Francis Alÿs: Reel-Unreel

Al MADRE la personale di Francis Alÿs presenta in anteprima internazionale l’insieme dei lavori prodotti dall’artista belga in vari luoghi dell’Afghanistan, dal 2010 al 2014.

Il Museo d’Arte contemporanea Donna Regina di Napoli ospita una mostra personale di Francis Alÿs (1959, Anversa, Belgio) presentando in anteprima internazionale l’insieme dei lavori prodotti da Alÿs in vari luoghi dell’Afghanistan, dal 2010 al 2014, posti in relazione in mostra ad alcune delle più celebri opere dell’artista.

Prodotto nel 2011 in occasione di Documenta, Reel-Unreel rappresenta non solo il fulcro della mostra del MADRE ma anche il culmine emblematico della pratica artistica di Alÿs: sia per la sua radicale reinvenzione e riproposta del medium adottato, in questo caso il cinema, sia per la sua matrice performativa ed anche, infine, per la sua unione fra impegno critico ed esperienza estetica.

In apertura e sopra: Francis Alÿs, Reel-Unreel, in collaborazione con Julien Devaux e Ajmal Maiwandi. Video documentazione di un'azione. Photo: Ajmal Maiwandi, 2011

Il titolo fa riferimento all’azione presentata nel video (due ragazzi che “arrotolano e srotolano” per le strade dell’antica capitale afghana Kabul, due bobine di pellicola cinematografica) ed alla pellicola stessa che “si svolge e riavvolge” nel proiettore cinematografico, anche se in italiano si perde l’assonanza fra i termini reel/real (“reale”) e unreel/unreal (“irreale”), adottata dall’artista per indicare le conoscenza parziale, o appunto irreale, da parte dell’Occidente della realtà culturale, politica e socioeconomica Afghanistan contemporaneo.

Francis Alÿs, Untitled, studio per Reel-Unreel , penna e matita su carta, 27.9 x 21.5 cm

Ispirato al classico gioco da strada del cerchio o della ruota, un tempo diffuso anche in Europa e ancora comune tra i ragazzi in Afghanistan, il gesto di far rotolare un cerchio (o una ruota) è un esercizio di destrezza che consiste nel farlo rotolare per il maggior tempo possibile, senza che cada, con l’aiuto di un pezzo di legno.

Francis Alÿs, Reel-Unreel, in collaborazione con Julien Devaux e Ajmal Maiwandi. Video documentazione di un'azione. Photo: Ajmal Maiwandi, 2011

Nella versione di Alÿs il cerchio è rimpiazzato da una bobina cinematografica: un gruppo di ragazzi segue incuriosito lo srotolamento della bobina lungo le strade di Kabul, attraverso il centro storico, l’area del bazar, le banchine lungo fiume, i cumuli di spazzatura, le macerie di edifici distrutti dalla guerra, fino alle colline che guardano dall'alto la città, negli ultimi decenni divenuta meta di una massiccia emigrazione interna che ha generato sulle colline intorno al centro un babelico intrico di baracche e case di fortuna. Il ragazzo che srotola la pellicola traccia un percorso, immediatamente contraddetto da un suo coetaneo, che lo segue a distanza, intento a riavvolgere la pellicola ad un’altra bobina, come avviene in un proiettore cinematografico.

rancis Alÿs, Reel-Unreel, in collaborazione con Julien Devaux e Ajmal Maiwandi. Video documentazione di un'azione. Photo: Ajmal Maiwandi, 2011

L’intera città di Kabul è in questo modo trasformata in un set cinematografico improvvisato, e il gesto stesso del giocare nella proiezione di un film tridimensionale che, coprendosi di polvere e detriti, reca con sé, nell’impressione materica della pellicola, la molteplice memoria di una comunità sospesa fra disintegrazione e ricostruzione, memoria e oblio, passato e futuro, dramma e gioco. Analogamente ad altre opere dell’artista, Reel-Unreel allude a una dicotomia, da una parte il gesto di srotolare e dall'altro quello di arrotolare, che corrisponde, nel gioioso sovvertimento di ogni regola urbana (check-point ignorati, regole di comportamento disattese), alla creazione di una narrazione alternativa della città di Kabul che fa saltare il contrasto fra l’immagine reale e quella irreale dell’Afghanistan contemporaneo, “arrotolato e srotolato” ad uso e consumo dei media occidentali secondo agende giornalistiche, politiche e socio-economiche che dall’esterno hanno storicamente influenzato, da secoli, e continuano a influenzare, la nostra conoscenza di questo paese, per altro mai veramente compreso dagli occidentali.

Francis Alÿs, Untitledl, studio per Reel-Unreel, olio su cartolina stampata, 22.5 x 22.5 cm, 2012

Come tutti i lavori di Alÿs, anche Reel-Unreel trova il suo punto fondante su un’azione performativa apparentemente inutile, quella rappresentata nel film (un gioco di ragazzi che prendono temporaneamente possesso delle strade della loro città). Dal video hanno origine una pluralità di altre opere – animazioni, pitture, disegni, collage, cartoline, documenti e una serie “oggetti effimeri”, tutte esposte nella sale al secondo piano del MADRE – che costituiscono quelli che l’artista definisce i “Progetti afgani”, configurati nel loro insieme come uno storyboard, o un archivio, la cui struttura documentaria e narrativa ricorda un diario di viaggio realizzato per immagini e annotazioni, nel quale sono appuntati pensieri e memorie, idee e ricordi, incontri e suggestioni, interpretazioni e progetti.

Francis Alÿs, Untitled, studio per Reel-Unreel, olio su cartolina, 13 x 17 cm, 2011-2012


Fino al 22 settembre 2014
Francis Alÿs
Reel-Unreel (Afghan Projects, 2010-14
)
a cura di Andrea Viliani, Eugenio Viola
in collaborazione con Centre for Contemporary Art Ujazdowski Castle, Varsavia
MADRE
Via Settembrini 79, Napoli