Giuseppe Capogrossi

Luca Massimo Barbero, curatore della mostra "Capogrossi: una retrospettiva" alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, racconta a Domus la dimensione architettonica dei lavori del grande artista italiano. Una riflessione sui rapporti tra le arti nell'arte moderna italiana e i loro riflessi nel contemporaneo.

Nella foto: Giuseppe Capogrossi nel suo studio, 1961. Fondazione Archivio Capogrossi, Roma

La retrospettiva su Giuseppe Capogrossi, negli anni Cinquanta l'artista italiano il più conosciuto all'estero, è guidata dalla volontà di affermare un principio: la necessità di preservare e far riconoscere il valore assoluto delle ricerche delle avanguardie, con la possibilità di rintracciarne la presenza negli attuali nuovi processi.

Forzando gli angusti spazi della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, il curatore Luca Massimo Barbero che, dopo aver trattato Lucio Fontana e Alberto Burri completa con questa mostra un personale itinerario nella costellazione dei maestri del dopoguerra, ci dimostra quanto perseguire un simile principio comporti il riconoscimento del carattere eminentemente architettonico — se non urbanistico — dell'arte italiana del Ventesimo secolo.
Possibile che non vorremo seguirne le suggestioni?



Fino al 10 febbraio 2013
Capogrossi. Una retrospettiva
Peggy Guggenheim Collection
Palazzo Venier dei Leoni
Dorsoduro 701, Venezia

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