L’architettura nello specchio dell’artista

L’installazione di nebbia creata da Fujiko Nakaya per avvolgere la Glass House di Philip Johnson e la scultura di Dan Graham sul tetto del Metropolitan sono un’ulteriore conferma dell’interesse degli artisti per l’architettura e per il modo in cui dà forma allo spazio pubblico.

Dan Graham Metropolitan
È una perfetta giornata d’estate a New Canaan, nel Connecticut, ma il post-it appiccicato sulla copertina del libro nelle mani delle mia guida indica: “Nebbia alle 11.55 e alle 12.40”. “Johnson lo chiamava ‘un costosissimo fondale’”, spiega lei, indicando attraverso la vetrata i 19 ettari di stupenda campagna inondata di sole. 
Fujiko Nakaya, <i>Veil</i>, Glass House.  Photo © Richard Barnes
Fujiko Nakaya, Veil, Glass House. Photo © Richard Barnes
Il Johnson di cui si parla è Philip: una delle più grandi menti dell’architettura del secolo scorso, ideatore della Glass House, icona dell’architettura moderna che è stata una casa di villeggiatura per oltre cinquant’anni e oggi è un museo e un monumento nazionale. Nemmeno al grande artista barocco francese Nicolas Poussin è dato di spezzare la continuità del prezioso fondale: I funerali di Focione, il suo quadro del 1648, sta appeso isolato nella cornice in mezzo allo spazio.
Fujiko Nakaya, <i>Veil</i>, Glass House.  Photo © Richard Barnes
Fujiko Nakaya, Veil, Glass House. Photo © Richard Barnes
Mentre la mia guida mi spiega come la concezione arcadica del paesaggio di Poussin ispirasse Johnson nella meticolosa cesellatura della sua proprietà, guardo l’orologio. Alle 11.55 in punto iniziano a comparire delle nubi bianche, che oscurano prima la vista dello stagno artificiale sottostante, poi le sedie di Bertoia sulla terrazza e infine cancellano tutto il paesaggio. Per dieci minuti un velo di opacità scende sulla casa della trasparenza. Poi, altrettanto d’improvviso, la nebbia si alza e l’Arcadia verdeggiante ritorna. Lo svelto folletto cui si deve questo impressionante mutamento atmosferico è l’ottantaduenne Fujiko Nakaya. Grazie a 600 macchine da nebbia accuratamente calibrate la sua installazione site-specific, intitolata Veil, “Velo”, metterà in scena il suo cronometrico gesto di cancellazione fino al 30 novembre, aiutando Johnson a realizzare finalmente il suo sogno di un’architettura che svanisce.
Dan Graham, <i>Hedge Two-Way Mirror Walkabout </i>, 2014, for <i>The Roof Garden Commission</i>: Dan Graham with Günther Vogt on The Metropolitan Museum of Art’s Iris and B. Gerald Cantor Roof Garden. Photo Hyla Skopitz, The Photograph Studio, Copyright The Metropolitan Museum of Art
Dan Graham, Hedge Two-Way Mirror Walkabout , 2014, for The Roof Garden Commission: Dan Graham con Günther Vogt sul tetto del Metropolitan Museum. Photo Hyla Skopitz, The Photograph Studio, Copyright The Metropolitan Museum of Art
Fujiko Nakaya è nata in Giappone, a Sapporo, nel 1933. Figlia del celebre fisico Ukichiro Nakaya – cui si deve l’invenzione della neve artificiale – appare più che naturale che, da artista, interessata alla forma delle nuvole fin dalla giovinezza, sia giunta negli anni Settanta a creare le prime sculture di nebbia del mondo. Negli ultimi quarant’anni la carriera l’ha portata in giro per il mondo, ma la sua presenza è stata spesso messa in ombra dall’importanza di collaboratori come Trisha Brown, Bill Viola, Robert Rauschenberg, e di architetti come Diller, Scofidio & Renfro, con cui ha lavorato alla celebre nebbia del celebratissimo padiglione mediatico dell’Expo svizzera del 2002: il Blur Building, l’“edificio che sfuma”.
Fujiko Nakaya, <i>Veil</i>, Glass House.  Photo © Richard Barnes
Fujiko Nakaya, Veil, Glass House. Photo © Richard Barnes

Per celebrare il 65° anniversario della Glass House Nakaya ha trascorso quasi un anno a sperimentare le condizioni climatiche e l’andamento dei venti per realizzare Veil, la prima opera site-specific che coinvolge la casa stessa. Benché Johnson abbia lavorato continuamente sulla proprietà della Glass House, aggiungendo alla proprietà non meno di 14 strutture in oltre cinque decenni, al centro della sua coreografia c’è sempre stato il paesaggio. Nella sua raffinata individuazione degli aspetti visibili e invisibili del luogo e nella continua trasformazione del rapporto tra struttura e sito Veil rappresenta una rinfrescante via di scampo dall’ondulata liquidità della calura estiva e una forma di collaborazione di perfetta continuità, che continuerà ad aleggiare nel luogo ben oltre la dispersione fisica.

