4 luglio 2022: va in scena Amleto. Fin qui, nulla di strano. Accade più o meno ininterrottamente dal 1600 circa.
Dietro questa particolare rappresentazione dell’arcinoto dramma di Shakespeare ci sono due amici inglesi, Sam Crane e Mark Oosterveen. Anche qui, nulla di insolito: tutti amano Amleto, ma i britannici hanno una vera fissazione per il principe di Danimarca.
Luogo della rappresentazione: Los Santos.
No.
Aspetta.
Los Santos?
Ebbene sì: la città moooooolto simile a Los Angeles (c’è perfino un quartiere che è un simil-Pacific Palisades) che fa da sfondo a GTA V, uno dei videogiochi più venduti, più discussi, più amati e più odiati della storia.
Grand Theft Hamlet è stata la prima rappresentazione dell’Amleto di Shakespeare all’interno di un videogioco. Più precisamente, dentro GTA Online, la versione multiplayer di GTA V: uno spazio urbano virtuale dove giocatori di tutto il mondo si ritrovano per divertirsi—il che, solitamente, significa rapine a mano armata, omicidi su commissione e qualche giro nei nightclub. Un mondo che Rockstar North, studio scozzese di sviluppo, ha costruito come una caricatura e un’accelerazione del volto più crudo e grottesco degli Stati Uniti. Los Santos, “a place of super capitalism”, come dice un personaggio nel film.
Los Santos: la città del teatro (e del crimine)
Mentre fuggono da una rapina, Crane e Oosterveen si arrampicano su una collina per seminare la polizia e scoprono un enorme anfiteatro. Da lì, l’idea: mettere in scena Amleto in GTA Online. È il pieno del Covid, i teatri sono chiusi, gli attori sono senza lavoro. Sono mesi strani, quelli in cui ci convincono che gli NFT e il Metaverso siano idee intelligenti. I mondi virtuali diventano essenziali per chi è isolato. E allora, perché non sfruttarli per fare teatro? Ai tempi di Shakespeare, la peste aveva già costretto a chiudere i teatri. Ma a Los Santos tutto è possibile.
Un’idea folle e bellissima, raccontata nel documentario Grand Theft Hamlet, distribuito da Mubi e girato interamente dentro GTA. Le voci sono vere, ma non ci sono corpi in carne e ossa: solo avatar che si muovono per Los Santos, una città che alcuni conoscono meglio di casa loro, altri per niente. Basti sapere che è violenta e che gli scorci sono incredibili. Tutto diventa scenografia: gli yacht e i dirigibili, i bar e la spiaggia.

Lo spettacolo ha vinto il prestigioso Stage Award per l’innovazione nel 2023; il documentario sta facendo ancora meglio, raccogliendo successi nei festival e guadagnandosi una candidatura ai Bafta 2025, gli Oscar britannici. Ha generato dibattito su testate molto diverse tra loro: Guardian, New York Times, The Verge, Polygon, New Yorker, fino a riviste di cinema e teatro come Roger Ebert, Vulture e BroadwayWorld.
Le voci sono vere, ma non ci sono corpi in carne e ossa: solo avatar che si muovono per Los Santos, una città che alcuni conoscono meglio di casa loro, altri per niente.
Ma Grand Theft Hamlet cos’è, esattamente? È ancora teatro, se manca il corpo umano? È una tragedia? O forse un genere nuovo?
In fondo, da anni guardare i videogiochi—non giocarli, guardarli—è una delle attività più popolari online. C’è perfino una piattaforma dedicata, Twitch. Non era forse inevitabile che tutto questo evolvesse? Abbiamo sottovalutato il potenziale dei videogiochi? E comunque, non è già straordinario il solo fatto di voler resistere all’ultraviolenza che permea il mondo di gioco per creare qualcosa di diverso, per fare dell’arte?
Un’idea folle e bellissima
Il film parte in modo slegato, quasi straniante, ma cresce come un’onda. Racconta le tragicomiche difficoltà di mettere in piedi uno spettacolo teatrale in un contesto completamente alieno. “We come across people that want to help us and we don’t know them and this gives me hope”, dice uno dei protagonisti. Gli incontri sono memorabili: Dollah101, l’eroe designato che poi si ritira per una parte minore; DjPhil, una donna che usa l’avatar del nipote per partecipare; ParTebMosMir, una creatura con un costume da rettile che recita il Corano durante l’audizione e finisce a fare la security, difendendo la compagnia dagli attacchi. Ma questo non impedirà ai giocatori di morire svariate volte durante le prove. Alla fine, però, lo spettacolo si fa.

E così Grand Theft Hamlet si carica di una poesia nuova, inaspettata. C’è una lite tra Sam Crane e sua moglie Pinny Grylls (che è anche co-regista del film): un litigio vero, ma messo in scena dentro il gioco, con una piccola folla che assiste mentre si urlano contro. C’è un monologo finale, recitato davanti alla Los Santos più imponente, crudele, scolorita dalle piogge e bruciata dal sole, già vecchia, come una cartolina di un mondo digitale che milioni di persone abitano e poi dimenticano ogni giorno. “The combination of absolute stunning beauty and grotesque and horrible, horrible violence as well.”
E poi c’è quel monologo, to be or not to be, il singolo pezzo di teatro più famoso di sempre, che viene provato ovunque: su un tetto, su uno scoglio, nei luoghi più impossibili. Ma la versione più potente avviene in un bar malfamato, dove la polizia irrompe e ammazza tutti.

Or not to be?
Wasted. Massacrato! La scritta che occupa tutto lo schermo quando muori in GTA. Ma cos’è Amleto, se non un massacro in cui—per farla breve—muoiono tutti? “Shakespeare is so brutal”, dicono i protagonisti. Solo che nel videogioco si muore e si rinasce, ancora e ancora. È la morte portata all’estremo e, al tempo stesso, svuotata di significato.
E quando, quel 4 luglio 2022, la rappresentazione si conclude, i giocatori fanno finalmente quello che per tutto il tempo hanno evitato: si ammazzano tra di loro.
E poi vanno a festeggiare.
Dal 21 febbraio, Grand Theft Hamlet è disponibile in streaming su Mubi