Aspettando “The Third Summer of Love”

I film di Wu Tsang, Josh Blaaberg e Jeremy Deller, in anteprima italiana al Centro Pecci di Prato, raccontano fenomeni che a partire dalla musica hanno generato e caratterizzato le contro-culture giovanili degli ultimi 30 anni.

Wu Tsang, Into a Space of Love, 2018 (video still). Commissionato e prodotto da Frieze e Gucci. Courtesy l’artista

Tre film sono stati commissionati e prodotti da Frieze Studios e Gucci per celebraree raccontare la Second Summer of Love a 30 anni di distanza. Nell’era dell’auto-proclamata “Guccification” l’attuale direzione artistica della famosa casa di moda, dopo aver dedicato una delle sue ultime campagne ai moti del 1968, incontra l’arte contemporanea e continua a osservare la cultura dei giovani e le sue contaminazioni con la massa.

Josh Blaaberg, Distant Planet, 2018 (video still). Commissionato e prodotto da Frieze e Gucci. Courtesy l’artista
Josh Blaaberg, Distant Planet, 2018 (video still). Commissionato e prodotto da Frieze e Gucci. Courtesy l’artista

La prima Summer of Love si è svolta a San Francisco nel 1967, quando centomila persone si sono riunite per decantare un’idea di amore in grado di convogliare le voci della contro-cultura hippie. La Second Summer of Love è accaduta tra il 1988 e il 1989 in Inghilterra, quando gruppi di giovani si recavano nei capannoni abbandonati per partecipare a rave clandestini, dove i battiti dell’acid-house music si accompagnavano a estasi spontanee o indotte. Nemmeno le retate della polizia che, sotto i dettami del conservatorismo thatcheriano cercava di contenere il fenomeno, furono in grado di arrestare quest’ondata di emozioni.

Dopo 30 anni, Jeremy Deller, testimone diretto, decide di presentare la sua visione della storia a chi non l’ha vissuta. L’artista s’intromette in una classe di una scuola superiore di Londra e racconta la genesi e gli sviluppi dell’acid-house music. Deller espone foto e filmati del tempo mettendo in relazione i rave party con la rivoluzione industriale, gli scioperi dei minatori e altri contesti politico-sociali. Il film Everybody in The Place: An Incomplete History of Britain 1984-1992 è la documentazione di questo incontro tra Deller e un gruppo di giovani del 2018, figli della globalizzazione e del multiculturalismo. Quello che viene ripreso dalla telecamera è un atto performativo e i ragazzi, filmati nel loro quotidiano apparire, non solo ascoltano le parole di Deller, ma sono portavoce di citazioni di Karl Marx e compositori di beat elettronici. Attraverso domande spontanee e una struttura narrativa indotta, la classe scopre un’era in cui si poteva ballare senza riprendere e essere ripresi. Sembra esserci una lunga distanza con quel tempo in cui la compartecipazione effettiva del momento rendeva politico l’incontro di una moltitudine di individui.

Nel film Into a Space of Love Wu Tsang punta invece il suo sguardo su New York e dà voce ai protagonisti della comunità queerblack delle discoteche. La narrazione si perde in un costante alternarsi tra presente, passato e futuro. I club e la città di New York sono uno spazio di amore; ma amore vuol dire anche sofferenza e lotta. Il presentatore di una radio locale e una figura femminile contornata da schermi e tecnologia sono i traghettatori verso questa dimensione tra pubblico e privato. Entrambi mettono sotto accusa la posizione dello spettatore bianco che osserva e monetizza i corpi e i movimenti di chi ha sofferto e ha trovato nella pista da ballo il proprio campo di battaglia. Per entrare nell’intimità degli spazi, la telecamera attraversa decorazioni di fili argentati ricordando una scena del film Puce Moment di Kenneth Anger, precedente osservatore della spiritualità occulta dei movimenti giovanili. C’è un dentro e un fuori e, attraversato il confine, gli eredi e i sopravvissuti della notte raccontano le loro storie personali. La loro voce arriva diretta, mostrando una passione non lontana dalla spiritualità religiosa.

Infine, Distant Planet: The Six Chapters of Simona di Josh Blaaberg ci catapulta nell’irrealtà dell’Italo-disco, quel fenomeno d’illusione, evasione ed evanescenza che è realmente accaduto, ma sfugge a ogni possibile razionalizzazione. Si tratta di una storia italiana che sintetizza la necessità di fuga dalla distruzione terroristica degli anni Settanta per aspirare alla messa in scena di un futuro in cui perdersi per dimenticare. Alcuni anni fa, l’artista italiana Chiara Fumai ci aveva messo in guardia sulle ripercussioni della finzione dell’Italo disco, ma ancora oggi non riusciamo a staccarci dalla sua forza ammaliatrice. La narrazione di Blaaberg si serve di diversi registri cinematografici: dal documentario alla fantascienza, per far rivivere a degli “eroi ritrovati” (Simona Zanini, Fred Ventura, Alberto Stylòo e Francesco Rago) l’illusione dell’immortalità.

Inghilterra, New York, Italia. Non a caso sono passati tre decenni anche dall’apertura del Centro Pecci e le pulsioni della Second Summer of Love battono forti nella mostra “Il Museo Immaginato. Trent’anni di Centro Pecci”Uscendo dalla sala di proiezione, la storia del museo si mischia con le immagini evocate dai tre film. Il sentimento nostalgico del mitico passato degli anni Ottanta si confonde con l’ansia disillusa sul futuro e quel che resta è la voglia di un’imminente Third Summer of Love.

Titolo mostra:
Second Summer of Love
Film di:
Wu Tsang, Josh Blaaberg, Jeremy Deller
Commissionati e prodotti da:
Gucci e Frieze
Luogo:
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Indirizzo:
Viale della Repubblica 277, Prato
Date di apertura:
6 – 25 novembre 2018

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