Il “gioiello diffuso” alla Munich Jewellery Week

A marzo si è tenuta la settimana del gioiello a Monaco di Baviera, tra mostre aperte in città, gallerie dedicate e lavori degli studenti di design.  

Munich Jewellery Week 2019

Schmuck, gioiello in tedesco, è la sezione della fiera internazionale dell’artigianato di Monaco di Baviera dedicata alla gioielleria contemporanea che quest’anno ha festeggiato sessant’anni. Una mostra, un premio e la presenza di alcune delle gallerie internazionali di settore più importanti, sono riusciti a creare un polo d’interesse in crescita.

Su iniziativa della piattaforma olandese di Current Obsession, da qualche anno si è aggiunto un programma aperto a tutti che invade diversi quartieri della città. Gran parte degli eventi si concentra su una settimana a metà marzo, quando dialoghi nati fra creativi del gioiello occupano spazi effimeri e gallerie dedicate.

Sono presenti numerose scuole, dalla Central Saint Martins di Londra alla China Academy of Art di Hangzhou. Pare impossibile contare le nazionalità di allievi, collezionisti, curatori, galleristi e curiosi.  

Anche per due tra le istituzioni principali della scena culturale di Monaco, marzo rimane l’appuntamento annuale per confrontarsi con il gioiello d’autore: la danese Karen Pontoppidan (1968) è la protagonista della mostra a lei dedicata “The one woman group exhibition”, al museo Villa Stuck.

Nella sua pratica di artista e professoressa di gioielleria all’Accademia delle Belle Arti di Monaco, Pontoppidan indaga su come un’arte così fortemente condizionata da tradizione e aspettativa estetica, possa reagire a tematiche esistenziali e di attualità. Venti anni di libertà creativa e visioni in parte contrastanti, trovano forma in corpi di lavoro che analizzano la relazione fra arte e arti applicate e a volte affrontano sensazioni di ribrezzo e senso del brutto, abitualmente malviste nel gioiello.

Nonostante una presentazione volutamente ruvida, le sue creazioni si inseriscono in modo armonioso nelle sale sontuose della casa museo. “KNELL The Gender Bell” è una serie di campanelline installate sopra un letto bianco. Battagli fatti di corna, ossa di pene di tricheco o sculture a forma di dea madre, interpretano le identità sociali e di genere come creazioni labili, artificiali e mobili, (l’esposizione rimane aperta fino al 5 maggio per poi spostarsi al RIAN Design Museum in Svezia).

Jasmin Matzakow, collana Untamable dalla serie Ecotechnomagic, 2018. Foto Jasmin Matzakow
Jasmin Matzakow, collana Untamable dalla serie Ecotechnomagic, 2018. Foto Jasmin Matzakow

Su invito della Neue Sammlung – The Design Museum, è ancora lei, Karen Pontoppidan a curare la mostra Schmuckismus (Gioiellismo) (fino al 16 giugno), un neologismo che gioca con i vari -ismi attuali e passati, gruppi di linguaggi formali a volte troppo rigidi, conosciuti nella storia dell’arte come nella politica.

Il titolo vuole essere una provocazione per incoraggiare una discussione sul potenziale del gioiello nel contesto socio-politico e sottolineare una diversità senza giudizio di valore. Poiché l’ornamento viene indossato, può rimanere sulla soglia fra il privato e il pubblico, ma può anche essere un fenomeno di posizionamento sociale e di appartenenza culturale.

La curatrice ha scelto trenta artisti contemporanei con opere che desiderano spingere il possibile portatore a porsi domande, intraprendere una discussione e prendere posizione. Gioielli che si negano come strumenti autoreferenziali ma si caricano di concetti, fin troppi a volte.

Nicola Scholz, collana senza titolo, 2010. Foto Mirei Takeuchi
Nicola Scholz, collana senza titolo, 2010. Foto Mirei Takeuchi

La presentazione in teche non museali, ma grezze e simili a bacheche per informazioni burocratiche, sottolinea il carattere temporaneo e la vocazione al cambiamento per una diffusione di voci alternative. E a volte la bacheca rimane l’unica cornice possibile per un oggetto difficilmente indossabile. Il messaggio però arriva: la collana di Katrin Spranger è fatta di anelli di petrolio e polimeri che a contatto con la temperatura corporea si sciolgono: un incitamento a riflettere su ecologia e consumo.

Tra gli artisti esposti Dana Hakin. Una bandiera unisce quella israeliana e quella palestinese; un gioiello bello, da portare come un amuleto protettivo, con una presa di posizione. Shachar Cohen presenta Alma is selling China on the beach of Cancun and I’m buying. Una matassa di braccialetti fabbricati in Cina comprati sulla spiaggia messicana diventa una riflessione sul consumismo.

Per Jing Yang, esposto, il gioiello è un vaso. Indossato, si spezza in sezioni. I am not a vase interpreta un modo di dire cinese, perché “vaso” viene chiamata una donna bella, ma vuota. I ruoli di genere e i criteri di bellezza sono norme che chiedono di essere rinegoziate.  

Jasmin Matzakow propone la ricerca di un materiale presente, ma al di fuori del circuito economico occidentale: l’ortica. Una riflessione su processi di potere e commercializzazione indossata. Il Vogelspinne di Nicola Scholz è un oggetto composto da zampe rigettate da un ragno che rievoca la forma dell’animale stesso.

Pur sapendo che la pelle vuota non emana nessuna minaccia, la reazione preconcetta di disgusto è naturale non solo per gli aracnofobici. Ma chissà, potrebbe essere utile per analizzare criticamente i propri valori assodati.

Evento:
Munich Jewellery Week
Date di apertura:
11–17 marzo 2019
Dove:
location varie, Monaco di Baviera

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