La mostra nomade di Gae Aulenti per Olivetti del 1970

Nel 1970, Domus pubblicava il paesaggio di grandi solidi primari e forme astratte concepito dalla progettista milanese per raccontare il mondo Olivetti in tutta Europa, declinando ogni volta un approccio differente da città a città.

Il mondo Olivetti ha sempre saputo attrarre l’attenzione di mondi diversi: più di ogni altra realtà attiva nello sviluppo di prodotti tecnologici, in Olivetti sempre sono confluite arte, architettura, letteratura, filosofia e scienze sociali, e naturalmente, prioritario, il design. Molte le istituzioni che hanno voluto studiare e raccontare questo mondo: nel 2022, ADI Design Museum dedica una mostra ai 16 Compassi d’Oro vinti da Olivetti; ma nel 1970, con il colosso globale di Ivrea all’apice del suo successo ed estensione, è il Musée des Arts Décoratifs di Parigi a chiedere che Olivetti si racconti in una mostra, nomade e replicabile in diverse città. Gae Aulenti concepisce un allestimento che combina le suggestioni macchinistiche della scena radicale e le geometrie metafisiche di un nascente postmoderno, con suggestioni di forma e di grafica che troveremo riproposte fino ad oggi in diverse occasioni. Domus pubblica il progetto nel dicembre del 1970, sul numero 493.

domus - gae aulenti olivetti 1970
La mostra “Olivetti, formes et recherche” (‘Olivetti, investigación y diseno’, ‘Olivetti, Concept and Form’); architettura: Gae Aulenti; coordinamento: Hans von Klier; collaborazioni speciali: Mario Bellini, Rodolfo Bonetto, Giorgio Soavi, Ettore Sottsass jr. grafica: Giorgio Colombo; films: Riccardo Felicioli; testi: Giovanni Giudici; segreteria della mostra: Terry Piazzoli; manifesto: Ettore Sottsass jr. e Roberto Pieraccini. In Domus 493, dicembre 1970

Una mostra itinerante

“Invitata dal Louvre (Musée des Arts Décoratifs) a fare una mostra della propria ‘immagine’, la Olivetti ne ha fatto una propria ‘esperienza’. Questa è una particolare formula di mostra. Una mostra in cui il ‘sistema espositivo’ pur essendo a elementi componibili e smontabili (la mostra è itinerante) non lo rivela (come fanno i tradizionali sistemi modulari a pannelli e montanti) ma anzi fa sì che la mostra sembri ogni volta costruita ‘per’ il luogo; ed è un ‘sistema i cui elementi non sono puro e semplice supporto al materiale da esporre, ma intervengono espressivamente, a creare spettacolo, e uno spettacolo ogni volta diverso, secondo l’ambiente. Questa è stata l’idea base di Gae Aulenti, architetto della mostra.

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Madrid. Domus 493, dicembre 1970

Tanti e diversi sono i ‘mondi’ Olivetti. Ogni mondo, ogni ‘argomento’, è stato isolato, raccolto, concentrato, entro un ‘volume’ autonomo, e i volumi, diversi uno dall’altro – grandi volumi di forma (geometrica e simbolica) elementare, dal cubo alla piramide al labirinto – sono tali da configurare, insieme, un ‘paesaggio’ – paesaggio che può continuamente cambiare cambiando la combinazione dei volumi fra loro. Le loro forme di grandi ‘solidi’ geometrici, talora tagliati in diagonale, consentono composizioni articolate, complesse. E non solo nascono relazioni diverse fra i volumi, ma cambia, ogni volta, il loro rapporto con l’ambiente che li contiene – un ambiente che era tutto buio a Barcellona, tutto luminoso nel ‘Palacio de Cristal’ di Madrid, e traslucente nell’enorme ‘pallone’ di Londra.

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Domus 493, dicembre 1970

Teatri nel teatro, questi volumi – ‘luoghi deputati’ ai diversi argomenti – chiamano la partecipazione dei visitatori: invitano alla esplorazione. I visitatori vivono due esperienze, due emozioni: quella, fantastica, del percorso nello spazio ‘negativo’ fra i volumi (fra le loro pareti alte e chiuse, con passaggi stretti, curve, sorprese, ecc.) ‘andando alla ricerca’ della mostra, e poi quella conoscitiva e critica, una volta entrati all’interno del volume, e del mondo che vi è contenuto.

I volumi sono una ventina. Gli argomenti vanno dalla architettura (progetti di Kahn, Le Corbusier, Tange per le fabbriche Olivetti) al design per le macchine (Bellini, Bonetto, Sottsass, con i loro collaboratori), dagli interventi collaborativi di artisti (da Folon a Del Pezzo) alle mostre, edizioni e pubblicazioni d'arte (da Ben Shahn a Sutherland) curate dalla Olivetti.”

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Londra. Domus 493, dicembre 1970

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