Il meglio della settimana

Dalle intriganti sfumature di luce e ombra trasferite sulle pieghe strutturali di una lampada alla generazione di artisti che usa Google Maps come terreno di esperimenti spregiudicati e imprudenti, ecco il meglio della settimana.

Questa settimana ci soffermiamo sul processo che si cela dietro la realizzazione della nuova lampada di Issey Miyakeper Artemide, In-Ei, una lampada di forma variabile, percorsa da sottili sfumature luminose. A Milano, visitiamo il nuovo interno di Francesco Librizzi, che ci rivela i principi fondanti del suo lavoro, e a Londra ci immergiamo nella terza edizione della Clerkenwell Design Week, un festival che sta crescendo sempre più in fretta. Il nostro Op-ed settimanale offre una serie di considerazioni sulla situazione critica del MAXXi, e in fine presentiamo gli esperimenti imprudenti e spregiudicati condotti oggi da alcuni artisti con Google Maps.

Algoritmi di luce
A design report from Tokyo by Salvator-John A. Liotta
Di forma variabile e percorsa da sottili sfumature luminose, la collezione di lampade In-Ei Issey Miyake realizzata da Artemide produce delle intriganti sfumature di luce e ombra, una luce soffusa, giapponese, creata attraverso il design algoritmico e l'applicazione di principi matematici. "Vedendole, l'emozione è immediata: conoscendole, lo stupore e la meraviglia si mescolano alla consapevolezza di trovarsi di fronte a un futuro che pensavamo più lontano e non credevamo così bello". Così Ernesto Gismondi, presidente e fondatore di Artemide, presenta In-Ei, che in giapponese significa "ombreggiatura, sfumatura".
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In apertura: Issey Miyake, lampada ripiegata <em>In-Ei</em> per Artemide. Qui sopra: Clement Valla, <em>Postcards from Google Earth</em>
In apertura: Issey Miyake, lampada ripiegata In-Ei per Artemide. Qui sopra: Clement Valla, Postcards from Google Earth
Interno con scala
A design report from Milano by Stefano Mirti
Intenti a guardare, Francesco s'interrompe. Deve dirmi una cosa importante: "Ma tu lo sapevi che Mies è nato nello stesso periodo e anno della Coca-Cola?" Dalla grande tradizione italiana, in un nanosecondo, siamo planati sui video di YouTube. Da un lato, il suo essere cintura nera di Rhino e AutoCad; dall'altro, ci sono i racconti del lavoro in officina con il carpentiere. Consapevoli che c'è sempre un sottilissimo confine tra realtà e messa in scena. E che, in quel confine, risiede la qualità del progetto.
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Clerkenwell Design Week
A design report from Londra by Catharine Rossi
Esplorare le vie storiche della zona per visitare mostre e manifestazioni è ciò che fa del festival del design di Clerkenwell un'esperienza interessante, ed è stato confortante veder affluire in quest'angolo di Londra un pubblico sempre più vasto. Benché abbia solo tre anni Clerkenwell è ancora alla ricerca di una sua identità in termini di coerenza, di comunicazione e di qualità dell'offerta, oltre che di un equilibrio tra affari e sperimentazione. Nel varare il progetto della manifestazione dell'anno prossimo gli organizzatori dovrebbero prestare attenzione ad Aberrant Architecture, i cui progetti non sono solo innovativi e sperimentali, ma anche sensibili alla storia e alla tradizione. In un calendario del design sempre più fitto si può quindi ipotizzare che sia la stessa Clerkenwell a fornire suggerimenti per costruire la futura identità.
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Francesco Librizzi, <em>Interno con scala</em>. Le proporzioni e la geometria della scala riflettono la conformazione dello spazio esistente. Il reticolo metallico giunge fino al soffitto e l’altezza del parapetto si allinea al filo superiore delle finestre. Con una sua esistenza autonoma rispetto alla stanza circostante, la struttura s’aggrappa all’apertura a tutt’altezza che definisce il
Francesco Librizzi, Interno con scala. Le proporzioni e la geometria della scala riflettono la conformazione dello spazio esistente. Il reticolo metallico giunge fino al soffitto e l’altezza del parapetto si allinea al filo superiore delle finestre. Con una sua esistenza autonoma rispetto alla stanza circostante, la struttura s’aggrappa all’apertura a tutt’altezza che definisce il
Che cosa succede al MAXXI?
An op-ed from Roma by Francesco Garofalo
L'edificio è troppo grande? Il deficit dipende dalle caratteristiche del progetto? Francamente non sembra proprio, non in una misura da cambiare la sostanza dei conti. C'erano progetti tra quelli presentati al concorso che sarebbero costati di meno? Certamente sì, ma non si sarebbero salvati dal finanziamento a singhiozzo. Quanto alla gestione, tra questo progetto e un altro la differenza si riduce talmente da poter dire che non è significativa: una struttura di quasi 15.000 metri quadri, che produce e ospita delle mostre, ha dei costi operativi molto ben valutabili e confrontabili con parametri noti. Il MAXXI è un museo di medie dimensioni, molto più piccolo della Tate, del Guggenheim-Bilbao e del Beaubourg, con una superficie dell'ordine, rispettivamente, di metà, un terzo, un quarto e un bilancio dell'ordine di un decimo.
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Chi cerca trova
An art report from Milano by Roberto Marone
Di tutta la galassia delle centinaia di prodotti Google, Google Maps è forse il più emblematico. In fondo, in ognuno di essi – dal motore di ricerca ai video, passando per libri, news, reader, traduttori – è visibile un unico e utopico gesto: mappare il mondo, indicizzarlo, ordinarlo, vivisezionarlo, scansionarlo per poi restituircelo, pronto per l'uso, in una sorta di takeaway dello scibile umano. Finirà che tutti gli altri servizi di Google si riverseranno nella mappa e noi guarderemo il mondo, attraverso le lenti di qualche occhiale strambo, dal piccolo lembo di spazio in cui ci troviamo.
Basta digitare Search, et voilà. ?Sarà per questo che, girando per la rete, si continuano a vedere artisti, grafici e autori vari, che cercano le più ardite sperimentazioni visive, usando quel planisfero virtuale che è Google, enorme fotografia infinita della palla mondo, girata e rigirata come un calzino e come linguaggio unico e universale.
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Aberrant Architecture, Tiny Colemand: <em>Travelling Theatre</em>. Photo Ashley Bingham
Aberrant Architecture, Tiny Colemand: Travelling Theatre. Photo Ashley Bingham

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