La storia di De Padova, dagli anni Cinquanta a oggi

Dagli esordi con l’import di mobili scandinavi e americani, alla produzione di arredi che segnano il gusto di un’epoca a partire dagli anni Ottanta, ripercorriamo l’evoluzione del marchio e di Maddalena De Padova, che l’ha creato e reso un punto di riferimento del design.

Milano, metà anni Cinquanta. Mentre l’Italia arranca nello sforzo della ricostruzione post-bellica e i prodromi dell’imminente boom economico sono ancora di là da venire, un’elegante signora borghese, innamorata della purezza formale del design di matrice nordica, di quei legni chiari e di quelle atmosfere serene e luminose, decide di importare e distribuire nel nostro paese – a partire dalla storica sede di via Montenapoleone a Milano – alcuni degli oggetti e dei mobili più celebrati di designer di origine scandinava come Arne Jacobsen, Alvar Aalto, Børge Mogensen e Hans Wegner.

Negozio De Padova, via Montenapoleone, Milano, ‘57. Courtesy De Padova

È il 1956 ed è l’inizio di un’avventura imprenditoriale che in un arco di tempo relativamente breve porterà Maddalena De Padova a fare del suo nome uno dei brand più riconosciuti e apprezzati del design internazionale.

Il segreto del suo successo? È racchiuso in tre parole: semplicità, curiosità e coerenza. Maddalena De Padova non si limita a proporre soluzioni funzionali a problemi e a esigenze concrete della società italiana di quegli anni, ma cerca di mettere a fuoco un linguaggio e di proporre uno stile fondato sull’eleganza e sulla sobrietà.

Maddalena De Padova. Courtesy De Padova
Maddalena De Padova. Courtesy De Padova

Dopo il viaggio nell’Europa del Nord, assieme al marito e compagno Fernando, Maddalena De Padova vola in America per conoscere da vicino aziende come Herman Miller e designer come Charles Eames, George Nelson e Alexander Girard.

Tornata a Milano, nel 1958 matura la decisione di fondare la ICF De Padova con lo scopo di produrre in Italia alcuni dei pezzi più significativi della scena americana contemporanea, a cominciare da quelli della Herman Miller. Influenzata dall’essenzialità di Vico Magistretti e Achille Castiglioni, e animata da una precisa e coerente idea dell’abitare, De Padova inaugura il grande showroom di corso Venezia a Milano e costruisce progressivamente, anno dopo anno, una collezione di mobili, oggetti, complementi e tessuti che esprimono compiutamente la sua “idea” di casa.

Abitazione Shaker. Courtesy De Padova

Ai mobili antichi, in legno scuro, e alle case buie della borghesia milanese di quegli anni, De Padova contrappone la leggerezza e la luminosità di mobili e ambienti di accogliente modernità. Il suo contributo al rinnovamento del gusto conosce poi un momento imprescindibile all’inizio degli anni Ottanta, quando organizza nel suo showroom milanese una mostra dedicata agli Shaker, movimento religioso ottocentesco i cui arredi in ciliegio americano sono espressione di estrema pulizia e rigore formale.

Sedia a dondolo Shaker. Courtesy De Padova

È un successo che va oltre le più rosee aspettative: i mobili Shaker ridisegnati da George Nelson incantano il pubblico e sono pubblicati su ogni rivista, consentendo a De Padova di entrare a pieno titolo nel dibattito culturale con il suo preciso orientamento stilistico e formale.

Sempre agli anni Ottanta risale la decisione di passare alla produzione propria: con la collaborazione di Achille Castiglioni, Dieter Rams e Vico Magistretti, che disegna la maggior parte della collezione, De Padova inizia a produrre complementi d’arredo che segnano il gusto dell’epoca: sedie, librerie, scrivanie e una nuova linea per l'ufficio che elimina il confine tra spazio domestico e spazio collettivo.

