Una caserma militare diventa laboratorio di design

Multiplo di studio GISTO propone una caserma militare in attesa di demolizione a Silandro (Val Venosta) come laboratorio per sperimentare nuovi processi educativi e progettuali.

In un tempo dai contorni sempre più incerti e indefiniti per le discipline del progetto emergono esperienze che provano a tracciare una rotta di possibile avanzamento. I cambiamenti climatici, il collasso economico, le trasformazioni tecnologiche — ora anche le pandemie — sono alcuni dei fattori in gioco nel determinare uno scenario fisico, culturale e sociale in continuo e radicale movimento. Dal 2011 studio GISTO sviluppa una ricerca che guarda all’universo del progetto come campo d’azione per facilitare il riutilizzo di componenti costruttive e per attivare processi economici più inclusivi mettendo in gioco pratiche che intersecano architettura, artigianato e design. Spazio, energia e territorio sono gli assi portanti di questa ricerca consapevole della necessità che occorra un profondo ripensamento delle dinamiche economiche, culturali e quindi sociali connesse con la progettazione. È emblematico in questa direzione il progetto Multiplo-transformation in design.

Si tratta della creazione di un nuovo hub di attivazione sociale all’interno di una ex base militare. La Caserma Druso di Lisandro (BZ), un piccolo comune di frontiera nella Val Venosta è composta da quattro grandi volumi, inseriti in un’area di 45.000 mq. Tre di questi blocchi sono in attesa di essere demoliti e uno è destinato a diventare la sede di Basis Vinschgau Venosta, una struttura votata alla socialità e in particolare a pratiche innovative di welfare. Multiplo si innesta in questo processo di trasformazione e demolizione. Seguendo un’attenta pratica di recupero del valore dei materiali esistenti, Alessandro Mason e Matteo Giustozzi di GISTO hanno messo in campo un processo aperto di riutilizzo di elementi disponibili negli edifici come infissi, coperture per i condotti dell’aria, cappe da cucina.

Materiali in dotazione a una struttura che ha ospitato fino a tremila militari e che ora si trasformano in tavoli, pareti divisorie e scaffali. Il recupero e la trasformazione di materiali inerti ha costituito l’avvio di un ampio coinvolgimento della comunità locale, interessata soprattutto a partecipare a un progetto di riduzione dell’impatto ambientale di una grande struttura. Ecco che dal valore economico pressoché nullo dei materiali inerti, Gisto ha trovato l’occasione progettuale per sviluppare una collaborazione, un coinvolgimento di artigiani, cooperative, associazioni, aziende e scuole professionali locali capaci di dare forma a un sistema modulare e aperto di riutilizzo e rifunzionalizzazione di elementi esistenti e passivi.

Saperi ed esperienze locali che si mettono in gioco per la costruzione di nuovi valori non solo economici. È così che il ruolo del progettista non si appiattisce sulla soluzione più o meno riuscita del risultato finale ma si attiva verso molteplici direzioni che sfiorano più ambiti d’azione da quello strategico, a quello politico fino a quello del montatore. Un attivismo resiliente che si adatta alle condizioni ambientali e permette di operare un rafforzamento del senso sociale della professione. Come ha opportunamente sottolineato Silvia Franceschini, nella pubblicazione che accompagna la presentazione del progetto: “I diversi prototipi prodotti attraverso la riconversione di elementi esistenti non solo evitano l’oblio di tracce importanti ma suggeriscono nuove strategie progettuali che rivelino lo spazio non come un’entità fissa e misurabile ma come un insieme di processi in continua evoluzione”.

La modalità di partecipazione attiva che sviluppa il progetto di Mason e Giustozzi aiuta la creazione di un ecosistema locale generando un impatto sull'atmosfera e sul carattere del luogo. Un pungolo nei confronti del governo locale e centrale ad aprirsi alla sperimentazione di pratiche progettuali capaci di affermare un’infrastruttura sociale della comunità per farla crescere, proseguire e diffondere ed è inoltre la chiave per capire se il progetto ha o non ha funzionato. Nasce così un processo che permette alla comunità di continuare a trasformare insieme il luogo d'appartenenza. È importante osservare e comprendere le potenzialità di progetti come quello messo in campo da studio GISTO soprattutto in contesti urbani il cui patrimonio edilizio è in declino.

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