“Portami il tramonto in una tazza”: a casa di Maria Mulas

Da mezzo secolo le più importanti figure della creatività italiana passano dalla casa della fotografa degli artisti, nel cuore di Milano.

“Ricordo i tuoi capelli rossi ancora adesso, come se fossero davanti ai miei occhi”, scrive la pittrice Giosetta Fioroni con il suo inconfondibile stile fanciullesco in una dedica lasciata a Maria Mulas, ritratta dall’amica di spalle, proprio come piace a lei. Un lungo corridoio è abitato da firme e schizzi, che parlano di un affetto, o un moto di stima, appuntato al volo su un pezzo di carta, magari da Gio Ponti dopo un vernissage in qualche galleria.

Siamo in via Lanzone, il cuore più antico della città, dove 5 piccole stradine s’incrociano formando una stella ricca di storia, e di storie da raccontare: quella Milano delle corti, degli orti e dei giardini segreti, di cui rimane una silenziosa traccia. Proprio qui, di fronte alla facciata di Palazzo Visconti, si trova la casa di Maria Mulas, la “bella rossa”, così amorevolmente chiamata dagli amici, che dal 1970 ci ha raccontato i volti e gli animi che hanno caratterizzato la scena artistica degli ultimi decenni.

  

Il fermento di un periodo ricco di speranze creative permea ogni angolo di questa casa, che rispecchia un’intera vita, della quale oggi qui si conservano più di 20.000 fotografie, come ci racconta Antonella Scaramuzzino, consulente dell’archivio Maria Mulas da più di 10 anni. “Maria poco prima della pandemia ha deciso di riportare l’intero archivio qui, dove nella stanza adiacente ad uno dei due salotti, per anni, ha avuto la sua camera oscura.”

È proprio qui che la Mulas ha ritratto i suoi amici: Colombo, Tadini, Pardi, Dorfles, Vergine, Veronesi, Accardi, ma sono solo alcuni degli innumerevoli nomi che prendono vita tra le opere e le foto che affollano le pareti: Haring, Oppenheim, Beuys, Nauman, ritratti in giro per il mondo e che Maria ha voluto facessero parte del suo quotidiano, nella sua abitazione.

A casa di Maria Mulas. Foto Elena Vaninetti
A casa di Maria Mulas. Foto Elena Vaninetti

Due punti di luce fanno capolino: le figure danzanti di Marco Lodola, che con il suo spirito ludico gioca tra i mille colori della stanza, e l’iconica Toio di Achille Castiglioni, concepita nel 1962, per cui Maria curò l’intera campagna Flos. Dalla collezione di ceramiche, alle infinite pile di cataloghi e libri, al pezzo di design, ogni oggetto trasmette l’idea di essere attraversato da un pensiero affettivo.

Deve essere un abitacolo in cui vengono le idee: in un ambiente freddo mi si raggela anche il cervello.

Si ha l’impressione che persino i divani o le sedie siano lì per una ragione che non trova le sue origini nella funzionalità, ma nel ricordo. Ecco che ricordiamo una dichiarazione di Maria lasciata anni fa, durante un’intervista: “Quelle di design sono sculture, quando sono intelligenti ti siedi su un pensiero, ma sono affascinata anche dalla spontaneità di quelle di campagna, da chiesa o da bar, e comunque per me sono come delle persone”.

  

Non stupisce se si pensa che su quello scricchiolante parquet trecentesco – di una rarissima composizione a scacchiera – hanno camminato le figure creative più influenti degli ultimi 50 anni. In una cucina, che sembra uscita da uno dei più amabili quadri di Matisse, Maria cucinava la zuppa di lenticchie per i suoi amici artisti.

“In qualche modo, ogni ritratto di Maria Mulas è anche un effetto di amicizia.” Diceva Emilio Tadini. “Chi è stato fotografato anche soltanto una volta da Maria Mulas non ricorda soltanto di essere stato fissato da una macchina fotografica. Ricorda di essere stato guardato dagli occhi di Maria Mulas. È questo, forse, che ne definisce la qualità.” 

A casa di Maria Mulas. Foto Elena Vaninetti
A casa di Maria Mulas. Foto Elena Vaninetti

“La macchina fotografica allarga le proprie possibilità: non si limita a fissare un momento e cioè un punto, ma conquista una durata. Ma soprattutto si cerca, di quel punto, l’interna incoerenza e la vertigine che ci può procurare”, dice Maria Mulas. Proprio come in un incontro speciale, saldato nella memoria dalla luce naturale che lo accarezza. Senza cavalletto, senza delle regole prestabilite, guidata dalla luce e dal colore naturale di tutte le cose, centrandone l’anima. Lo stesso spirito che si riflette in tutta la casa, che d’altronde “deve essere un abitacolo in cui vengono le idee: in un ambiente freddo mi si raggela anche il cervello”.

Maria Mulas nella sua cucina. Foto © Lorenzo Barbieri Hermitte
Maria Mulas nella sua cucina. Foto © Lorenzo Barbieri Hermitte

Maria Mulas è una fotografa e pittrice italiana. Nata a Manerba del Garda il 24 ottobre 1935, si stabilisce a Milano nel 1956 e inizia qui il lavoro artistico attraverso la fotografia a metà degli anni Sessanta. Tra il 1965 e il 1976 realizza soprattutto fotografie ispirate al mondo del teatro e al tema del ritratto, soggetto che sarà ripreso costantemente nell’itinerario espressivo dell’artista e che costituirà uno degli elementi sostanziali del suo lavoro, mostrando letterati e artisti tra i più importanti del Novecento.

Immagine in apertura: Maria Mulas. Foto Elena Vaninetti

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