Salone del mobile e Fuorisalone 2019

Richard Yasmine. La sveglia suona da Beirut

Richard Yasmine, architetto d’interni e product designer, nato e cresciuto a Beirut, ha presentato le sue nuove collezioni alla Milano Design Week 2018.

Wake up call, on show at “Milano#Dakar” exhibition, miFAC gallery, Palazzo SIAM, via Santa Marta 18, Milan

Che cosa presenti al Salone 2018?
Per questa edizione della Milano Design Week ho esposto tre nuove collezioni in tre luoghi diversi della città. Una è la mia prima collaborazione con l’eclettico marchio del design JCP Universe. Al Fuorisalone presento Hawa Beirut a FutureDome con Ventura Future, in via Paisiello 6. Ancora per il Fuorisalone c’è la mia presentazione Wake Up Call, con EuroInnovators, nella loro mostra Milano#Dakar alla galleria miFAC di Palazzo Siam alle Cinque Vie, in via Santa Marta 18. E infine, ma non meno importante, sono estremamente emozionato per la sorprendente collezione per JCP Universe intitolata Herma Rapunza and Wand presentata a Odeum, a Rho Fiera Milano, al padiglione 16, stand f54.    

Richard Yasmine
Richard Yasmine

Da una linea di specchi ai bicchieri da vino, a un tavolino: ora puoi vantare un’intera collezione di sedute, tavoli e paraventi. Parlaci del mondo del tuo immaginario e della tua estetica.
Come ho detto più volte una delle mie ossessioni è l’aspetto complessivo del progetto, che deve essere minimalista e semplice, con un messaggio ben mirato che comprenda un’allusione surrealista. Perciò realizzo il mio mondo immaginario come una simulazione per sperimentare nuove idee e creare oggetti nuovi. Non tendo mai a precisare la differenza tra realtà e fantasia, il che mi aiuta a creare oggetti dal progetto ambiguo, e comunque complicati nel processo produttivo, aderenti alla mia cultura e ai miei rituali. Il mio interesse fondamentale è cercare di integrare nel processo produttivo di ogni mio prodotto lo spirito mediorientale-libanese.

Com’è fatto il tuo progetto ideale?
Dato che ogni progetto cui ho lavorato ha una storia, e che queste storie sono il riflesso della vita sociale filtrato dal mio personale punto di vista, certi parlano d’amore, di nostalgia, di pace, di libertà; altri di violenza, di religione, di vendetta, di sessualità e via dicendo. Per questo motivo ciascuno dei progetti che affronto è vicino al mio cuore.

Che cosa significa per te Milano, come la vedi rispetto a Beirut?
Sai, quand’ero molto giovane l’Italia come paese era il luogo dei miei sogni, la patria dell’arte e dell’architettura. Perciò dopo essermi laureato in Architettura d’interni e Design ho iniziato a venire a Milano per visitare il Salone del Mobile, ma fantasticavo che un giorno sarei stato uno dei designer che partecipano alla manifestazione. Milano è la città che ho frequentato e conosciuto più di tutte dopo la mia, il che significa che ho un sentimento particolare riguardo ai luoghi, alle strade, alla gente che ha perfino un modo di parlare che mi affascina molto. Ma tra le due città ci sono molte differenze. A Beirut ci sono parecchie contraddizioni e una mescolanza di componenti sociali e culturali, ma la città possiede il fascino del passato, compresa una carismatica fase di transizione tra la guerra civile e i momenti di pace. C’è anche un’interazione sociale che raramente si trova in altre parti del mondo… Milano è la capitale del fascino del prestigio, possiede un’architettura, una moda e un design che la rendono una città irresistibile per chi ama l’arte, ma ci sono anche parecchi punti in comune: entrambe le città sono caotiche e dinamiche, piene di energia e di vibrazioni positive, in entrambe si mangia bene e ci sono ottimi ristoranti, ambienti accoglienti, persone cordiali. Ed è questo quel che mi fa sentire a casa mia.

Tre consigli per ‘sopravvivere’ al Salone?
Be’, consiglio ai lettori e ai visitatori di continuare a visitare gallerie, fondazioni e installazioni per trarre il massimo dell’ispirazione dalla città e cogliere i momenti creativi per la propria soddisfazione spirituale. Più tardi, all’ora dell’aperitivo, sorseggiare un prosecco o un Negroni, e poi concedersi un’indimenticabile cena all’italiana in un luogo tipicamente milanese, e vivere la dolce vita. È così che sopravvivo al Salone.

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