Visages, Villages: il nuovo film di Agnès Varda e JR

Candidato all’Oscar 2018 come miglior documentario, racconta lo “strano incontro” tra la regista-icona della Nouvelle Vague e lo street artist JR nella campagna francese.

Agnes Varda e JR. © Agnes Varda, JR, Cine-Tamaris, Social Animals

Dire Agnès Varda significa declinare Nouvelle Vague al femminile. Due furono le correnti della Nouvelle Vague francese: quella raccolta attorno ai Cahiers du Cinéma e a André Bazin – con, in prima fila, Jean-Luc Godard, François Truffaut, Éric Rohmer e Claude Chabrol – e il gruppo della Rive Gauche. Agnès Varda, insieme a Chris Marker e Alain Resnais, stava tra i secondi. Fu forse per influenza dell’impronta più marcatamente letteraria della riva sinistra dove gravitavano Alain Robbe-Grillet e Marguerite Duras che Varda elaborò una pratica filmica chiamata cinécriture ovvero l’uso della macchina da presa come fosse una penna.

Agnès Varda, l’unica regista donna del movimento che rivoluzionò il cinema, è certamente un nome meno noto rispetto alle superstar Truffaut e Godard. Probabilmente si tratta di un riflesso del vento femminista che finalmente ha cominciato a soffiare nella cultura e nella società se la regista belga-francese sta vivendo, quasi novantenne, un’inattesa e forse insperata fortuna mainstream. È di novembre l’Oscar onorario alla carriera e quest’anno è diventata la candidata più anziana di sempre a un Oscar competitivo per il documentario Visages, Villages.

Si tratta di un film nato da uno “strano incontro”, quello tra la regista e lo street artist JR, una sorta di Banksy francese famoso per aver incollato sticker di grande formato – spesso collage di ritratti non convenzionali – su muri famosi, come quello che divide Israele e Palestina a Betlemme o il confine USA-Messico; pavimenti famosi, come quello del Pantheon a Parigi; anonime superfici urbane e addirittura sulla piramide del Louvre, fatta “sparire” con un intervento anamorfico. Nonostante le differenze, anagrafiche e di temperamento artistico, scopriamo che si tratta di un sodalizio nato dalla mutua ammirazione.

Agnès Varda e JR Villages, Visages, immagine portante del film
Agnès Varda e JR Villages, Visages, immagine portante del film

Il titolo è accurato: è il resoconto di un viaggio a due attraverso la Francia rurale, dalla Normandia alla Provenza. In un certo senso la peregrinazione per villaggi secondari, marginali, a volte neppure identificati può ricordare le mappature del Suffolk o del Veneto o delle campagne mitteleuropee di Winfried Georg Sebald. Tuttavia, se lo scrittore tedesco cercava tracce letterarie o storiche secondarie per edificare la sua storia naturale della distruzione, Varda è interessata al presente e alle storie di donne e uomini vivi qui e ora. Il documentario (“la mia scuola di modestia”) per la regista non è una inerte registrazione dell’esistente, piuttosto si fonde con l’agit prop. La linea politica è chiara e coerente con un corpus di opere ormai ultrasessantenario: in Visages, Villages assistiamo a una parata di resistenti. Come capitò all’iconica Sandrine Bonnaire del capolavoro Sans toit ni loi, Senza tetto, né legge (1984) l’onore e l’onere di rappresentare la resistenza alla macchina stritolante e disumanizzante del sistema capitalista è affidato principalmente a figure con due caratteristiche: la marginalità come scelta esistenziale e il sesso femminile.

Agnès Varda costruì molti film, cominciando da Cléo de 5 à 7 (1961), con una focalizzazione interna alla protagonista per attuare una de-feticizzazione dello sguardo sulla donna ma il suo femminismo non è mai scisso da una prospettiva politica più ampia che abbraccia tutti i meccanismi di oppressione.

In questo senso, la migliore metafora del capitalismo secondo Varda giunge attorno a metà film quando si improvvisa una mini-inchiesta sulla pratica di escissione delle corna nelle capre da allevamento. Non a caso a protestare contro la stupida barbarie di questa castrazione è una allevatrice che, intervistata, dichiara: “Se una capra ha le corna deve tenersele... Non trovo una spiegazione logica a meno che le si consideri un prodotto che deve avere un certo tasso di rendimento”. Non c’è spazio per una logica efficientista e darwinista nello sguardo che seleziona i visage di provincia del film – si direbbe anche un attacco indiretto alla nuova Francia cool e neoliberista macroniana: i grandi ritratti realizzati da JR che diventano sticker sui muri celebrano l’ultima donna che si ostina a vivere nelle case dei minatori ostacolando un progetto di demolizione e gentrificazione, un anziano artista che vive con la pensione minima e realizza bizzarri assemblage con materiali di riciclo, gli operai di una salina, le mogli dei portuali sindacalizzati di Le Havre e, appunto, una capra con le corna.


L’altro tema di Visages, Villages è intimo e autobiografico. Il topos del viaggio intergenerazionale è l’occasione per una meditazione sul passare del tempo, sul declino fisico materializzato, con focalizzazione molto godardiana, nelle singole parti del corpo: gli occhi e le gambe. Il filo politico si intreccia con un pellegrinaggio memoriale nei luoghi e tra le persone di una vita: la tomba di Henri Cartier-Bresson nel minuscolo cimitero di Montjustin, la spiaggia normanna dove 60 anni prima un giovanissimo Guy Bourdin fece da modello e poi, ovviamente, la Nouvelle Vague. Un toccante remake della celeberrima corsa attraverso il Louvre di Bande à part (Jean-Luc Godard, 1964) che fissò in una scena la sfida dinamica dei jeunes turcs alla cultura ingessata dei padri vede Varda su una sedia a rotelle spinta da JR commuoversi tra i Botticelli, i Del Sarto, gli Arcimboldo e introduce il finale: una visita amara al ritiro ginevrino di Jean-Luc Godard, il solo altro reduce di quella stagione ancora vivente e amico “difficile” di lunga data.


Visages, Villages è un nuovo capitolo esemplare dell’opera di Varda in cui la cinècriture prende le forme del memoir e del saggio engagé fondendosi con il suo apparente opposto: il documentario. Se immaginiamo politico e privato in dialettica lungo tutto il film allora la sintesi non può che essere la dichiarazione programmatica che lo apre: “Il mio più grande desiderio è incontrare facce nuove e fotografarle perché non vadano a finire nei buchi della mia memoria”. Salvare ciò che rischia di scomparire perché non è più tra i viventi o perché non risponde ai criteri di efficienza economica è la missione di Agnès Varda. Un’impresa che il mondo sta iniziando, tardivamente, ma finalmente, a ringraziare.

Titolo film:
Visages, Villages
Regia:
Agnès Varda, JR
Sceneggiatura:
Agnès Varda, JR
Musica:
Matthieu Chedid
Durata:
90 minuti
Anno:
2017

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