Maddalena De Padova e Achille Castiglioni. Courtesy De Padova

Tra gli oggetti più significativi di questa stagione, il tavolo Vidun di Vico Magistretti (il nome, in milanese, significa grossa vite e deriva dal sistema utilizzato per regolare verticalmente l’altezza del piano del tavolo attraverso un vitone in legno), la libreria U.S.S. 606 di Dieter Rams (distribuita in alluminio anodizzato invece che in acciaio come nel progetto originale), il carrello porta televisione e porta videoregistratore Trolley 1-2 di Marco Zanuso, per non parlare della poltroncina Susanna o della sedia Silver (redesign della sedia 811, disegnata in legno da Marcel Breuer per Thonet nel 1925), entrambe di Vico Magistretti.

Libreria U.S.S. 606, Dieter Rams. Courtesy De Padova

Nello showroom di corso Venezia questi nuovi prodotti si mescolano a oggetti di design anonimo che Maddalena scopre nei suoi viaggi, creando un negozio trasversale aperto all’oggettistica e concepito come un vero e proprio palcoscenico. Molto prima di tanti altri, Maddalena De Padova intuisce la centralità della comunicazione e la necessità di inserire oggetti e prodotti in una narrazione capace di incuriosire e affascinare i potenziali utenti.

Gli allestimenti di Achille Castiglioni attirano un pubblico sempre più ampio, le vetrine si trasformano nella mise en scène di uno stile di vita di cui lei è la regista, in un gioco di connessioni tra cose diverse, secondo l’insegnamento di Charles Eames che Maddalena non ha mai dimenticato.

Sedia Silver, Vico Magistretti. Courtesy De Padova

Alla fine degli anni ’90 inizia la collaborazione con Renzo Piano per l’arredo della caffetteria del Centre Georges Pompidou a Parigi, che continuerà successivamente con l’arredo del ristorante della Morgan Library a New York e della sede del Sole 24Ore a Milano. A fine secolo, nel 1999, l’incontro con Gaetano Pesce, che per De Padova realizza la mostra I Multipli, segna un significativo momento di connessione fra due evidenti “diversità” che dialogano fra loro e si rafforzano reciprocamente.

Sedia Silver, Vico Magistretti, De Padova, 1989
Schizzi di Vico Magistretti di Vidun. Courtesy De Padova

All’inizio degli anni Duemila – nel 2004, per la precisione – Maddalena De Padova riceve un Compasso d’oro alla carriera che premia il suo impegno per la promozione e la diffusione del design. Nello stesso periodo Patricia Urquiola, già responsabile della R&D di De Padova dal ’91 al ’96, viene chiamata a collaborare come designer: nasce la poltrona Ola, seguita da altri pezzi di successo che entrano nella collezione.

Allestimento natale 1993 di Achille Castiglioni. Courtesy De Padova

Nello stesso periodo, i giapponesi Nendo creano per De Padova alcuni nuovi prodotti che coniugano funzionalità e delicatezza orientale. Ma ormai Maddalena – alla soglia degli 80 anni, sempre più desiderosa di ritirarsi nella casa che si è fatta costruire nella natia Barzio, in provincia di Lecco – coordina il processo di successione che trasferisce la guida dell’azienda ai figli Valeria e Luca.

Dal gennaio 2010 Luca De Padova è il nuovo amministratore delegato dell’azienda: allaccia rapporti di collaborazione con nuovi designer già affermati ed emergenti investendo significative risorse finanziarie per lo sviluppo di nuovi prodotti, per consolidare il marchio e incrementarne la presenza sui mercati esteri tradizionali ed emergenti.

La casa di Barzio. Courtesy De Padova

Ma nel 2015 il marchio è acquisito da Boffi: Roberto Gavazzi è il Ceo di entrambe le aziende, Luca De Padova rimane Presidente. Ma il nuovo assetto proprietario implica anche un trasferimento: dalle grandi vetrine di Corso Venezia che hanno segnato 50 anni di vita milanese a un grande loft, poco distante, in via Santa Cecilia, che Piero Lissoni ha trasformato in una cattedrale dell’innovazione e dello stile. Anche lì, lo spirito di Maddalena si percepisce ancora, assieme a una lezione di eleganza che resta tra le eredità più preziose e originali della storia novecentesca del design italiano.

Maddalena De Padova. Courtesy De Padova

Immagine in apertura: Fernando e Maddalena De Padova. Courtesy De Padova

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