Yael Bartana: …e l'Europa stupirà

L'artista israeliana porta a Venezia il sogno di una comunità multinazionale e di una società polacca completamente nuova.

Nel vicolo cieco in cui lo Stato di Israele si trova con l'occupazione dei territori palestinesi (e con la creazione di un regime di segregazione) negli ultimi anni sono si sono delineate parecchie riflessioni problematiche sulla possibilità di un nuovo Stato ebraico: l'artista Ronen Eidelman ha proposto l'idea di uno Stato ebraico a Weimar, organizzando un ciclo di convegni in Germania; lo storico Ofri Ilani ha proposto un'identità panegiziana ebraico-palestinese e uno Stato bisessuale; il filosofo Udi Edelman ha varato un progetto di recupero e di mappatura delle narrazioni alternative di uno Stato ebraico (in Madagascar, in Alaska, in Argentina e altrove); e gli artisti Tal Adler e Osama Zatar hanno aperto a Vienna un'ambasciata del futuro Stato unitario israelo-palestinese. La trilogia profondamente filosofica di Yael Bartana, nata dall'attività del suo Movimento per la rinascita ebraica in Polonia (JRMiP), segue la stessa logica ma ne differisce per l'appello e la collaborazione con elementi locali, facendone un progetto polacco quanto israeliano.

