Giungle urbane. Lo stile compiaciuto degli accessori per sospendere le piante

Torna la passione per il verde pensile, orchestrato attraverso una varietà di espedienti scenografici che mescolano innovazione e reminiscenze hippie.

Struttura per vasi sospesi, Steiner, Butter Design Studio

Non si vedevano dagli anni Settanta, ma cercare l’untore della rimessa in circolo dei supporti per sospendere le piante a soffitto è irrilevante. La curiosità semmai è tutta rivolta alle ragioni per cui abbiano attecchito, diventando un tocco di styling ormai irrinunciabile. Teoria dell’eterno ritorno? Più che altro la strana combinazione tra l’archiviazione dei sistemi per mettere le piante sottosopra: quella violenza che ha fatto credere alle persone che per essere dei creativi bastava il famolo strano; e il coraggio di sfidare il “ne uccide più l’incidente domestico dello smog”, rappresentato senza retorica in una scena del film Il Presagio (1978). Quando in piedi su uno sgabello a sistemare le foglie di una pianta penzolante Lee Remick precipita dal primo piano al parquet dell’ingresso. Certo, a farle perdere l’equilibrio è Damien, il figlio adottivo che essendo l’anticristo incarnato ha passatempi micidiali, eppure è anche il momento che pose fine all’èra delle felci volanti a favore (o condanna) del ficus benjamin angolare degli anni Ottanta. E alla religione della sicurezza. Due generazioni dopo, per rinsavimento e temerarietà, rieccoci dunque alla libertà dell’epoca hippie. Però dietro questo apparente revival c’è di più. La modella con la pianta-copricapo di Antonio Marras per la recente spring summer 2019, tanto per dare l’idea di quanto sia popolare il trend, oltre a una celebrazione del fantastico come i cestini di frutta di Carmen Miranda, più che una trovata sembra l’invito a “vedere” il verde. Come fosse la prima volta. 

Un compito che negli interni striminziti di oggi è, lo racconta appunto la profusione di ganci, sostegni e sacche di rete, appannaggio delle piante che stazionano in alta quota. Sul dubbio lecito che un semplice cambio di prospettiva possa seriamente aiutare a educare attraverso una coscienza aumentata, lo storico del giardino Marco Martella sottolinea come “la natura è sempre uno spazio residuale di resistenza che permette di aprirsi a una riflessione profonda sui valori etici e estetici”. Anche se quest’esperienza è ridotta a una pianta in vaso invece della meraviglia dei giardini di Versailles. Ma siccome le dracene adesso “volano” attraverso un congegno di design, essendo più bella del solito ci insegna più di quando era sul pianerottolo. Del resto: “tra utile e bello c’è differenza ma non rottura”, dice sempre Martella. E a tale proposito, chissà se allora questo boom di sostegni non debba molto all’ambiguità del Bosco verticale di Stefano Boeri, sospesa tra polmone verde e operazione di styling. A questo punto vero untore di una ripercussione infinita che va dai negozi di piante che – quarant’anni dopo le comuni dei figli dei fiori – organizzano corsi di macramè per confezionare reti di cotone dove intrappolare vasi di ogni grandezza, all’uniformità decorativa delle pianticelle sospese nei progetti di ristoranti nuovi di zecca come il Prado di Lisbona e il Leo’s Oyster a San Francisco. Oltre a giustificazioni progettuali da alzata di mani al trend che, come nel caso dei tavolini Balans Mini disegnati da Feiz Studio per Artifort, suonano così: “Li abbiamo fatti perché abbiamo notato che il trend botanico è più di moda che mai”.

Il che, essendo un marchio tra le cui fila si trova anche quel genio di Pierre Poulin, non ha tuttavia permesso di abdicare totalmente a un accessorio “volante”: perché ok cavalcare l’onda, ma meglio la classe di supporti per piante che le alzano solo discretamente. Volendo però mettere ordine alle proposte, tolto l’orgoglio nazionale del sistema di vasi Windows Garden di Danese Milano, la situazione si divide tra piante sospese tramite strutture con base a terra e sospese a parete tramite scheletri di ottone. E quelle sospese a soffitto, ovviamente il caso più emozionante. Dove a colpire il cuore con il rischio di trasformare casa in una foresta fluttuante non sono i vasi montati su un’anima in fil di ferro di Norvegian Wood, né le mensole-amuleto in stile fai da te di All things we like, ma le ceramiche montate su lacci di pelle dell’inglese Tom Raffield, che hanno l’aspetto di borsette minimal chic. Sulla situazione da parete solo una veloce sottolineatura alla novità brutale dei ganci per vasi in terracotta di Butter Design Studio perché è tra i modelli a portata di mano con base a terra che i rischi di caduta alla Presagio si azzerano del tutto. Senza però rinunciare al fascino di una sospensione. Come dimostrano le sculture cinetiche di vasi monofiore Eden di Agustina Bottoni, ancorate da una pietra di marmo grezzo; e i supporti con sostegno a uncino dei giapponesi The Design Labo, per piante con radici esposte all’aria.

A tutto questo elenco occorre non dimenticare la sottocategoria delle luci metà sfera opalina metà recipiente per rampicanti di Object Interface e dei contenitori trasparenti LED Mygdal di Nui Studio, capaci addirittura di ospitare un piccolo bonsai. E, giustamente premiate con un German Design Award 2018, le Palma di Vibia, un accessorio architettonico di luci organizzate in linee verticali e orizzontali alternate a un elemento dedicato solo al verde. Giunti al termine di questo elenco, torna però il dubbio su quanto sia efficace, per la lezione di resistenza da desumere dal verde, questo addomesticamento piacevole del naturale. E se piuttosto non sia il caso di coltivare foglie e radici in modo selvaggio, evitando la fotogenia di “cornici” postate su Instagram con l’ardire di #jungle quando in realtà l’aspetto è quello timidamente compiaciuto della moda dei cinemini, dei micropanifici, dei negozietti bio, dell’ambiziosamente controllato. Mentre la lezione da imparare dalle piante è molto più complessa, e vasta, dice in La filosofia delle piante Emanuele Coccia: di solidarietà comunitaria tra esseri che vivono, respirano e lottano assieme a noi. E che un angolo di casa lasciato brado, forse, permetterebbe di beneficiare in modo più onesto. 

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