Quale sia il confine tra arte e design sembra essere uno dei temi centrali della ricerca artistica di Franco Mazzucchelli, classe 1939, già nel 1976 invitato alla Biennale di Venezia, noto a livello internazionale per le sue opere gonfiabili in PVC.
La verità è che tutti gli artisti prima o poi fanno bieca decorazione.
Se è innegabile che i gonfiabili e le opere documentative dei primi anni siano ormai diventati quasi oggetti di culto, celebrati da mostre in tutto il mondo (dal Museo del Novecento al Pompidou di Metz), c’è ancora tanto da raccontare sul ciclo della Bieca Decorazione, che l’artista realizza da cinquant’anni e che trova spazio per la prima volta proprio su Domus nel 1972. Colori fluo, glicole, finiture metallizzate e superfici specchianti… l'allegra tavolozza dei quadri gonfiabili in PVC di Franco Mazzucchelli sembra infinita. Eppure, dietro a questo sberluccichio si nasconde un approccio ideologico all’arte e una storia pluridecennale di impegno sociale. Non a caso, dopo le mostre personali al Gaggenau Hub di Milano e l’installazione al MACRO di Roma, proprio le opere della Bieca Decorazione faranno tornare quest’anno l’artista alla Biennale di Venezia (Padiglione della Repubblica Araba Siriana).
Ma come nasce e perché è così importante la Bieca Decorazione?

Sul numero 510 maggio 1972 Domus racconta l’installazione artistica realizzata da Franco Mazzucchelli per lo showroom napoletano di Garavaglia (oggi DADA). Dopo un primo tentativo (semplice e limitato) presso la Fiera Campionaria di Milano, tra il 1971 e il 1972 l’artista insieme al progettista Angelo Cortesi (tre volte Compasso d’oro) realizza una complessa installazione che occupa tutto lo spazio. Come riporta l’articolo, si tratta dell’inedito tentativo di portare all’interno di un contesto “domestico” la ricerca di Franco Mazzucchelli, per cui l’arte non è l’opera, ma l’interazione che si crea tra pubblico e manufatto artistico.

Dal 1964 Mazzucchelli realizza delle “azioni artistiche”, denominate A.to A. (art to abandon), durante le quali abbandona grandi gonfiabili in PVC da lui realizzati in luoghi estranei al mondo dell’arte (spiagge, parchi, piazze e persino asili nido). Queste “sculture” gonfiabili venivano spesso distrutte dalla foga divertita del pubblico; l'artista non si opponeva, ma anzi ricercava tale coinvolgimento, che documentava con video e fotografie. L’obiettivo era criticare la mercificazione esasperata dell’arte e la tendenza a replicare il manufatto artistico a fini commerciali, come se l’artista dovesse ricercare stilemi riconoscibili e diventare una forma di brand.

Da tale approccio deriva il desiderio dell’artista di portare all’interno di luoghi dell’economia (fiere e showroom) la propria arte. Alla fine del 1971 Mazzucchelli realizza un’altra installazione (a Milano presso lo Spazio Anny Di Gennaro) in cui per le prima volta appiattisce le proprie opere gonfiabili in modo tale da poterle appendere e formare una sorta di boiserie che sale dalle pareti fin al soffitto. È una rivoluzione nella rivoluzione: i pezzi unici gonfiabili realizzati da Franco Mazzucchelli finiscono per arredare in modo concettuale un intero spazio. Questi primi esperimenti rimangono tali fino alla fine degli anni ’90 quando l’artista dà origine a un vero corpo di opere denominate BD, ovvero “bieca decorazione”, caratterizzate dall’essere quadri gonfiabili in PVC.

È lo stesso Mazzucchelli a raccontare nel 2020 su SmallZine questa lenta e sofferta genesi: “negli anni ’80 ho vissuto un decennio di quasi totale silenzio creativo: guardandomi intorno constatavo che la mercificazione dell’arte che avevamo tutti criticato era rimasta la regola e soprattutto che si mascherava il legittimo bisogno, piacere e desiderio di ogni artista, di vendere le proprie opere con un apparato ideologico tanto complesso quanto incerto. La verità è che tutti gli artisti prima o poi fanno bieca decorazione. […] Qualsiasi opera d’arte, anche quella portatrice del più elevato contenuto ideologico, una volta appesa diventa decorazione e assume un significato completamente diverso dall’originale intenzione artistica”.

Inoltre bisogna considerare che alla fine degli anni ’90 l’artista sente sempre più la mancanza di fare arte, considerando anacronistico il ripetere le Azioni degli inizi. Arriva a dichiarare che: “l’anima del pittore mi è rimasta e grazie alla Bieca Decorazione mi sono anche liberato dal fardello di me stesso. Con la BD mi sono riappropriato, superati i cinquant’anni, dei colori e dell’“armonia compositiva”.
La “Bieca Decorazione” risulta così essere un irresistibile mix di arte pop e concettuale, in cui il bisogno quasi viscerale di fare arte si fonde con l’autoironia e con il persistere di una convinta impostazione ideologica. In fondo l’impegno sociale non preclude il saper godere il bello della vita: nelle opere più recenti come negli showroom dei primi anni ’70, una volta appesa, anche la più forte opera di critica al capitalismo diventa un arredo senza alcuna utilità, un puro piacere per gli occhi, insomma una bieca decorazione.
Immagine in apertura: Franco Mazzucchelli, “ATOA” (art to abandon), negozio di mobili Garavaglia, Napoli, 1971-72. Courtesy Archivio Franco Mazzucchelli