Il loro nome deriva dall’antico greco e significa idea. Ma IDEO è anche l’acronimo di Innovation, Design, Engineering e Organization. Quattro fattori che, da sempre, sono le chiavi di lettura preferite della compagnia, fondata ufficialmente nel 1991, quando cioè Bill Moggridge decise di unire le forze con altre due agenzie di design: David Kelley e Matrix. In dieci anni IDEO, che nel frattempo è diventato un team di 370 persone e dal 1996 è partner del gruppo Steelcase, ha ridisegnato i confini del nostro quotidiano. Un gruppo eterogeneo di professionisti che - da Londra, Monaco, New York, Chicago, Boulder, Grand Rapids, Palo Alto, Boston San Francisco e Tokyo - inventa i nuovi indispensabili lussi contemporanei. Con un pizzico di poesia e tanta tecnologia. E senza mai scordare che “Il mondo digitale”, come spiega Colin Burns, “esalta, ma non sostituisce il mondo reale”.
Cosa si intende oggi per interaction design?
Penso che il cuore dell’interaction design sia creare un comportamento. Alla lettera, la traduzione di industrial design è dare forma, ma naturalmente, gli industrial designer fanno molto più di questo. Così come gli interaction designer fanno molto di più che offrire comportamenti agli artefatti software e hardware. Inevitabilmente, si finisce col disegnare comportamenti per gli utenti: progettiamo oggetti che forzano le persone a comportarsi in un certo modo. E questa, a volte, può essere una grande responsabilità.
“Il coltellino svizzero non ha mai fatto andare in rovina i produttori di lussuosi servizi di posate”. Citando Don Norman, hai usato questa metafora per spiegare che il mondo digitale serve per esaltare il mondo reale e non per sostituirlo. Ne sei sempre convinto?
Penso che sia sostanzialmente vero. Il personal computer è un coltellino svizzero. È in grado di fare dieci cose diverse, alcune piuttosto bene, altre forse un po' meno. È un prodotto o un sistema che è stato inventato per il desktop publishing. E che ora è diventato molto più complesso: uno strumento di comunicazione, una suite di video editing. Una delle cose che ci interessa di più in IDEO – e penso che faccia parte del nostro futuro – è questa: nessuno di noi ha mai pensato di buttare via il servizio di posate buono, solo perché possiede un coltellino svizzero; continuiamo anzi ad apprezzare le posate di buona fattura. Penso che i computer siano ancora coltellini svizzeri: ci sono nuovi computer ad alte prestazioni tecnologiche, bellissimi e che sanno fare molto bene una cosa sola.
Hai detto anche che “Ciò che conta è quello che avviene tra una disciplina e l’altra”. Pensi che il progetto sia ciò che accade tra la tecnologia e la vita?
No, non penso che il progetto si trovi in mezzo ad altre discipline. Penso piuttosto che il progetto si possa definire una disciplina a sé e che abbia il proprio posto. Penso anche al nostro lavoro: le idee migliori non sempre arrivano dai designer. Anzi, spesso arrivano dal fattore umano di uno scienziato o dal lavoro di un ingegnere meccanico. Il fatto che alcune persone frequentino le scuole di design e abbiano un biglietto da visita con sopra scritto ‘designer’ è un po’ fuorviante. Penso che il progetto si possa ricondurre essenzialmente all’attività creativa. E una delle cose che ci coinvolge più direttamente è la progettazione di massa. Molte persone normali progettano oggetti nella loro vita quotidiana. E molto del nostro lavoro consiste nel prendere atto delle idee che i nostri clienti e utenti hanno già avuto e trovare il modo di distribuirle. Il progetto non è ciò che avviene tra le diverse discipline, ma è ciò che avviene tra i cosiddetti designer professionisti e i designer non propriamente detti, che in realtà giocano un ruolo molto importante nel processo di innovazione.
Un progetto recente di cui siete particolarmente soddisfatti?
Sei mesi fa abbiamo inaugurato il nuovo quartier generale Vodafone di Lisbona. Il senso del progetto era creare una esperienza multimediale che accogliesse chi entrava nell’edificio. Vodafone è un marchio high-tech, giovane e legato all’idea di divertimento, ed è molto interessato al ruolo che il multimedia gioca nelle nostre vite. Alcune delle componenti (arredi e architettura) che abbiamo disegnato per l’atrio si muovono in questa direzione. Quando entri, provi una esperienza che ti racconta qualcosa del brand. Come il tavolo che al suo interno racchiude un computer. Sulla sua superficie un grande schermo orizzontale mostra una mappa interattiva di Lisbona per trovare i punti più interessanti. Abbiamo cercato di farlo assomigliare il meno possibile a un computer e il più possibile a un normale tavolo. Il secondo elemento interessante – è un edificio bellissimo che si trova su un lago poco profondo – è un enorme display all’aperto, lo si può vedere attraverso la finestra dell’atrio, che proietta diverse situazioni. Quello che preferisco è un videogioco di una partita di football. Al quale si può giocare usando il telefonino, sia dalla hall (mentre magari si aspetta l’inizio di una riunione) sia in modalità remota. L’obiettivo era usare il multimedia come uno strumento per rinforzare il brand Vodafone e creare una esperienza interessante per le persone in attesa. Abbiamo avuto numerosi feedback positivi ed è un progetto del quale siamo orgogliosi.
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