Entità autunno. Come gli oggetti raccontano la stagione del decadimento

Solitudine, meditazione e concentrazione. Il periodo delle foglie morte mette inesorabilmente in contatto con la parte più profonda di sé. Aiutato anche da una progettualità virtuosa ed empatica.

Whispering Wind Treehouse, Argyle, NY, airbnb

Tra gli oggetti presenti alla mostra dedicata ad Achille Castiglioni in corso alla Triennale di Milano, c’è anche una poltrona Sanluca con il rivestimento di pelle marrone liso e macchiato. Proviene dall’abitazione privata di Achille, e con gli occhi pieni di foliage autunnale com’è di norma di questi tempi, lo stato d’animo suscitato da quella superficie astratta potrebbe essere molto vicino alla malinconica. Del resto rappresenta la sindone di un grande del design, nato cento anni fa. Ora, provare tenerezza per oggetti che conservano le tracce di un’esistenza non è certo una rivoluzione. Ma quando queste cicatrici sembrano raccontare nebbia e freddo, laddove a luglio le stesse sarebbero invece la scusa per un nuovo rivestimento, siamo per caso preda di un’allucinazione meteorologica?

Oppure come il passaggio ineluttabile dalle maniche corte ai cappotti si tratta solo di dare il benvenuto allo stile autunnale? Di certo, come racconta Duccio Demetrio in Foliage d’autunno: Vagabondare in autunno c’è che l’entità autunno ha finito di coincidere con i mesi di mestizia del passato. E che il boom di gite nei boschi in decadimento dell’Oasi Zegna nasconde la voglia di una conciliazione sincera con la stagione dell’inquietudine, su cui modellare atteggiamenti e ritmi in modo profondo. Suona un po’ come il programma di una setta, vero, ma ben venga se ciò vuol dire abbandonare definitivamente quella menzogna romantica – o verità romanzesca che sia – che collega in modo imperituro all’autunno il tris “libro, tisana fumante e plaid sulle ginocchia”.

Anche se parecchi ci sperano, l’accusa di inautenticità potrebbe risultare frettolosa. Per esempio, quanto è inverosimile immaginare che solo perché non esistono prove fotografiche Pier Paolo Pasolini non abbia coadiuvato il foliage – che fino all’altro ieri chiamavamo “foglie che cadono” – sorseggiando tè sotto una coperta? Guardando i finestroni della sua casa-rifugio nei boschi di Chia nel viterbese, progetto anni Settanta dell’architetto Ninfo Burruano in collaborazione con Dante Ferretti, sembra un’ipotesi non del tutto implausibile. Del resto era già la ricetta della felicità di Tolstoj, che al pacchetto natura, libri e riposo aggiungeva però anche la musica. Nell’ipotesi – questa sì implausibile – che "Casa Pasolini" venisse trasformata in un bed & breakfast per godersi una lezione dal paesaggio autunnale, quale sarebbe dunque la differenza esperienziale con la superficie leccata delle casette sugli alberi di Airbnb?

Salvo forse cimeli pasoliniani in stato precario come la Sanluca di Achille, solo una buona propensione a introiettare l’ambiente. Però, in quella rincorsa al genuino che ossessiona il contemporaneo, che alla playlist Autunno di Spotify preferisce un vinile graffiato e la appena rieditata Eames radio di Vitra perché sono più schietti, l’autunno è anche sostanza che si deposita sugli oggetti. Quando il design prova a ricrearne il fascino sommesso ne opacizza la superficie? No. O meglio, non solo. E quando lo fa, trattasi di menzogne benevole, vedi il tavolo con supporto a tronco Pantano di Ginger and Jagger e la sedia Tree Trunk di Wolfs & Jung. Perché almeno evitano in parte l’effetto Supernormal stimuli teorizzato da Deirdre Barrett, psicologa evoluzionista. Vale a dire una stimolazione sensoriale che supera quella del dato naturale, tanto da far passare quest’ultimo per un falso (autentico).

Mentre con la giusta delicatezza progettuale, molta della bellezza naturale che sfiorisce può essere trasportata anche in un interno. Ragione per cui, per pareti copia carbone del terreno bruno visibile nel dipinto Autunno domenica e alberi di Egon Schiele (1902) a proporre un intervento materico a spatola è proprio un produttore di carta da parati fatte a mano, Fabscarte. Detto ciò, consapevoli che come per il rivestimento marrone scuro della classica Balloon chair rieditata da Warm Nordic, il modo più convenzionale di interpretare il cambio di luce della stagione è attraverso il seppia e il siena bruciata, all’interno della gamma cromatica dei colori terrosi molti sono i distinguo degni di nota. Il primo è il rivestimento ocra dei cuscini a lavorazione speciale di Arne Jacobsen per Fritz Hansen.

Un altro riguarda la superficie rosso policroma del tavolo da pranzo Caryllon di Cristina Celestino per Gebrüder Thonet Vienna: lavorata con tecnica a intarsio straw marquetry tipica dell’Art Deco possiede la grazia regolare di una corteccia. Quando i soggetti presi a prestito da madre natura sono le tanto celebrate foglie, a vincere in modestia è la svedese Artilleriet, con una scultura sospesa di foglie di metallo alla Calder di cui è difficile credere l’effetto acidato non sia il risultato di una lunga stagionatura alle intemperie. A vincere l’altra gara – quella della commozione – ci pensa l’italiana Alessandra Baldereschi con foglioline di vetro colorato che germogliano dentro bicchieri e brocche, quest’ultime col manico a ramoscello. Il nome della collezione? Greenwood, prodotta da Ichendorf Milano.

Oggetti da vita lenta che a Jeremy e Cath Brown di Feldspar, una coppia inglese che nel Devon dolce e silenzioso crea tazze in terracotta con la base sporca di terreno umido, non dispiacerebbero per nulla. Così come la collezione di contenitori Guscio di Gumdesign, composta da tre elementi in marmo Emperador Light e in Keep Life, un nuovo materiale composito, ecologico e plasmabile generato dai gusci dei frutti di nocciolo, castagno, noce, mandorlo, pistacchio, arachide. E se per ragioni sinestetiche il pavimento di casa lo si volesse sottilmente simile a un sentiero fangoso di campagna?

Ecco il grès porcellanato tagliato in maxi lastre Atlantic Grey di Fiandre Architectural Surfaces, appena presentato alla scorsa edizione di Cersaie. Poche le proposte di luci, si dirà. Naturale, l’ingresso in una fase di semioscurità è come se imponesse l’obbligo di non rischiararla troppo, puntando tutto sul dimmer. Mancasse tuttavia il calore del disco solare, le lampade Radiance Collectable dei londinesi Haberdashery ricostruiscono la potenza nostalgica del sole al tramonto in tre toni: ambra, blu e giallo. Non il verde, ma quello è un raggio che – come racconta Éric Rohmer nel film che gli ha dedicato nel 1986 – riesce a vederlo solo un puro di cuore. Perché non allenarsi a diventarlo cominciando dall’autunno?

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