Fantasmi al museo

A Bologna, in occasione di Arte Fiera, Marco Scotini mette a confronto due generazioni d’artisti, quella invisibile che ha lavorato prima del crollo del muro di Berlino e quella iper visibile post 1989.

Grazie alla disponibilità di alcuni noti collezionisti italiani e ai lavori di artisti internazionali, Marco Scotini mette in scena i fantasmi dell’Est Europa e i presagi dalla sua storia recente. A Bologna, dal 24 gennaio al 16 marzo, nei suggestivi spazi del quattrocentesco Museo Civico Archeologico, Arte Fiera presenta “Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa”, una grande rassegna sulla scena artistica dell’area post-sovietica contemporanea.

Vista della mostra “Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa” al Museo Civico Archeologico, Bologna

Lo ammetteva anche Jacques Derrida, nell’incipit del suo saggio Spectres de Marx, quando sosteneva che per lungo tempo, quasi un ventennio, non aveva riletto Il Manifesto del Partito Comunista. Questione d’impegni e di necessità – si dirà – perché uno studioso non può avere tutto sott’occhio, e molti testi – per quanto importanti – restano nel substrato attivo della memoria; là dove li abbiamo collocati al momento della loro prima scoperta, archivio dello spirito, ricordo, mattone per edificare altri monumenti. A volte – lo sappiamo bene – i libri non li leggiamo, li apprendiamo per fonte indiretta, per emulazione, perché siamo già passati all’analisi di ciò che non possediamo, ma che infesta, come un ricordo prodotto da altri, l’ambiente emotivo delle nostre creazioni. Come ci ricorda per esempio Walter Benjamin nell’Angelus Novus quando intima al lettore di non avanzare nel saggio sulle Affinità elettive a meno di non aver già letto il romanzo. È così, infatti, che ho scoperto Goethe, per paura di uno spettro: il libro citato, ma non letto. Per quella domanda posta da Derrida “Ripetizione e prima volta, ecco come potrebbe essere posta la questione dell’avvenimento, la questione del fantasma: chi è un fantasma?”. Un’interessante risposta viene dalla mostra che Marco Scotini ha curato presso il Museo Archeologico di Bologna – in occasione di Arte Fiera, la cui edizione 2014 prende in esame il ruolo del collezionista – e che, a partire dagli anni Settanta, sviluppa un’attenta riflessione intorno a due importanti assi temporali: il 1989 con la caduta del muro di Berlino e il 1991 quando si dissolsero l’Unione Sovietica e il Patto di Varsavia.

Vista della mostra “Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa” al Museo Civico Archeologico, Bologna

Se le domande filosofiche sembrano generare unicamente altre domande, allora il campo dell’estetica può offrire dei possibili progetti, declinazioni d’utilizzo di un paradigma affascinante, ma sterile, risposte parziali e concrete, esperibili nella loro materialità. Così si dovrebbe poter dire della mostra di Scotini, perché le premesse della materialità ci sono, le opere appaiono, occupano uno spazio fisico e concettuale, rimandano a una molteplicità di percorsi artistici: quarantacinque per la precisione. Si dovrebbe certo, se non fosse per quel sofisticato assunto teorico che, racchiuso nello spazio del prezioso catalogo e nel percorso delle sale del museo, confonde lo spettatore, rimanda continuamente a un altrove, richiede la sacra fatica di una partecipazione attiva, osserva più che essere osservato i movimenti psichici dello sguardo di chi guarda. “Il piedistallo vuoto. Fantasmi dall'est Europa” è un’assenza presente, un ectoplasma che sbiadisce alcuni contorni e rivela altre forme, un gioco per menti adulte e duttili, un viaggio a est, da compiere con gli occhi bene aperti perché le tematiche affrontate, rivela il curatore, ci riguardano tutti.

Vista della mostra “Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa” al Museo Civico Archeologico, Bologna

Titolo e sottotitolo presentano già un enigma poiché il piedistallo, elemento funzionale all’esposizione dell’opera, è il simbolo di ogni presenza istituzionalizzata, metafora di potere, necessario rimando a un posizionamento spaziale gerarchizzato: c'è un sopra e un sotto dell'opera, una sintassi riconoscibile. Il piedistallo annuncia e prefigura tutto tranne la presenza di un'assenza, il fantasma appunto. Il piedistallo vuoto è un paradosso, quasi un ossimoro, l'eventuale negazione dello stesso principio espositivo: cosa mostrare se il contenuto stesso della mostra sembra essere il vuoto? O, meglio un fantasma? Quest’ultimo, questi ultimi (una carrellata che rievoca l'esattezza delle figure spettrali shakespeariane, dall’Amleto a Macbeth passando per Giulio Cesare) rimandano invece ai diversi regimi di visibilità tra est e ovest, ciò che sta al di qua e ciò che sta al di là del muro. Come dichiara lo stesso curatore “per noi quello che c’era oltre la cortina di ferro era invisibile e così, al contrario, il nostro mondo era invisibile all’est, tanto che gli artisti più eversivi, quelli che lavoravano attraverso pratiche e temi invisi al regime, dovevano essere invisibili”. Nasce così, da quest’attenta riflessione, un bisogno: la messa a confronto di due generazioni d’artisti, quella che ha lavorato principalmente prima del crollo del muro di Berlino, invisibile, e quella che ha iniziato il proprio percorso artistico dopo il 1989, iper visibile, componente integrale di quella società debordiana di cui lo stesso Scotini si è occupato in modo magistrale attraverso importanti mostre – solo per citarne alcune, “Beautiful Banners: Representation, Democracy, Participation”, “Revolution Reloaded”, “Disobedience” – preziosi dispositivi in bilico tra engagement e descrittivo d’azione.

