La Francia conferma il grande interesse con cui ha sempre seguito il pensiero dell’architetto, designer e teorico italiano Andrea Branzi.
50 anni di design
Con 140 opere da musei internazionali, la mostra sul lavoro del designer e teorico Andrea Branzi racconta 50 anni di carriera creativa nel suggestivo spazio della chiesa medioevale di Saint-Rémi a Bordeaux.
View Article details
- Francesca Balena Arista
- 24 ottobre 2014
- Bordeaux
Il 10 ottobre si è inaugurata a Bordeaux la più completa retrospettiva sul suo lavoro mai proposta: 140 opere provenienti da musei e gallerie europei e internazionali, come il Centre Pompidou e lo CNAP di Parigi, il FRAC di Orléans, il MUDE di Lisbona, lo CSAC di Parma. Dopo le due personali di Parigi “Open Enclosures” alla Fondazione Cartier (2008) e “Grandi Legni” alla Galerie Alaïa (2009) è la volta di un excursus che prende le mosse dall’esordio con il gruppo Archizoom Associati, uno dei principali protagonisti dell’architettura radicale, per giungere fino ai nostri giorni.
Curatrice è Constance Rubini, direttrice del Museo delle Arti decorative e del design di Bordeaux, che ha scelto di presentare le opere nel suggestivo spazio della chiesa medioevale di Saint-Rémi. “Entrare nell’opera di Andrea Branzi”, scrive Rubini nell’introduzione al libro pubblicato da Gallimard in occasione della mostra, esaustiva monografia dedicata al lavoro dell’architetto, “è come penetrare in una grande casa, all’interno della quale ogni porta si apre su uno spazio diverso”.
Branzi è stato tra i fondatori del movimento dell’Architettura Radicale prima e del Nuovo Design Italiano poi, ha avuto un ruolo centrale in Alchimia e Memphis, ha sdoganato il progetto dal vincolo funzionalista liberandone l’energia poetica e narrativa, rifiutando il lieto fine a cui ci avevano abituato i maestri del moderno e l’aspetto patinato di un certo design contemporaneo. In mostra le differenti tappe del suo percorso in una successione tematica che parte dal 1966, anno della tesi di laurea “Luna Park a Prato” (collezione Centre Pompidou), della nascita di Archizoom e della mostra Superarchitettura, momento germinale per il radical design italiano. Sono gli anni della collaborazione con Poltronova, che produce il divano a composizione variabile Superonda (1966) la poltrona Mies (1968) e il divano componibile Safari, oggetti pop, concepiti per sovvertire le norme dell’abitare borghese.
Con Alchimia e Memphis nasce il “nuovo artigianato” che privilegia, al di fuori della produzione industriale, il potenziale espressivo del design: esposti rari prototipi, mobili-icona come Bar Centrale e Bar Milano (1979) e la chaise longue Andrea (1982). Nel 1985 la prima mostra personale, Animali Domestici: tronchi d’albero e rami nel loro aspetto primitivo si innestano su sedute dalle forme semplici producendo un linguaggio inedito fatto di ibridazioni che ha influenzato e influenza ancora generazioni di progettisti. Un tema, il confronto naturale/artificiale, che diventa uno dei cardini fondamentali della poetica di Branzi. In questa sala gli oggetti assumono un’aura poetica, magica, fino a consacrare con le lampade Wireless anche la tecnologia: tenui luci bluastre scaturiscono da semplici utensili da cucina, fiammelle sacre, numi tutelari della nostra domesticità.
L’artigianato d’arte diviene “un gigantesco luogo di sperimentazione”, qui messo in scena in un visore a specchi che moltiplica all’infinito un paesaggio di opere in ceramica e porcellana, tra cui spicca Louis XXI, porcelaine humaine (Manifattura di Sèvres): calici rosa pallido che ricreano il tono sensuale della pelle femminile, sottilissime presenze la cui consistenza è messa in dubbio dalla trasparenza delle superfici. La tensione drammaturgica raggiunge l’apice nelle opere degli anni duemila, in cui l’architetto mette in scena una miscellanea di frammenti di epoche diverse, ricomposti in una poetica dominata dall’amnesia e dal mistero, in cui non manca una raffinata e sottile ironia, molto yiddish (Branzi è di origine ebraica).
