L'architecture au basilic
Quel modo francese di cucinare che si può gustare nei grandi ristoranti di Parigi, quelli lucidi di ottone e di lampadine bianche dove vanno signori vestiti di nero e signore che fanno vedere dove cominciano i seni e anche dove sono (i seni), è un modo di cucinare immaginato nei palazzi reali e dintorni perché re, cortigiani e cortigiane mangiassero bene e pensassero di mangiare bene, e potessero anche parlare del mangiare, parlare per ore. [...] Cucinare in quel modo è una operazione molto difficile, ci vuole molto tempo. Prima di tutto si devono preparare molte salse, molti 'fondi' come si chiamano e i fondi sono salsette misteriose, che vogliono molta pazienza, pazienza e disciplina. […]

Invece il modo di cucinare che si trova nelle trattorie o anche nei ristoranti in Italia, è stato inventato da contadini, da pescatori, da disgraziati abitanti delle montagne. Il problema è che se c'è soltanto il tempo per accontentarsi dei cosiddetti prodotti della natura così come sono, i prodotti della natura sanno di poco, hanno soltanto, eventualmente, profumi inafferrabili che svaniscono presto nell'aria, profumi che passano per il naso ma non stanno attaccati al palato e i prodotti della natura, hanno sapori fragili, forse sublimi ma che soltanto una lunga concentrazione accompagnata da una lunga esperienza dei sensi, permette di riconoscere; sono sapori di legno, di polpe umide che sanno di seme o di frutto, sanno di sperma, sapori di radici dolci o amare, di erbe verde scuro, aspre o trasparenti, gialle come germogli, sapori di granaglie dolciastre, di grossi fagioli con la polpa sabbiosa come pane senza sale. […]

Contadini, pescatori, gente di montagna, si aiutano con droghe povere, con l'aglio, con le cipolle, con il basilico, con l'origano, con la salvia, con il rosmarino, con il timo, con l'alloro, con il sale raccolto dal mare, con peperoncini, con miele, con fichi zuccherati, con olive, con olio verdastro, con acciughe salate, con capperi, con formaggi asciutti, con parmigiani, con uva per fare aceto, per fare vino, che è poi produttore di sogni, di visioni eroiche, di furie inarrestabili…

Succede anche con le architetture. Ci sono le architetture regali, quelle che hanno fatto la storia antica, regale, dell'architettura, praticamente quella scritta e illustrata da Sir Banister Fletcher […] e ci sono le architetture regali di oggi, grandi, sofisticate, preziose, precedute da complicate, ermetiche elaborazioni tecnologiche – come si dice – ecc. e poi ci sono le case, le casette, i muri, i cancelli, le scale e le scalette, le finestre e le finestrine, i pavimenti, l'architettura senza storia prodotta dalle periferie di tutto il pianeta; case e casette depositate dovunque, lungo strade deserte, anche ai bordi delle autostrade, depositate sui terreni abbandonati, quei terreni che non valgono niente, terreni che non hanno senso, spazi dove non c'è niente da 'mostrare', dove non ci sono istituti da proteggere, dove non ci sono sistemi da perfezionare, dove non c'è tempo per fare le salse, dove non ci sono soldi per pagare il tempo, dove bisogna concludere subito o lasciar stare, dove si deve arrivare all'estasi con poco, dove si deve arrivare alla canzone, al piacere, alla serenità di esistere, con poche parole, con pochi profumi, pochi fiori, poche foglie, pochi, miserabili colori, pochi gentili sapori, il rosmarino, i capperi, il basilico. Potrei anche pensare a una cultura del poco; una cultura del fragile, dell'ineffabile, dell'allusivo.