Multiversité, creatività digitale

Al Centre Pompidou, quindici affascinati progetti-chiave traghettano lo spettatore ben oltre il 2.0, ma ci riportano anche indietro nel tempo, agli albori della tecnologia informatica anni '80.

Multiversité è un termine di difficile traduzione che raccoglie e sviluppa nozioni e pratiche derivate dal software e dai processo generativo espanso, sotteso a universi creativi differenti. La mostra nell'Espace 315 del Centre Pompidou – e visitabile fino al 6 agosto – è, nel suo genere, davvero pionieristica. Pur nutrita dal futuribile del nostro presente, ci riporta indietro nel tempo all'entusiasmo delle utopie espositive di operazioni come Les immateriels, figlie degli albori della tecnologia informatica anni '80.

La curatrice Valerie Guillaume attraversa la fluidissima galassia dell'innovazione per traghettare lo spettatore ben oltre il 2.0 e lo fa attraverso 15 affascinati progetti-chiave, specificamente sviluppati per la mostra in collaborazione con il neonato Dipartimento dei servizi di prospettive industriali del centro che dirige dal 2010.

Il problema in questo percorso non è tanto quello di esporre l'innovazione, ma piuttosto di materializzare il senso che ne consegue e che la precede, visto che l'insieme del materiale in mostra proviene dalla convergenza di discipline che stanno perdendo i loro contorni settoriali, come l'architettura e il design, sotto la spinta di social network e tecnologiche di produzione. Si comincia con le possibilità di calcolo espanse e un focus sulle loro applicazioni alla pratica generativa offerta. La sezione Generating raccoglie lavori che sono vere e proprie morfogenesi o applicazioni di processi di aggregazione mutuati dal vocabolario geologico o biologico.

È splendido quello di Andrew Kudless/Matsys, che s'ispira alla sedimentazione calcarea dei crostacei che vivono in dense agglomerazioni. Il lavoro di Neri Oxman sembra addirittura prefigurare l'avvento di un concettualismo, molto prossimo all'idea di finzione espansa.
<i>Multiversité</i> al Centre Pompidou. Photo Claude Planchet
Multiversité al Centre Pompidou. Photo Claude Planchet
La sezione Making è dedicata allo sviluppo delle possibilità del Fab Lab del centro stesso, che affianca residenze d'artista e, in questo caso, si appoggia al Songhai Center di Porto Novo nel Benin, con alcuni prodotti della riflessione del designer togolese Kossi Aguessy.

Poi alcuni affascinanti pezzi realizzati con la sabbia del deserto egiziano e creati per mezzo del Solar System Sinter dal designer Markus Kayser.
Andrew Kudless / Matsys, Chrysalis III</i>, 2012. © Andrew Kudless
Andrew Kudless / Matsys, Chrysalis III, 2012. © Andrew Kudless
La terza sezione della mostra, Representing, è decisamente centrata sull'ambiente grafico e interattivo, che ormai ci avvolge come una seconda natura. Twitter, database, social networking – e tutta la voluminosa massa di discorso e di senso frutto del flusso comunicativo odierno – ridisegnano l'universo, come nello splendido wallpaper di Antonin Rohmer che apre la mostra. La visualizzazione e l'interfaccia di questa nuova idea di comportamento di attitudini alla relazione in community, chat e blog aprono a una metafisica del contemporaneo.
<i>Multiversité</i> al Centre Pompidou. Photo Claude Planchet
Multiversité al Centre Pompidou. Photo Claude Planchet
Nel lavoro di Lustlab, in collaborazione con Pieke Bergmans (nel quale due lampade da tavolo fuori scala si muovono e interagiscono con i flussi comunicativi di un'intera porzione della vita sociale in rete), diviene evidente questa espansione e interazione inconscia dell'universo informativo globale. E infine, la funzione stessa del museo come struttura percorribile sembra messa in crisi dal progetto del Medialab of Sciences Po dell'università di Parigi. Il lavoro di ricerca collettivo fornisce un esempio di come la storia dell'arte potrebbe intraprendere una dinamica e un percorso decisamente differente, ispirata a un'estetica numerica e digitale, in un futuro nemmeno tanto prossimo. Basterà dotarsi di archivi e software che siano in grado di visualizzare non solo i processi di pensiero degli artisti, ma anche d'integrarli direttamente al dibattito o alle controversie a cui s'ispirano o reagiscono. Nemmeno le strategie dello scandalo resisteranno alle fredde e sensuali derive del digitale.
Casey Reas, <i>Pièce numérique Process 13</i>, 2010. © Casey Reas, [DAM]
Casey Reas, Pièce numérique Process 13, 2010. © Casey Reas, [DAM]
Fino al 6 agosto 2012
Multiversité Créatives
Centre Pompidou, Gallerie 315
<i>Multiversité</i> al Centre Pompidou. Photo Claude Planchet
Multiversité al Centre Pompidou. Photo Claude Planchet
Achim Menges, in collaborazione con Steffen Reichert, <I>HygroScope - Meteorosensitive Morphology</i>, 2012. © Achim Menges
Achim Menges, in collaborazione con Steffen Reichert, HygroScope - Meteorosensitive Morphology, 2012. © Achim Menges
LUSTlab e Pieke Bergmans, <i>Res Sapiens 2</i>, 2012. © LUSTlab e Pieke Bergmans
LUSTlab e Pieke Bergmans, Res Sapiens 2, 2012. © LUSTlab e Pieke Bergmans

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