“L’ironia fa parte della vita, mi permette di guardare alle cose del mondo senza esserne divorato” ha spiegato l’architetto in conferenza stampa. E così i Walls (2014) per la galleria Friedman-Benda di New York, mobili-affreschi che riempiono lo spazio di un’eco pompeiana, si confrontano con la presenza di umili contenitori per la pulizia della casa. Lo stesso accade con i Grandi Legni (2008) punto di svolta nella sua poetica, nati dalla collaborazione con Design Gallery e Nilufar. Fanno parte di quello che la curatrice definisce “il cambiamento di scala”, reale e figurato: opere di grandi dimensioni, che affrontano temi antropologici come la vita e la morte, l’eros, l’esistenza; che ospitano mosaici e affreschi, gabbie e scatole di cartone, frammenti iconografici di provenienza diversa “lo spessore oscuro del mondo materiale è la cosa che più mi interessa; realizzare oggetti che abbiano la capacità di creare una emozione, confrontandosi con i miti della contemporaneità come dell’antichità; con la mistica cristiana o con i demoni tibetani.”
Quella di Branzi è una narrazione che mette al centro la sacralizzazione del quotidiano: nella voliera Pergamo per la Galleria Bortolozzi di Berlino due canarini diventano coprotagonisti dell’opera.
Nella navata centrale di Saint-Remi, lo sguardo è catturato da un grande anello che si avvolge attorno ad una colonna monumentale ad accogliere una successione di vasi, oggetti che occupano da tempo un posto fondamentale nella poetica di Andrea Branzi: sono “spazi autonomi, micro luoghi dedicati a ciò che può sembrare superfluo, ma senza il quale tutto diventa inutile: lo spazio per i fiori, per gli oggetti sacri delle civiltà laiche” (A.B. 2007). Le opere sono frutto della collaborazione con gallerie come Clio Calvi e Rudy Volpi, Metea, Charles Zana, The Gallery Bruxelles e istituzioni come il Cirva di Marsiglia.
A sottolinearne la dimensione al tempo stesso sacra e domestica, non solo fiori ma sassi, foglie secche e vegetali: mele, piccole zucche, sistemati con una cura che rimanda all’arte dell’Ikebana. Fa da compendio all’esposizione No-Stop City vision de ville, mostra proposta da Arc en Rêve centro di Architettura:sorta di prologo che prende il nome dal fondamentale progetto del 1969 con Archizoom, e che rappresenta l’aspetto teorico del lavoro di Branzi. La dimensione dell’infinito, della città che si scioglie e disgrega divenendo puro flusso merceologico, trova la sua chiarificazione nelle maquettes No-Stop City e No-Stop Theater e nei modelli presentati alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2010, sotto il nome “Per una Nuova Carta di Atene”, ad esprimere l’esigenza di ripensare la città in un mondo non più divisibile per zooning, come ipotizzava Le Corbusier nell’omonimo documento.
Andrea Branzi, pur essendo architetto, ha costruito molto poco, come lui stesso sottolinea; la sua attività si è sempre concentrata sulla ricerca, sulla sperimentazione. Così l'EBABX-École d'Enseignement Supérieur d'Art de Bordeaux, ha invitato i suoi studenti a lavorare sul tema “Ascoltare Andrea B.”, partendo dalla vasta attività teorica dell’architetto, dalla sua ampia produzione di libri, articoli e saggi, testimonianza di una critica militante.
© riproduzione riservata
fino al 25 gennaio 2015
Andrea Branzi, Pleased to meet you, 50 ans de création
Museo delle Arti decorative e del design, Bordeaux