Addio a Riccardo Sarfatti

Riccardo Sarfatti, architetto, designer, imprenditore, professore, uomo politico se ne è andato stanotte in un incidente d'auto.

Uomo dai tanti interessi, viveva l'architettura con passione e come momento centrale della vita sociale della comunità in cui aveva scelto di vivere: come la politica, in quanto azione inerente ai problemi dei territori e delle persone. Un'azione che sentiva necessaria tanto da aver adottato lo slogan "più democratici, meno timidezza". La possibilità di un democratico confronto tra idee diverse (l'essenza della democrazia) e "l'interesse comune" erano parole ricorrenti nei suoi interventi.
Se negli ultimi anni, dunque, la passione politica aveva preso il sopravvento, tuttavia sentiva l'azione politica come attività contigua a quella di architetto e imprenditore: la continuazione di un mestiere che senza radici nella società non ha senso di esistere.

Fondatore, nel 1979, di Luceplan - divenuta prestissimo uno dei marchi icona del design italiano -, professore di composizione architettonica al Politecnico di Milano e alla Facoltà di Architettura di Venezia, presidente di Assoluce (l'Associazione dei produttori italiani degli apparecchi di illuminazione), attivo in Confindustria, presidente del CNAD (Consiglio Nazionale delle Associazioni per il Design), promotore del Forum degli imprenditori liberal "Libertà & Giustizia", anima del Partito Democratico Lombardo (è stato il candidato riformista alle ultime elezioni regionali): sono alcune delle tante 'voci' del suo curriculum.

Sarfatti viveva la sua passione per l'architettura e il design e, più in generale, per l'ambiente costruito dall'uomo, come impegno civile, tanto da essere sempre in prima fila in tutte quelle battaglie civili e sociali che non ha mai ritenuto di poter ignorare: dalle più piccole alle più grandi, dalle questioni politiche, come quelle relative alle strategie per il lavoro in funzione della valorizzazione "di una struttura produttiva, per certi versi, originale e unica al mondo", fino a quelle più universali, quali la deriva sociale e politica di una città e di una regione che non accettava perdesse la sua anima legata all'identità industriale.

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