Ci sono oggetti che non appartengono a una stagione del design, ma alla sua capacità di sorprendere. Pipistrello, disegnata da Gae Aulenti nel 1965 per il negozio Olivetti di Parigi e prodotta da Martinelli Luce, vive da sessant’anni in quella zona dello sguardo dove le forme diventano personaggi. Non si limita a illuminare: abita lo spazio, lo interpreta, ne definisce il ritmo.
Fin dall’origine, Aulenti non concepisce la lampada come un dispositivo tecnico, ma come un organismo complesso in relazione con l’ambiente. Nella Pipistrello, questa idea prende corpo in un equilibrio orchestrato di geometrie, volumi e allusioni figurative. La forma del diffusore in metacrilato bianco – difficilissima da realizzare con le tecnologie di stampaggio dell’epoca – evoca la silhouette dell’animale notturno alato senza mai scadere in una citazione esplicita. È un’immagine che vibra in sottrazione: una presenza suggerita, non descritta.
Aulenti struttura la lampada come una piccola architettura: la base come fondamenta, il fusto telescopico come albero o colonna, il diffusore come capitello.
Questa verticalità tripartita restituisce alla lampada un rigore architettonico, un ordine silenzioso che sostiene la libertà del disegno. La pianta rivela una costruzione calibrata, dove la complessità delle curvature trova un equilibrio esatto. Come sempre nel lavoro di Aulenti, la sensualità delle forme si intreccia alla precisione del rapidograph: nessuna curva è arbitraria, nessun dettaglio improvvisato.
Il meccanismo telescopico – allora tutt’altro che semplice da industrializzare – le permette di assumere doppia identità: lampada da tavolo quando è abbassata, lampada da terra quando si solleva. Una soluzione che anticipa un’idea di flessibilità d’uso oggi considerata naturale, ma che nel 1965 era un atto di sperimentazione coraggiosa.
Gae avrebbe questa lampada da fare…
Sergio Camilli, fondatore di Poltronova
La lampada nasce per un luogo straordinario: il negozio Olivetti di Parigi, descritto da Domus “come un personaggio”. Uno spazio concepito come una “piazza d’Italia”, fatto di curve geofisiche, continuità di livelli, superfici bianche in laminato plastico, fasce cromate, una capsula rossa attorno al pilastro centrale e una scultura antropomorfa Senufo come polo simbolico.
In questo paesaggio fluido, quasi teatrale, Pipistrello trova il suo ambiente naturale. Le sue ali luminose dialogano con le superfici curve, guidano lo sguardo, costruiscono un ritmo visivo. Domus parla di “fantastiche lampade sui diversi piani”: non elementi accessori, ma presenze che co-definiscono lo spazio.
La storia produttiva della lampada è fatta di ostacoli, tentativi, costanza. A presentare il progetto ad Elio Martinelli fu Sergio Camilli, fondatore di Poltronova, con una frase rimasta leggendaria: “Gae avrebbe questa lampada da fare…”.
Il progetto rimase per un anno nei cassetti di Martinelli: il fusto telescopico era complesso da ingegnerizzare, il diffusore dalle falde sinuose risultava quasi impossibile da stampare. Ma quella difficoltà, quella irriducibilità, era già parte dell’identità della lampada. Ogni elemento era nuovo, non riconducibile a nessun modello preesistente. Per questo la Pipistrello appare ancora oggi come una modernità “diversa”: non allineata, laterale, sorprendente.
La forza della Pipistrello sta nella sua pluralità: è una micro-architettura rigorosa, ma anche un oggetto scenografico, una figura quasi animistica, una macchina luminosa calibrata.
Aulenti porta dentro questo progetto la sua passione per il teatro, per la messa in scena, per gli allestimenti. Ma unisce a questa predisposizione un’assoluta padronanza del disegno tecnico e della costruzione. È in questo intreccio – libertà e rigore, fantasia e struttura, immaginazione e geometria – che Pipistrello trova la sua unicità.
Pipistrello vive da sessant’anni in quella zona dello sguardo dove le forme diventano personaggi. Non si limita a illuminare: abita lo spazio, lo interpreta, ne definisce il ritmo.
Dal debutto nei negozi Olivetti, la lampada ha viaggiato nel mondo, assumendo nel tempo nuove varianti concordate con Gae e poi proseguite da Martinelli Luce: finiture in alluminio, versioni ridotte, declinazioni cordless, modelli per postazioni di lavoro.
Oggi, nel suo 60° anniversario, ritorna in una raffinata edizione White Matt, a conferma di una attualità che non deriva dalla nostalgia, ma dalla qualità intrinseca del progetto.
Chi ha lavorato con Aulenti – come racconta Emiliana Martinelli – ricorda un carattere determinato, autorevole, capace di vedere il progetto nella sua interezza, senza esitazioni. La Pipistrello ne porta le tracce: non è conciliante, non è decorativa, non è timida.
È autonoma, decisa, capace di occupare lo spazio senza mai essergli ostile. Porta con sé la forza tranquilla dei progetti che sanno ciò che vogliono essere.
Sessant’anni dopo, Pipistrello continua a sorprendere perché sfugge alla prevedibilità. Non è modernista, non è postmoderna: è una lampada che vive di una coerenza propria, fuori dalle categorie.
È un’icona non perché rappresenta un’epoca, ma perché la trascende.
È un oggetto che illumina lo spazio, ma soprattutto lo interpreta. E forse è proprio questo il segreto della sua longevità.
