Tutto è paesaggio

A Bologna una mostra fotografica collettiva racconta il punto di vista di undici artisti sul rapporto tra l'ambiente di vita collettiva e le singole identità degli abitanti.

Il titolo della mostra fotografica allestita negli spazi di duepuntilab a Bologna, “Tutto è paesaggio”, richiama la convenzione sottoscritta nel 2000 da tutti i paesi europei per sancire la necessità di prendersi cura degli spazi e dei luoghi dove viviamo ogni giorno, per sentirli nostri e riscattarli dall’incuria.

Glasgow nel 1969 sembrava una città uscita da poco dalla guerra, piena di rovine, di vecchie rotaie e di nuovi viadotti. Così ci appare nel ritratto che ne faceva un giovane studente di architettura, proprio mentre decideva di prendere la strada che l’avrebbe portato a diventare Gabriele Basilico, uno dei maggiori fotografi italiani ed europei. I paesaggi urbani, nella nostra esperienza quotidiana, convivono con quelli interiori. Tra questi, i più taglienti e luminosi, come il ghiaccio, come i riflessi del sole negli occhi, sono i ricordi d’infanzia: i giornalini a fumetti, i personaggi delle favole che ci raccontavano, le giostre e i cavalli a dondolo dove ci portavano (Betty Zanelli).

In apertura: Fabio Mantovani, Australia, Melbourne, 2013 stampa chimica a colori, cm. 40 x 60, ed.1/3 (dettagio). Sopra: Giovanni Zaffagnini, SIP e Bus, San Lazzaro di Savena, 2006, stampa da negativo, cm. 25x25, ed. 1/5 (dettaglio)

Si possono fotografare i sentimenti legati a emozioni così lontane? Si possono fotografare i legami persistenti – oppure recisi e poi ricostruiti – con i luoghi dove siamo stati, o passati; il tormento e l’estasi delle memorie familiari (Mili Romano)? In un certo senso, sì. Lo si può fare dando vita e risalto a figure, oggetti, spazi più o meno soffusi di irrealtà: specchiere, poltrone e vecchi salotti. Alla fin fine questi sono paesaggi anche più indelebili di quelli che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno, che sembrano scivolare via dalla nostra coscienza, per la loro banalità, ordinarietà, anche bruttezza: come gli sguardi che gettiamo intorno, quando stiamo, indolenti o affannati, nell’attesa di un autobus (Giovanni Zaffagnini). Ma molto spesso è proprio quando osserviamo sopra pensiero i particolari di un muro, che dialoghiamo con noi stessi in profondità (Michele Buda): riemergono pensieri nascosti negli abissi del nostro io, e anche questi formano la percezione dell’habitat in cui viviamo.

Mili Romano, Crossing, 2002, stampa fotografica analogica montata su alluminio, cm. 30 x 40, ed. 1/3

Tutto è paesaggio, afferma fin dal 2000 un’importante convenzione sottoscritta da tutti i paesi europei. Che ci esorta a prendere cura degli spazi e dei luoghi dove viviamo ogni giorno, a sentirli e a renderli nostri, non qualsiasi. Ci spinge a fare questo, oltre a tutelare e valorizzare i monumenti, le eccellenze. Ma in Italia, paese dei monumenti e delle eccellenze, e al tempo stesso paese così carente di una cultura dello spazio pubblico e del bene comune, in Italia questi atteggiamenti e queste pratiche sono più rari che altrove, sommersi da un mare di indifferenza e individualismo.

A sinistra: Marco Bucchieri, Blue City Limits 3, 2010, c-print, cm. 75x50, ed. 1/3. A destra: Marco Bucchieri, Blue City Limits 6, 2011, c-print, cm. 75x50, ed. 1/3

Ci sono tanti modi per reagire. Possiamo farlo ad esempio chiedendoci senza autocensure come può coesistere il giudizio politico che diamo su certi momenti della storia nazionale, con le microstorie familiari e personali (William Guerrieri). Anche queste riflessioni c’entrano con la nostra idea di paesaggio, con il suo formarsi e con la costruzione della nostra identità. Un’identità che vive in una continua oscillazione tra il desiderio di fuga e di infinito, di viaggio e di altrove, di nuvole e sogno (Marina Mentoni), e il rimpianto per il luoghi che lasciamo, che ci assale già al momento in cui ce ne separiamo o quando li guardiamo stando in piedi dietro una tenda nel vano della finestra (Marco Bucchieri). Un’identità che a volte ci sembra minacciata dall’evidenza-invadenza di un ambiente urbano sempre più denso e pervasivo, a volte freddo e ostile ma tuttavia affascinante (Fabio Mantovani); altre volte enigmatico, e percorso di riflessioni – le nostre – intime e silenziose (Giovanni Hänninen); dove emergono, per salvarci, i volti delle persone che amiamo, che riconosciamo come compagni di viaggio (Matilde Piazzi): e sono proprio questi volti a dare il tocco finale al nostro sentimento del paesaggio.

A sinistra: Gabriele Basilico, <i>Glasgow 1969</i>, 1969, stampa ai sali di argento del 2013, cm. 38x25. A destra: Michele Buda, <i>BN875, Racale</i>, 2008, 2010 – anno di stampa, giclée fine art print, cm. 60 x 75, ed. 2/5 (+ 2 p.a.)
William Guerrieri,<i>Piacenza, Liceo Respighi</i>, 2005, stampa lambda, cm. 36x29.5, ed. 2/8
Giovanni Hänninen, <i>Lousiana trees</i>, 2012, Denmark, stampa su carta cotone Hahnemuhle ad opera dell’autore, tiratura 1/15
Betty Zanelli, <i>The Luna Park Series, The Green Lion</i>, 2010, stampa digitale su carta fotografica, cm.20 x 30, ed.1/5
Marina Mentoni, <i>Munich-Ancona 2/2</i>, 2009, Stampa digitale su carta fotografica, cm. 30 x 45, ed. 1/3


Dal 14 al 23 febbraio 2014
Tutto è paesaggio
a cura di Piero Orlandi
promossa da Spazio Lavì e duepuntilab
duepuntilab
via Solferino 19, Bologna