Sette, uno, quattro

Francesco Arena ha realizzato tre progetti per i tre spazi della Galleria Raffaella Cortese: opere molto diverse che condividono l’idea del taglio e riflettono sul concetto di monumento.

Francesco Arena, “sette, uno, quattro”, 2015, Vista dell’installazione alla Galleria Raffaella Cortese, Milano
La Galleria Raffaella Cortese apre la stagione con una mostra di Francesco Arena, che interviene nei tre spazi espostivi: al numero 1 sono in mostra tre sculture in bronzo lucidato, autoritratti dell’artista in cui viene sottolineata la lunghezza della sua barba dopo 57, 110 e 210 giorni di crescita.
Il trascorrere del tempo è un elemento che ritorna spesso nella poetica di Arena e che in molti casi rimanda all’immaginario dell’artista o a eventi storici che hanno segnato il nostro passato recente. Nello specifico, 57 sono i giorni tra i due attentati di Capaci e via D’Amelio; 110 giorni è la durata dell’ultimo soggiorno di Nietzsche a Torino; 210 i giorni corrispondenti alla durata della prima guerra del Golfo.
Francesco Arena, “sette, uno, quattro”, 2015, Vista dell’installazione alla Galleria Raffaella Cortese, Milano
Francesco Arena, “sette, uno, quattro”, 2015, Vista dell’installazione alla Galleria Raffaella Cortese, Milano

Lo spazio al numero 4 è diviso da una nuova parete che crea due locali separati. In ognuno dei due locali è presente solo una lastra di granito, incastonata a un’altezza di 2 m e 30 cm. Sulla lastra è incisa una scritta tratta da un pensiero di Susan Sontag (unremitting banality and inconceivable terror). In questa definizione – “interminabile banalità” e “inconcepibile terrore” – l’intellettuale americana sintetizza e profetizza la descrizione della nostra epoca. Francesco Arena dà forma al concetto espresso da Sontag attraverso questa scultura che divide e unisce al contempo i due ambienti dello spazio espositivo.

Infine, al n. 7 è ospitata un’installazione composta da numerose sculture in DAS, realizzate a mano da Arena, che rappresentano i 57 angoli e i 58 spigoli presenti nella sua casa pugliese. Ciascun angolo o spigolo è composto da tre segmenti.

La somma della lunghezza di questi segmenti moltiplicata per il numero degli angoli e degli spigoli ha come risultato 91 metri che è la somma dell’altezza dei due Buddha di Bamiyan distrutti dai talebani nel 2001. L’utilizzo del DAS, materiale che si modella con le mani e che non va cotto, è un riferimento alle macerie delle sculture afghane, dalla mano dell’uomo costruite e distrutte.

Francesco Arena, “sette, uno, quattro”, 2015, Vista dell’installazione alla Galleria Raffaella Cortese, Milano
Francesco Arena, “sette, uno, quattro”, 2015, Vista dell’installazione alla Galleria Raffaella Cortese, Milano

Le tre opere condividono il concetto di taglio (nella tacca che segna la lunghezza della barba nelle sculture di bronzo, il taglio nel muro in cui è installata la lapide e l’idea di frazionamento degli spazi insita per natura negli spigoli e negli angoli) e un costante riferimento temporale (i giorni che passano nella crescita della barba; il tempo descritto dalla Sontag e l’eternità, purtroppo distrutta, delle sculture dei Buddha).

Inoltre i tre lavori sono una riflessione sul concetto di monumento, che da sempre interessa all’artista, una riflessione sul suo essere e sulla sua funzione, partendo dai materiali usati e dal continuo gioco di rimandi tra la sua storia personale e la storia universale che tutti noi conosciamo.

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