Il progetto viene in certo qual modo aggiornato dal fatto che l'artista è una rappresentante ufficiale della Polonia alla 54a Biennale d'arte di Venezia (la mostra è a cura di Sebastian Cichocki e di Galit Eilat). La quarantunenne artista israeliana è la prima artista non polacca a rappresentare la Polonia nella storia della Biennale. Ha costituito il JRMiP formulandone insieme con Cichocki il manifesto: un appello al ritorno di 3.300.000 ebrei nella terra dei loro antenati.
Qui sopra e foto di apertura: Yael Bartana, <i>Zamach (Assassination)</i>, 2011
Foto di produzione. Photo Marcin Kalinski.
Qui sopra e foto di apertura: Yael Bartana, Zamach (Assassination), 2011 Foto di produzione. Photo Marcin Kalinski.
La trilogia di Bartana comprende Mary Kozsmary (che in polacco significa 'incubi'; 2007), in cui Slawomir Sierakowski, fondatore e direttore del periodico radicale polacco Krytyka Polityczna ("Critica politica") pronuncia un discorso sulle rovine dello Stadion Dziesieciolecia, lo "Stadio del Decennale" di Varsavia, eretto nel 1955 per celebrare i primi dieci anni dello Stato comunista. In questo scenario desolato Sierakowski pronuncia un discorso, scritto in collaborazione con il sociologo e studioso di scienze umane Kunga Dunin, in cui esorta gli ebrei a ritornare in Polonia. Bartana, adottando gli elementi estetici e il taglio di Leni Riefenstahl, riproduce le parole di Sierakowski che riecheggiano nello stadio deserto. Spazio, corpo e linguaggio di tedeschi ariani ed ebrei, pur separati, si rispecchiano l'uno nell'altro: il ghetto e il campo di sterminio per gli ebrei; il Lebensraum (lo "spazio vitale") e lo stadio per i tedeschi ariani. Nel filmato di Bartana gli ebrei vengono invitati a entrare nello stadio. Esclama Sierakowski nel suo discorso: "Venite! Venite a vivere con noi! Restiamo diversi, ma senza farci del male a vicenda!".
Yael Bartana, <i>Mary Koszmary (Nightmares)</i>, 2007. Foto di produzione. Per gentile concessione di Annet Gelink Gallery, Amsterdam e Foksal Gallery Foundation, Warsaw. Photo Piotr Trzebinski.
Yael Bartana, Mary Koszmary (Nightmares), 2007. Foto di produzione. Per gentile concessione di Annet Gelink Gallery, Amsterdam e Foksal Gallery Foundation, Warsaw. Photo Piotr Trzebinski.
In Mur i wieza ("Muro e torre", 2009), il secondo film della trilogia, è ancora una struttura a rivestire una parte di primo piano. Mentre echeggiano le parole di Sierakowski: "Ebrei, ritornate in Polonia, nella terra che è nostra ed è vostra! Sanate le nostre ferite e anche le vostre saranno sanate! Dobbiamo ritornare insieme! Non è un richiamo di morte, ma di vita. Vogliamo che tre milioni di ebrei tornino in Polonia, a vivere ancora con noi! Abbiamo bisogno di voi! Vi chiediamo di ritornare!", si vede un gruppo di uomini e donne in abiti da lavoro che marciano nel centro di Varsavia con il sottofondo dell'inno nazionale polacco. Il gruppo, che sembra un misto di pionieri sionisti, di rivoluzionari sovietici e di membri del Gadna (il programma premilitare israeliano), è armato di travi e assi di legno, di corde e di utensili per dare una casa alla popolazione ebraica di ritorno e per rispondere all'appello di Mary Kozmary. Sul sottofondo delle grida di incitamento del capo del gruppo, e mentre la voce di Sierakowski ancora echeggia per lo stadio), a poco a poco la costruzione sul sito prende forma (in un'eco dell'estetica della propaganda sovietica). Giovani ebrei riprendono a imparare il polacco, questa volta in un campo che assomiglia a un campo di concentramento con filo spinato e torrette, ma anche alla tipologia architettonica nota come "a muro e torre", modello di insediamento sionista della metà del XX secolo mirato a permettere una vita sicura in Palestina. L'insediamento ebraico nel centro di Varsavia mescola narrazioni differenti di pionieri e di partigiani, di kibbutz e di antisemitismo, di storia sovietica e di storia del nazismo, di sionismo e di Olocausto.
Yael Bartana, <i>Mur i wieza (Wall and Tower)</i>, 2009
Foto di produzione. Per gentile concessione di Annet Gelink Gallery, Amsterdam e Sommer Contemporary Art, Tel Aviv
Photo Magda Wunsche & Samsel.
Yael Bartana, Mur i wieza (Wall and Tower), 2009 Foto di produzione. Per gentile concessione di Annet Gelink Gallery, Amsterdam e Sommer Contemporary Art, Tel Aviv Photo Magda Wunsche & Samsel.
Questa densità di storie, di immagini e di narrazioni culmina nel più recente filmato che completa la trilogia: Zamach ("Assassinio"). In questo filmato Bartana sottopone a una prova decisiva il sogno di una comunità multinazionale e di una società polacca completamente nuova. Il film si svolge in un prossimo futuro, al funerale di un dirigente del JRMiP ucciso da un ignoto assassino. Attraverso questa morte simbolica il mito del nuovo movimento politico trova la sua unitarietà: le candele dei giovani in lutto che commemorano il loro capo delineano la forma del simbolo del movimento, disegnato da Bartana: lo stemma della Polonia, l'aquila incoronata sovrapposta a una mezza stella di David. Realizzando questa trilogia l'artista ha fondato un nuovo movimento politico. Il movimento di Bartana è diventato un progetto concreto grazie alla sua qualità di rappresentante della Polonia. Oggi il movimento ha trovato posto ai Giardini di Venezia. Chissà dove lo porterà la storia… Joshua Simon
Yael Bartana, <i>Mur i wieza (Wall and Tower)</i>, 2009
Foto di produzione. Per gentile concessione di Annet Gelink Gallery, Amsterdam e Sommer Contemporary Art, Tel Aviv
Photo Magda Wunsche & Samsel.
Yael Bartana, Mur i wieza (Wall and Tower), 2009 Foto di produzione. Per gentile concessione di Annet Gelink Gallery, Amsterdam e Sommer Contemporary Art, Tel Aviv Photo Magda Wunsche & Samsel.
Yael Bartana. Photo Daniel Meir.
Yael Bartana. Photo Daniel Meir.

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