Si arriva al cantiere a retromarcia. Un modo di andare controsenso ma non troppo. I vigili capiranno. Puoi sempre dire che hai sbagliato civico. Davanti a un portoncino imbrattato posteggio in doppia fila e c'è un uomo tracagnotto che parla di calcio e guarda le macchine. In sostanza le protegge dai signori dei grattini. Le incastra. Le sposta. Conserva uno stallo ballerino e fa il gioco delle tre carte. Piccolo cantiere. Ma pieno di devozione. Un unico vano sul marciapiede. Tra due tigli, un lampione ricurvo e il flusso dei soliti graffiti sull'intonaco screpolato (un arcipelago di graffiti le screpolature). Oh, niente di che, i soliti cazzi e un Tokyo più elaborato. La T come un fungo. L'edificio è importante. Lungo. Articolato nel suo profilo sotto il cielo. Deturpato. La sequenza dei locali al piano terra un mondo. Lina ha occhi trasparenti e parla poco. Ogni tanto arriva e cerca per ogni cosa una ragione. Mi sembra un buon modo di ritrovare il filo. Il portoncino lo lasciamo così. Con le cerniere di ferro e le scritte a spray.
Già, il filo.

Già, il filo. Di spago per le cuciture dei libri. Il mio Alberi. Fili di corteccia impastati nella materia delle copertine. Fili di cellulosa. Fili (o graffi) della penna sul foglio. I disegni scolpiti. O i fili di ferro sottili che Lina intreccia e piega. Fili di cotone che portano una stellina di madreperla. Fili che racchiudono la scatola. I libri vanno protetti. Dico il "mio" Alberi ma non è così. L'ho capito. I libri di artista come mi hanno spiegato Lina e Alberto sono un'altra cosa. Un progetto che si fa insieme. Dove il contenuto conta come il contenente. Anzi, l'uno deve essere all'altezza dell'altro e viceversa. Si fa insieme ed è ammesso anche nascondersi. Ci sono sorprese. È un'attenzione infine. Non devi sapere proprio tutto, faccio questo per te. Ci sono scoperte. Libri di artista che viaggiano. Una libreria a Milano. Una a Trani. Una da qualche altra parte. Un circuito di qualità. Una minoranza che si rifiuta di essere tale. Come minoranza ufficiale intendo, che giri solo su di sé. Mi immagino in una libreria di non so dove una vecchia libraia che quando entri ti da la mano e te la tiene per un po' tra le sue e ti sorride. Sarà l'effetto Roversi ma un mondo così non sarebbe male. A Trani siamo stati. Alberto ha detto poche parole e mi ha lasciato la scena. Lina si è messa in disparte ma alla fine era contenta. Molte persone, buone persone, la libraia (bella, non era vecchia) ti teneva la mano e il porto bianco irto di alberi sul punto di salpare. Libri d'artista e non libri d'arte. Questi sono i cataloghi delle mostre, mi ha detto Alberto. Ah.

Altri fili. Uno solo. Di partenope.
1. Davide Vargas, Racconti di qui, Tullio Pironti editore, 2009
2. Davide Vargas, Racconti di architettura, Tullio Pironti editore, 2012
