Erewhon, il supermercato che è un progetto estetico totale

A Los Angeles, l’architettura, la luce e la disposizione dello spazio trasformano il gesto del consumo in una forma di linguaggio e di status: un manifesto del lusso contemporaneo costruito attraverso l’esperienza visiva.

Erewhon è un supermercato, ma chiamarlo supermercato è come chiamare Cartier un negozio di orologi. Tecnicamente vero, sostanzialmente fuorviante. Erewhon è un fenomeno culturale, un distintivo sociale, un set cinematografico dove la scenografia sono le corsie e gli attori sono i clienti. Nessuno va solo a fare la spesa. Si va per essere visti mentre si fa la spesa.

Il nome è un anagramma di Nowhere, da nessuna parte. Viene da un romanzo satirico del 1872 di Samuel Butler che descriveva un mondo distopico. L’ironia è calzante. Perché Erewhon oggi è esattamente questo: un luogo che esiste e non esiste, un posto che si trova a Los Angeles ma potrebbe esistere ovunque il denaro si concentri abbastanza da trasformare il cibo in status. Un mondo dove le regole normali non valgono, dove ventidue dollari per una bottiglia d’acqua con super ossigeno sono ok.

La tiktoker Alyssa Antoci assaggia la fragola da 19 dollari di Erewhon. Crediti: alyssa antocii/Tiktok

Butler scriveva di un mondo alla rovescia, dove le convenzioni sociali erano ribaltate. Erewhon oggi non è così diverso. È un posto dove il normale diventa lusso, dove il lusso diventa necessità, dove la necessità diventa identità. Un anagramma perfetto di nowhere che esiste in un posto molto preciso e che dice qualcosa di molto chiaro su dove siamo arrivati.

Erewhon oggi è un mondo dove le regole normali non valgono, dove ventidue dollari per una bottiglia d’acqua con super ossigeno sono ok.

L’hanno fondato Michio e Aveline Kushi, due pionieri della macrobiotica, negli anni Sessanta. L’idea era rendere il cibo macrobiotico accessibile, democratizzare un certo tipo di alimentazione. Quella parola, accessibile, oggi stona. Erewhon è diventato l’opposto di accessibile. È diventato glitz’n’glam, come dicono a Los Angeles quando vogliono dire scintillante e costoso ma con discrezione. Nessun logo in evidenza, tutto in stile quiet luxury.

Frutta e verdura sui banconi di Erewhon. Foto di Hannah su Adobe Stock

Gli scaffali sono curati nel dettaglio. Nessun brand commerciale troppo evidente, nessuna confezione che tradisca l’estetica. I prodotti sono biologici, organici, sostenibili. Parole che una volta significavano qualcosa e che adesso significano soprattutto costoso. La filosofia aziendale esclude conservanti artificiali, coloranti sintetici, organismi geneticamente modificati. Standard rigorosi che giustificano prezzi superiori del venti-quaranta percento rispetto ai supermercati tradizionali. A volte molto di più.

Ci sono cerotti energizzanti. Acqua con super ossigeno da ventidue dollari. Vaporizzatori da spruzzare sul cuscino per stimolare il nervo vago. Ogni tipo di prodotto per quello che su internet chiamano almond girl.

Credi nell’acqua ossigenata? La scienza dice che non serve a niente, ma a Erewhon non si compra per quello che dice la scienza. Si compra per quello che dice il prezzo.

Perché il prezzo assurdo è parte dell’appeal. Più costa, più diventa desiderabile. È un paradosso che il marketing conosce da sempre, ma che qui raggiunge la purezza della formula matematica.

I clienti si chiamano erewhonians. Hanno sviluppato rituali. Pianificano gli outfit sapendo che potrebbero essere fotografati dai paparazzi o finire nella diretta di qualche influencer. C’è il servizio gratuito di ritiro e parcheggio dell’auto all’arrivo. Non devi preoccuparti di trovare posto: qualcuno lo fa per te. È un dettaglio piccolo che comunica qualcosa di grande — qui non ci sono seccature ordinarie. Qui sei protetto dalle banalità della vita normale.

Sabrina Carpenter posa con lo "Short n' Sweet" smoothie di Erewhon da 23 dollari. Crediti: Sabrina Carpenter / Instagram

Sui social, Erewhon è diventato oggetto di ossessione mediatica. Ci sono video che documentano ogni dettaglio dell’esperienza, dal parcheggio agli scaffali, fino ad analisi meticolose dei prezzi, persino lamentele di chi non ha ricevuto gli omaggi che altri hanno trovato al ritiro dell’auto. Il supermercato si è trasformato in contenuto infinito, in caso di studio virale dove ognuno può posizionarsi: ammirare, deridere, o semplicemente guardare affascinato questo teatro del consumo contemporaneo.

Erewhon, il romanzo satirico di Samuel Butler da cui prende il nome il supermercato statunitense

Los Angeles è il posto perfetto per questo fenomeno. Una città costruita sull’apparenza, dove la realtà è sempre stata negoziale. Dove il corpo è un progetto, la salute è un’estetica, il benessere è un brand. Erewhon è la conseguenza logica di una cultura che ha trasformato il mangiare in identità e l’identità in contenuto.

Non sei quello che mangi. Sei cosa compri, e dove.

Immagine di apertura: courtesy Erewhon

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