Dan Graham, <i>Hedge Two-Way Mirror Walkabout </i>, 2014, for <i>The Roof Garden Commission</i>: Dan Graham with Günther Vogt on The Metropolitan Museum of Art’s Iris and B. Gerald Cantor Roof Garden. Photo Hyla Skopitz, The Photograph Studio, Copyright The Metropolitan Museum of Art
Dan Graham, Hedge Two-Way Mirror Walkabout , 2014, for The Roof Garden Commission: Dan Graham con Günther Vogt sul tetto del Metropolitan Museum. Photo Hyla Skopitz, The Photograph Studio, Copyright The Metropolitan Museum of Art

Una visita al terrazzo del Metropolitan Museum di New York dimostra che le fantasie arcadiche ispirate a Johnson quest’anno, sulla costa atlantica, vanno di moda. Nella seconda di un ciclo di opere commissionate dal Metropolitan Museum e destinate in particolare alla collocazione nel Roof Garden, il celebre artista americano Dan Graham si è unito all’architetto paesaggista svizzero Günther Vogt nella creazione di Hedge Two-Way Mirror Walkabout (“Percorso tra siepi di specchi a due vie”) – un po’ padiglione, un po’ scultura da luna park – consistente in una curva a S di vetrate a specchio fiancheggiata da due siepi d’edera parallele. Il padiglione sorge su un prato artificiale verde bandiera ed è incorniciato dalle alte e spesse siepi che serpeggiano lungo il perimetro del terrazzo.

Dan Graham, <i>Hedge Two-Way Mirror Walkabout </i>, 2014, for <i>The Roof Garden Commission</i>: Dan Graham with Günther Vogt on The Metropolitan Museum of Art’s Iris and B. Gerald Cantor Roof Garden. Photo Hyla Skopitz, The Photograph Studio, Copyright The Metropolitan Museum of Art
Dan Graham, Hedge Two-Way Mirror Walkabout , 2014, for The Roof Garden Commission: Dan Graham con Günther Vogt sul tetto del Metropolitan Museum. Photo Hyla Skopitz, The Photograph Studio, Copyright The Metropolitan Museum of Art
Graham – artista che cinquant’anni fa ha fatto di New York la sua patria – infonde nella sua prima opera site-specific creata per la città da oltre vent’anni a questa parte i temi della natura e dell’artificio presenti in gran parte della sua opera: i lussureggianti prati verdi delle abitazioni suburbane, i paesaggi borghesi settecenteschi curati fino a sembrare quadri (che Frederick Law Olmsted riprese nella creazione del Central Park) e il linguaggio vernacolare del vetro e dell’acciaio della città americana moderna.
Fujiko Nakaya, <i>Veil</i>, Glass House.  Photo © Richard Barnes
Fujiko Nakaya, Veil, Glass House. Photo © Richard Barnes
Benché l’interesse per l’architettura e per il modo in cui dà forma allo spazio pubblico lo abbia condotto a elaborare un linguaggio pluridisciplinare che comprende la scrittura, la fotografia, il video e la performance, Graham è noto soprattutto per gli environment scultorei di vetro a specchio che ha iniziato a realizzare negli anni Settanta. Considerando le sue strutture ibride alla stregua di ‘padiglioni’ Graham usa i materiali e le forme dell’architettura moderna per richiamarsi alle costruzioni dei giardini ornamentali del XVII e del XVIII secolo, che spesso si rifacevano all’antichità classica. Benché Graham attribuisca all’architetto tedesco-americano Mies van der Rohe l’ispirazione prevalente, guardare le sue opere a specchio e vedere solo Mies significa trascurare il creatore della Glass House.
Fujiko Nakaya, <i>Veil</i>, Glass House.  Photo © Richard Barnes
Fujiko Nakaya, Veil, Glass House. Photo © Richard Barnes
Per molti versi è stato certamente Philip Johnson a dare all’America Mies van der Rohe. Come direttore del Dipartimento d’Architettura del MoMA la sua mostra The International Style” del 1932 fece conoscere agli americani giganti come Le Corbusier, Mies e Gropius. L’influsso che questa mostra esercitò sugli sviluppi dell’architettura americana per tutto il secolo non sarà mai abbastanza sottolineato. La successiva mostra di Johnson dedicata a Mies van der Rohe nel 1947 aprì la strada al lavoro comune del 1959 per il Seagram Building. Di quello che è oggi un simbolo della modernità, l’architetto Ricardo Scofidio (autore del citato Blur Building) pensa che l’avvento del Seagram Building fosse “il primo segno della consapevolezza che l’architettura dava alla città qualcosa che prima non c’era”. Proprio di questa nuova presenza Hedge Two-Way Mirror Walkabout costituisce la testimonianza.
Dan Graham, <i>Hedge Two-Way Mirror Walkabout </i>, 2014, for <i>The Roof Garden Commission</i>: Dan Graham with Günther Vogt on The Metropolitan Museum of Art’s Iris and B. Gerald Cantor Roof Garden. Photo Hyla Skopitz, The Photograph Studio, Copyright The Metropolitan Museum of Art
Dan Graham, Hedge Two-Way Mirror Walkabout , 2014, for The Roof Garden Commission: Dan Graham con Günther Vogt sul tetto del Metropolitan Museum. Photo Hyla Skopitz, The Photograph Studio, Copyright The Metropolitan Museum of Art
Nell’elegante curva del vetro del padiglione noi stessi e il nostro mondo ci ritroviamo riflessi, distorti e disvelati. Il pratone di Central Park appare come una creazione architettonica della stessa levatura degli edifici acuminati che lo circondano. Osserviamo la nostra immagine nello specchio di Graham e, attraverso di esso, osserviamo gli altri. Guardiamo loro che guardano se stessi e ci guardano. Con in mano un bicchiere del bar della terrazza ci sediamo sull’erba finta, a casa nostra tra la natura dell’artificio e l’artificio della natura. Siamo soddisfatti di avere un posto nel costoso fondale, perché in esso ci sentiamo attori di questa creazione di un sogno di mezza estate.
© riproduzione riservata


Fino al 2 novembre 2014
The Roof Garden Commission: Dan Graham with Günther Vogt
Metropolitan Museum, New York


Fino al 30 novembre
Fujiko Nakaya, Veil
Glass House
199 Elm Street, New Canaan, CT

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