Il design espressionista di OrtaMiklos, tra performance e mix di culture

I giovani Leo Orta e Victor Miklos Andersen fondono nelle loro opere design e performance, con echi del linguaggio dei graffiti come dei maestri del design.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1055, marzo 2021

Sono al contempo iconofili e iconoclasti. Hanno una passione talmente divorante per le icone del passato (nella fattispecie quelle del design, ma anche quelle dell’arte contemporanea) che non possono non distorcerle e deformarle, come hanno fatto con due delle loro opere più significative, Melting Thonet e Melting Breuer. Hanno preso due sedie capostipiti nella storia del design – la prima prodotta in serie (la Thonet No. 14) e quella che incarna la quintessenza del Bauhaus (la sedia Wassily di Marcel Breuer) – e le hanno sottoposte a una deformazione quasi espressionista. Per il duo OrtaMiklos (formato dai giovanissimi Leo Orta e Victor Miklos Andersen) il design è al tempo stesso performance e guerriglia, bric à brac oggettuale e riassemblaggio defunzionalizzato delle culture contemporanee.

Melting Breuer e Melting Thonet, due sedie progettate da OrtaMiklos per la mostra “6 acts of confinement”. Courtesy Friedman Benda e OrtaMiklos

Nei loro lavori ci sono echi del linguaggio dei graffiti come di maestri del design emozionale: non si possono non riconoscere la lezione di Gaetano Pesce o di Verner Panton, come quella dei fratelli Campana o dei gruppi radical italiani, da Archizoom a Memphis e Alchimia. Nessuna concessione alla produzione in serie o al feticcio del funzionalismo.

Forme informi. Sperimentazioni materiche (cosa succede versando calcestruzzo umido dentro le calze?). Derive e costruzioni cromatiche. Nati digitali, cresciuti nell’era del sovraccarico di informazioni e di suggestioni, Orta e Miklos fanno della loro operatività il terminale in cui si scaricano e si mescolano tutte le emergenze dell’iconosfera contemporanea.

Nelle loro performance si presentano sempre mascherati, spesso con il viso avvolto in una calza di nylon che distorce i tratti somatici: alfieri dell’identità enigmatica e mutante, a seconda di come li guardi possono sembrare – come è stato notato – laboriosi artigiani o pericolosi sabotatori, scienziati pazzi o modelli di una sfilata di moda. I loro video sono pastiche selvaggi di immagini prese dal museo o dalla strada, dal presente o dal passato, in un ibrido dove Kim Kardashian coabita tranquillamente con il David di Michelangelo.

Immagine di apertura: Leo Orta (Francia, 1993) e Victor Miklos Andersen (Danimarca, 1993) con la lampada Plantasia Tree, 189 x 85 x 90 cm, 2020 (Friedman Benda).

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