori che catalizzano l’attenzione ed impreziosiscono gli outfit, i collier e i maxi orecchini in silver, gold e madreperla infondono alla visione di Jil Sander un’allure principesca. I toni pacati e mansueti che si sovrappongono in un layering di tessuti e forme concorrono alla percezione di estrema tranquillità e pace interiore che si ritrova nell’essenza intima dell’animo umano.

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