Napoli. Il mondo del design editoriale si racconta

La prima edizione della nuova fiera di design EDIT Napoli ha celebrato la figura del designer indipendente in un contesto intimo e raccolto.

Il team curatoriale lo aveva anticipato: EDIT Napoli avrebbe esplorato “percorsi alternativi”, lontano da Milano e dal suo Salone del Mobile, senza rinunciare a qualità e visibilità. A essere messo sotto i riflettori è stato il design editoriale e cioè un approccio alla progettazione che predilige piccole produzioni seriali e collaborazioni tra designer indipendenti e aziende/gallerie che valorizzano il know-how artigianale. E a giudicare dall’affluenza dei numerosi curatori, giornalisti, architetti e buyer – sia nazionali (tra cui molti milanesi) sia internazionali – e dalle loro reazioni a caldo, sembra che la prima edizione della fiera sia riuscita nel suo intento. “Abbiamo visto un pubblico costituito sia da progettisti mossi dalla curiosità professionale, che da privati interessati ad approfondire il tema del design editoriale, la cui conoscenza inizia finalmente ad uscire dai confini del settore”, affermano Antonella Maione e Mauro Cazzaro, il duo dietro lo studio veneziano Kanz Architetti, che a Napoli ha presentato una serie di oggetti in vetro e legno process-oriented.

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Il vaso Primitivi di Kanz Architetti © Kanz Architetti

Ospitata presso il complesso di San Domenico Maggiore – un monastero annesso all’omonima storica chiesa nel cuore del capoluogo campano –, la fiera era di dimensioni modeste; caratteristica che, secondo Lisa Westenburg – buyer del negozio di design di Amsterdam The Frozen Fountain – è da valutare positivamente. Come ci ha spiegato, infatti, contrariamente alle grandi e dispersive fiere e design week in cui lei e i suoi colleghi devono spostarsi da un posto all’altro seguendo una rigida agenda preparata in anticipo, con un format come quello di EDIT Napoli, i buyer possono individuare più facilmente le opere e i talenti di loro interesse e passare il dovuto tempo a scoprirne storie e metodologie.

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Il soap cabinet del designer olandese Dirk Van der Kooij

Tra i progetti in mostra, originali ed eclettici, disegnati da progettisti nazionali e internazionali, figuravano: le sedie simili a marshmallow fusi di Dirk van der Kooij, le panchine intrecciate di Max Lipsey, i vasi di canapa di Yasmin Bawa, i giocosi vasi di vetro di Serena Confalonieri e gli oggetti in marmo di Bloc Studios.

La fiera è stata anche l’occasione per alcune aziende di reinventarsi e abbracciare il mondo del design editoriale. Come Laboratorio Morseletto – compagnia italiana a conduzione familiare fondata all'inizio del XX secolo a Vicenza e specializzata nella lavorazione della pietra – che, per la prima volta nella propria storia, ha sviluppato una collezione di design autoprodotta. A progettarla sono stati chiamati Sayaka Yamamoto e Boaz Cohen del celebre studio BCXSY di base ad Amsterdam. Composta da una panca, una console e un mobile bar, la serie, definita dal carattere scultoreo, s’ispira alle cave sotterranee dell'azienda e al loro paesaggio minimale. “Volevamo concentrarci sul materiale principale dell'azienda, la pietra di Vicenza, che abbiamo trovato particolarmente speciale ed elegante”, spiega il duo. “La nostra intenzione era quella di creare un linguaggio che potesse essere ampliato e applicato a vari progetti. Volevamo esprimere l'unicità di questo materiale apparentemente umile – inizialmente la scelta dei colori può, infatti, apparire limitata (sono solo tre: grigio, giallo e bianco), ma osservando più attentamente essa rivela molti strati di bellezza e storia – attraverso la sua struttura e i fossili in esso incorporati”, sottolineano Yamamoto e Cohen.

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Dettaglio del mobile bar progettato da BCXSY per Laboratorio Morseletto © Laboratorio Morseletto - Courtesy Edit Napoli

Se, da un lato, la fiera è quindi stata una bella occasione per molte aziende non campane – come anche la ANT277 di Meda in Lombardia – di presentarsi e dialogare con un pubblico diverso, purtroppo, dall’altro, lo spazio riservato alle realtà locali ha forse disatteso le aspettative. Oltre all’ovvio riferimento al mondo del design editoriale, il nome della fiera sembrava infatti suggerire l’intenzione delle organizzatrici di voler in qualche modo agire in profondità sulla città, modificandola, al di là della manifestazione (“edit” significa “modificare” in inglese, Ndr). In tal senso, un primo tentativo di dialogo con il territorio, la sua tradizione e gli abitanti, era stato il programma di residenze artistiche intitolato “Made in EDIT” organizzato nel 2018 per lanciare e comunicare l’intero evento. Eppure, come ha commentato anche una visitatrice, è sembrato che “la scena del design napoletano fosse piuttosto assente dalla fiera”.

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La scultura mobile Sciòsciò di The Ladies’ Room Collective è una metafora della città di Napoli

Tra le partecipazioni napoletane si è comunque fatta notare la minuta ma poetica collezione presentata da Spazio Materiae, uno showroom con sede nel capoluogo campano specializzato in pezzi di design di alta gamma che spaziano dai progetti scandinavi alla ceramica. In occasione della fiera, Teresa Carnuccio e Stefano Santoro, i due fondatori, hanno deciso di lanciare la propria collezione di design; un gesto significativo che s’inserisce nell’ottica di Spazio Materiae di sostenere attivamente il design indipendente. La collezione spazia dagli oggetti per la tavola della ceramista Sara Farina, ai mobili cinetici creati dal collettivo The Ladies Room, al rivestimento murale realizzato dall'architetto napoletano Giuseppe di Costanzo.

Location:
Complesso San Domenico Maggiore, Napoli
Date di apertura:
dal 6 al 9 giugno
Curatrici:
Emilia Petruccelli e Domitilla Dardi

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