Vista della mostra “Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa” al Museo Civico Archeologico, Bologna

A Bologna, invece, allo spazio pubblico preferisce le stanze del museo dove, soltanto, i fantasmi possono apparire, inquadrati da un percorso apparentemente classico, costruito sul ritmo degli ambienti chiusi e aperti in successione tra corridoi e piante ottagonali, ritagliati secondo un’enfilade prospettica rinascimentale, in grande sintonia con l’architettura dell’edificio: il museo archeologico, luogo di proliferazione massima per piedistalli e fantasmi. La mostra appare come confezionata in un’ala segreta, raggiungibile attraverso un itinerario che immette lo spettatore dentro un universo emozionale, allontanandolo dal caos della simultaneità cittadina e obbligandolo – i percorsi codificati hanno questa caratteristica – a un regime forzato, quasi dovesse egli stesso tentare di ripercorrere le storie racchiuse nelle quarantacinque opere esposte.

Vista della mostra “Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa” al Museo Civico Archeologico, Bologna

Queste ultime hanno in comune un elemento che è stato lo stesso Scotini a far emergere con evidenza, rendendo la mostra un’occasione d’indagine oltre che un’esperienza estetica d'altissimo livello (grazie anche alla qualità dei singoli lavori), tutte parlano dello spettro socialista, tutte rimandano, in modo più o meno esplicito, alla promessa “fantasmatica” di una soluzione universale, di una cura politica – paradosso evidente nei lavori di Ivan Mikhailov, Artur Zmjewski e Deimantas Narkevicius – anche se nella fase post sovietica la transizione politica è finita, e non c'è nulla da abbandonare. Il fantasma non è più legato a un principio nostalgico: adesso lo spettro del socialismo ci appare in tutta la sua invadente assenza. Si tratta di un pensiero latente e presente al contempo, del sottofondo di un'area geografica di cui la mostra non vuole certo sottolineare i contorni. La provenienza stessa degli artisti è spesso taciuta, se non è il loro stesso lavoro a rivelarla – come per i tappeti di Said Atabekov e Thea Djordjadze – lasciando intravedere una geopolitica che dall'Albania alla Turchia include un “Est” ridefinito secondo nuove letture dei regimi transnazionali.

Vista della mostra “Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa” al Museo Civico Archeologico, Bologna

Il piedistallo è presente soprattutto nella tribuna, al cui centro un modello di città di Yona Friedman, maquette utopistica ad alto contenuto concettuale, guarda i futuristici disegni di Vyacheslav Akhunov, che già negli anni Settanta annunciava la sparizione delle grandi icone di Lenin attraverso una serie di realistici piedistalli in cui scritte come “torno subito” rimandano a una dimensione ironica tanto piacevole quanto inconsueta.

Vista della mostra “Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa” al Museo Civico Archeologico, Bologna

Queste opere fanno parte di uno dei due percorsi espositivi attraverso cui Scotini indirizza lo sguardo dello spettatore, L’archeologia delle cose, mentre ne Il teatro dei gesti compaiono note performance come quella di Marina Abramovic (fotografia della stella incisa sul ventre) o la serie d'interventi di Julius Koller che con la sua racchetta da ping-pong recupera un immaginario ben più esteso di quello dell’est Europa. Infatti più che di “Est Europa” sarebbe qui opportuno fare riferimento a un “percorso a est” inteso come cammino d’apprendimento, rifiuto totale di una dimensione occidentale individuale, annullamento del principio dialettico pubblico/privato che alimenta la nostra tradizione esperienziale, in favore di un principio di condivisione che facciamo, evidentemente, fatica a cogliere. Così torna, spettro di tutta l'esposizione, il fantasma di Marx e del suo libro rosso, che ci accompagna lungo il percorso, infastidendo a volte, spaventando altre, divertendo perfino, sempre presente grazie a questa lettura inedita che Scotini ci offre. Una serie di sipari si aprono davanti al visitatore, come nell’accumulo di mobilio di Ilya & Emilia Kabakov o nel residuato d’appartamento di Petrit Halilaj che ci ricordano quanto l’universo sovietico fosse composto di familiare quotidianità. Tanto che è difficile non dare ragione a Derrida, quando scriveva a proposito del Manifesto del Partito Comunista “Je savais bien qu’un fantôme y attendait, et dès l'ouverture, dès le lever du Rideau”. Per chi voglia incontrarlo è consigliata la visita del “Piedistallo vuoto” e del catalogo che, se possibile, ne aumenta il già ricco ventaglio di significati. Elisa Poli – co-founder clustertheory.eu

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Vista della mostra “Il Piedistallo vuoto. Fantasmi dall’Est Europa” al Museo Civico Archeologico, Bologna


Fino al 16 marzo 2014
Il piedistallo vuoto
Museo Civico Archeologico
via dell'Archiginnasio 2, Bologna