Leaning Out: un intimo ritratto di Leslie E. Robertson, l’ingegnere del WTC

Il documentario di Basia e Leonard Myszynski, in uscita a ottobre, prova a far capire come il vero miracolo sia quanto le Torri Gemelle abbiano retto all’impatto e al calore prima di collassare.

WTC

Come un padre dal tragico destino, Leslie E. Robertson ha reso possibile la nascita di quel monumento al futuro che era il World Trade Center per poi vederlo morire. La sua storia, prima e dopo quel drammatico 11 settembre 2001 impresso nella memoria collettiva, è narrata con uno stile asciutto che si avvale di foto, interviste, grafiche che spiegano i dettagli ingegneristici degli edifici mostrati. La struttura del racconto può essere divisa in due blocchi principali.

La prima metà del film illustra la genesi del complesso architettonico che si poneva come gigantesca cattedrale del commercio internazionale. L’architetto incaricato Minoru Yamasaki detto Yama, già autore dell’IBM Building di Seattle, si segnalava nel panorama nordamericano per la voglia di superare il vecchio concetto di grattacielo di puro vetro attraverso un uso molto efficiente dell’acciaio. Da subito viene supportato dall’ingegnere Leslie Robertson e per entrambi il World Trade Center diventa il lavoro della vita, la cui complessità è ben illustrata dal film insieme a ciò che è stato fatto per risolverlo, come gli 11.000 ammortizzatori per la prima volta impiegati in un edificio per rispondere alle oscillazioni del vento. Ma i problemi non erano solo tecnici per i protagonisti dell’impresa, così totalizzante da rompere famiglie, da portare Roberston al divorzio dalla prima moglie.

Il World Trade Center all’inizio viene criticato. Qualcuno vede le Twin Towers come enormi scatole arroganti che se ne stanno lì, in modo brutale, per i fatti loro, a dominare senza eleganza lo skyline di New York. È proprio questo a ispirare l’iniziativa dell’equilibrista Philippe Petit, narrata nel film The Walk di Robert Zemeckis: camminare su una fune sospesa tra le due torri perché si congiungano, perché si diano la mano. Un gesto così forte e iconico da segnare l’inizio dell’amore dei newyorkesi per quei nascenti colossi che avrebbero rivitalizzato Lower Manhattan.

Leaning Out

Al minuto 28 di Leaning Out, però, si arriva al punto che tutti aspettiamo. Si arriva al collasso. Le immagini degli aerei che si schiantano contro le torri ci riportano indietro di 17 anni e richiamano alla mente altri lavori che hanno rievocato il dramma, come 11'09"01 – September 11, film di 11 cortometraggi di registi differenti tra cui è impossibile dimenticare quello di Alejandro Iñárritu. Nessuno aveva mai pensato che le torri potessero crollare. Quando l’impensabile però si è verificato, questo ha sollevato questioni sulla struttura e sul lavoro di Robertson, che si trovò a resistere al crollo dell’opera di una vita e, insieme, ai j’accuse contro di lui. Robertson, ingegnere e intellettuale, fondatore di una organizzazione non profit per l’abolizione totale delle armi nucleari, fu indicato come il responsabile del disastro pur senza aver fatto nulla.

Dal film Leaning Out: Leslie E. Robertson invervistato a NYC, 2017. Foto Leonard Myszynsky
Dal film Leaning Out: Leslie E. Robertson invervistato a NYC, 2017. Foto Leonard Myszynsky

Uno dei punti più interessanti del film è questo: far capire come il vero miracolo sia quanto le torri abbiano retto all’impatto e al calore generato dal carburante in fiamme di due aerei prima di collassare. È banale, ma vero: gli edifici non erano stati progettati per questo. E, nonostante tutto, hanno retto il tempo necessario per consentire a chi si trovava all’interno di scappare attraverso le scale di sicurezza. Tragicamente, quel giorno si sono estinte 2.754 vite, ma le torri ne hanno protette molte altre: le torri non hanno ucciso, le torri hanno salvato.

La vita di Leslie Robertson è andata avanti. Quella personale impreziosita dalla nuova moglie di origine malese, ingegnere a sua volta, che gli è al fianco da decenni in tutte le imprese lavorative. Quella professionale con nuovi importanti traguardi, come lo Shanghai World Financial Center e la Lotte World Tower di Seoul, uno dei 10 edifici più alti del mondo. Ma un velo di tristezza rimane negli occhi di quest’uomo come in quelli di chiunque sopravvive a una tragedia che non può essere cancellata, traumatica e senza senso come la perdita di un figlio.

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