Allegoria dell’Italia

Sono passati 400 anni da quando il pittore francese Valentin De Boulogne ritrae un’Italia splendente e fiera. Una rappresentazione allegorica che offre oggi un valido spunto per guardare all’attualità.

Erano le 22:10 quando il 25 Aprile del 1945 quando da Radio Busto, emittente radiofonica della provincia di Varese, città molto vicina a Milano, arriva l’annuncio: “In nome del popolo italiano il Comitato di liberazione dell'Alta Italia assume tutti i poteri, i corpi armati fascisti sono disciolti”. L’Italia era finalmente libera dal regime. L’Italia era stata liberata.

Approfittando di una festività così simbolica per l’Italia, e per l’Europa intera, torniamo a parlare di attualità. Molti storici, giornalisti, capi di stato ed esperti, non tutti in realtà, paragonano la guerra in Ucraina alla seconda guerra mondiale. Un conflitto che ha visto tutte le nazioni e le potenze del mondo coinvolte a causa della smania di conquista e di potere di un solo uomo: Adolph Hitler.

L’Italia, “popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori e trasmigratori”, dopo anni di guerra era fiacca, indolenzita, distrutta. Una nazione da ricostruire, con le sue bellezze artistiche colpite e suoi ruderi, antichi e moderni, mescolati.

L’Italia e la sua allegoria vengono raccontate da uno dei caravaggeschi più noti: Valentin de Boulogne che Giovanni Baglione, artista suo contemporaneo, descrive così: “Non si deve passar con silenzio la memoria di Valentino Francese, il quale andaua imitando lo stile di Michelagnolo da Caravaggio, dal naturale ritrahendo. Faceua quest'huomo le sue pitture con buona maniera, e ben colorite a olio, e tocche con fierezza: e i colori a oglio ben' impastava”.

Valentin de Boulogne, Allegoria dell’Italia, 1628-29
Valentin de Boulogne, Allegoria dell’Italia, 1628-29. Courtesy Institutum Romanum Finlandiae

Il pittore francese, nato a Coulommiers nel 1591 e morto a Roma nel 1632, descrive l’Italia (molti critici la interpretano come l’Allegoria di Roma) in una tela di grandi dimensioni, che supera i tre metri d’altezza per circa due e mezzo di larghezza.

La tela è meravigliosa per carattere, solennità, fluidità del colore, dei panneggi e per crudezza di linguaggio. I gemelli Romolo e Remo, accanto al vecchio che rappresenta il Tevere e alla lupa, sono monelli di strada, uno dei due guarda verso lo spettatore, come a voler raccontare il fatto. I due anziani, uno che incarna appunto il fiume che attraversa Roma e l’altro che rappresenta l’Arno, non sono altro che due popolani che provano ad atteggiarsi a figure composte ed autorevoli, solenni e maestosi come i due fiumi.

Lo spirito di Caravaggio si insinua con vigore nella teatralità dell’insieme. L’Italia, maestosa, padroneggia la scena. Il pathos è caricato dalla pennellata avvolgente, dal dinamismo compositivo e dalla luce calda che avvolge la scena e che si sofferma con intensità su alcuni volti, soprattutto quello della donna, avvolta da panneggi plastici, lasciando così altre parti del dipinto in una scura penombra, tipica del Caravaggio.

Quel giorno, o amici, abbiamo vissuto una tra le esperienze più belle che all’uomo sia dato di provare: il miracolo della libertà.

De Boulogne racconta l’Italia del suo tempo, quando numerosi artisti ne sentivano il richiamo dettato per lo più dalla pittura innovativa del Merisi e dalla floridezza del mercato, legata a numerosi committenti e collezionisti pubblici e privati. La racconta così, splendente e fiera, del tutto inconsapevole del destino che verrà.

“Dopo venti anni di regime e dopo cinque di guerra, eravamo ridiventati uomini con un volto solo e un’anima sola. Eravamo di nuovo completamente noi stessi. Ci sentivamo di nuovo uomini civili. Da oppressi eravamo ridiventati uomini liberi. Quel giorno, o amici, abbiamo vissuto una tra le esperienze più belle che all’uomo sia dato di provare: il miracolo della libertà” Dalle parole di Noberto Bobbio ricordiamo lo scorso 25 Aprile, la festa della liberazione dell’Italia e presto, si spera, quella dell’Ucraina, senza dimenticare un auspicabile 25 Aprile anche per il popolo russo.

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