Più case meno calabresi
Può succedere, se si vive in un quartiere romano di periferia, di trovarsi a osservare un messaggio del genere scritto su un muro ogni volta che si esce da casa: "più case meno calabresi". Può succedere, e non è il massimo della vita, soprattutto se si è calabresi e se per trovare alloggio si sono dovuti fare i salti mortali. Ma è accaduto quotidianamente a Vincent Filosa, giovane fumettista che ha vissuto per alcuni anni nella capitale. Non sorprende allora che il filo conduttore di questa raccolta di disegni sia proprio quello della casa. Vincent sposta però la sua attenzione da Roma alla Calabria, sua regione di provenienza, per la precisione al territorio di Crotone. Lo fa con uno sguardo al tempo stesso cinico e trasognato, mosso dal malessere e dall'indignazione per speculazioni e tradimenti ma restio a lanciarsi nella sterile invettiva, privilegiando l'invenzione e l'ironia, trasformando pilastri e tondini in scenografie da videogioco oppure martelli e betoniere in strumenti musicali per una formazione rock. E lo fa ricorrendo a un segno esile ma sicuro, mostrando qualità grafiche da fumettista vero, che lo segnalano tra i più abili e maturi in Italia nel ricevere e interpretare la lezione di grandi maestri del fumetto giapponese (tra gli altri Oji Suzuki, Yoshiaru Tsuge e Tadao Tsuge); artisti poco noti in Europa, narratori potenti lontani dal luccicore dei manga seriali, che Vincent ha apprezzato e studiato durante ripetuti soggiorni in Giappone. La casa in Calabria, nella visione amara di Vincent, ci appare come il segno visibile di una precarietà non solo materiale, qualcosa che sta a metà strada tra la costruzione eternamente "in corso" e il relitto edilizio che sembra già appartenere a un consolidato paesaggio di rovine. Così che infine è proprio la dimensione abitativa più autentica, quella legata all'idea della convivenza, umana e civile, con un territorio e con le persone che lo popolano, ad apparire come irraggiungibile e negata oppure, paradossalmente, superflua e sacrificabile. Andrea Bruno
